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Questo articolo è stato pubblicato il 20 agosto 2014 alle ore 07:47.
L'ultima modifica è del 20 agosto 2014 alle ore 07:52.

Una politica monetaria ulteriormente espansiva della Banca centrale europea ha di fronte due trappole: una trappola economica, o della liquidità, rappresentata dalla rottura dei meccanismi che dalla moneta portano all'economia reale; e una trappola politica, o del debito sovrano, costituita dalla presenza contemporanea di debiti pubblici nazionali destabilizzanti con assenza di una politica fiscale europea. Una soluzione? Attuare operazioni di mercato aperto in valuta e in titoli di stato non europei.
Nei giorni scorsi ha destato attenzione il fatto che alla lista dei politici europei che chiedono alla Bce «di fare la sua parte» si è aggiunto il nome del ministro italiano dell'economia Carlo Padoan. In questo non vi è nulla di strano, né tantomeno di scandaloso: è un classico degli annunci dei governanti ricordare pregi e difetti dei diversi interventi della politica economica, senza che questo voglia dire automaticamente esaltare i propri pregi - veri o presunti - attraverso le sottolineature di altrui mancanze - vere o presunte.
Più interessante è analizzare la presunta mancanza che viene attribuita alla Bce - diciamo «eccesso di prudenza» da parte di Draghi di fronte ad un rischio di caduta dei prezzi - per capire quello che la nostra banca centrale da un lato dovrebbe e dall'altro potrebbe fare.
Il punto di partenza è lo stato di stag-deflazione dell'economia dell'Unione, vale a dire: crescita economica debole con un rischio deflazione. In questi casi cosa può fare la politica monetaria?
La prima avvertenza è evitare un errore, enorme ma allo stesso tempo molto comune: comparare la Bce alle altre maggiori banche centrali, vale a dire quelle di Stati Uniti (Fed), Inghilterra (BoE), Giappone (BoJ) e Cina (Bpc). Esiste una differenza fondamentale: in tutte le banche centrali diverse dalla Bce l'interlocutore politico è un unico governo. Questo significa che, qualunque sia lo statuto formale della banca centrale, i banchieri centrali tendono ad essere più aggressivi nel disegno delle politiche monetarie espansive, perché dal loro punto di vista è molto più conveniente occuparsi di ristagno economico e disoccupazione, in quanto guadagnano credito con l'unico interlocutore politico ed allo stesso tempo pagano meno eventuali errori di condotta.
Con un unico governo, per il banchiere centrale è più conveniente occuparsi in primo luogo della crescita economica, perché è quello che più interessa al politico ai fini del consenso, qualunque sia il grado di democrazia del rispettivo sistema istituzionale. Forse non è un caso se il mandato duale della banca centrale - che dà rilievo sia alla crescita che all'inflazione - caratterizzi sia gli Stati Uniti che la Cina.
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