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Questo articolo è stato pubblicato il 21 agosto 2014 alle ore 16:28.
L'ultima modifica è del 22 agosto 2014 alle ore 09:25.
Dopo l'orrore, i dubbi.
Il video dell'esecuzione del giornalista americano James Foley, apparentemente per mano di un boia dell'Isis dall'accento britannico, è oggetto di analisi cruciali per stabilire le responsabilita' dell'atto brutale. Ma da attente osservazioni emergono già dettagli contraddittori ed elementi che fanno pensare ad immagini 'costruite' ad arte per amplificare l'impatto in un'operazione di propaganda che potrebbe essere anche piu' articolata di quanto appare a prima vista. Innanzitutto il coltello: nel video il boia lo impugna nella mano sinistra mentre lancia la sua minaccia all'America. Il Times sottolinea come, prima che le immagini si interrompano, si abbia effettivamente la sensazione che sia quella l'arma usata per l'agghiacciante decapitazione. Esperti citati dal giornale notano tuttavia come non ve ne possa essere conferma nel video, in cui tra l'altro non si ha chiara evidenza di incisioni o tagli, tanto piu' che nei fotogrammi successivi accanto al corpo compare un coltello che sembrerebbe diverso da quello impugnato dal jihadista. ''Dalla mia esperienza in queste cose - riferisce un esperto di sicurezza che ha in passato analizzato molte immagini simili - quando il coltello si avvicina, l'uomo in preda al terrore (la vittima ndr) tende a cedere sulle ginocchia, come una bambola di pezza, mentre in questo caso rimane rigido. Potrebbe essere quindi che quel particolare coltello non sia l'arma con cui viene ucciso. La vittima e' ovviamente morta, ma quel particolare momento potrebbe essere stato 'recitato'". Una ricostruzione che fa anche crescere i dubbi sul fatto che il jihadista con l'accento britannico sia lo stesso cha ha eseguito la decapitazione. C'e' chi non esclude infatti che sia stato utilizzato per quel ruolo, con quell'accento cosi' riconoscibile, ai fini di una maggiore efficacia propagandistica.
Il professor Peter Neumann del centro di studi sulla radicalizzazione al King's College di Londra, interpellato dal Guardian, ritiene che un miliziano di lingua inglese sia stato appositamente scelto come protagonista del video per provocare il massimo impatto in Occidente. Tra l'altro uno dei compiti di chi in queste ore sta analizzando l'audio con l'accento con tutta probabilita' londinese è di stabilire se la voce sia proprio della persona che compare nelle immagini, oppure se il discorso registrato possa essere stato 'montato' sulle immagini.
Continuano gli attacchi aerei Usa in Iraq
Continuano gli attacchi delle forze Usa in Iraq contro le postazioni dello Stato Islamico (Isis). Lo ha reso noto il Comando centrale militare Usa (Centcom). Nelle ultime ore sono stati colpiti 6 obiettivi presso la diga di Mosul. Bombardieri e droni hanno distrutto o danneggiato 6 Humvee, un veicolo dell'Isis e postazioni per la realizzazione di bombe artigianali. Dall'8 agosto, precisa il Centcom, i raid aerei Usa in Iraq sono stati 90, 57 dei quali vicino alla diga di Mosul
Gb a caccia del boia britannico
Bisogna accelerare, bisogna usare i social media come ''strumento di antiterrorismo'' per ''comunicare con i giovani che sono tentati a partire. Usando linguaggio e mezzi cui sono in grado di rispondere''. Questa una delle strategie necessarie, secondo Lady Naville-Jones ex sottosegretario britannico per la sicurezza e l'antiterrorismo, nella caccia al boia con l'accento britannico e nel tentativo di allontanare l'incubo che a Londra torna a far paura: l'integralismo che colpisce 'in casa'. Il boia di James Foley con l'accento londinese si farebbe chiamare John - un soprannome forse, come quelli dei presunti compagni, Paul e Ringo, detti 'i Beatles'- che costituirebbero una cellula di britannici carcerieri di ostaggi stranieri in Siria. E non si esclude che sia uno dei tanti giovani partiti dal Regno Unito per combattere in Siria e Iraq poi finito a 'lavorare' per l'Isis. E alcuni di loro poi in patria ci tornano. Il primo ministro britannico David Cameron, che dopo una nuova riunione del comitato d'urgenza (Cobra) decide di tornare in vacanza ma rimanendo in stretto contatto con Downing Street, non ritiene necessario introdurre misure d'urgenza, ma l'allarme resta alto e le forze di sicurezza sono mobilitate per implementare quanto e nelle loro capacità. Quindi controlli a tappeto, monitoraggio serrato del web e c'è chi propone anche il ritiro del passaporto in caso di sospetti, come sarebbe già accaduto in alcune limitate occasioni. ''E' necessaria una risposta dura, paziente e risoluta. Ci vorrà del tempo'', emerge da fonti governative. Si calcola che potrebbero essere fino a 250 i cittadini britannici rientrati in patria dalla Siria dopo aver combattuto con l'Isis, mentre sarebbero tra i 400 e 500 quelli che rimangono ancora in Iraq e Siria. Ad oggi sono 69 le persone sospettate di legami con attività jihadiste in Siria che sono state arrestate in Gran Bretagna.
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