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Questo articolo è stato pubblicato il 25 settembre 2014 alle ore 06:54.
L'ultima modifica è del 25 settembre 2014 alle ore 12:04.

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FRANCOFORTE - Continua la frenata dell'economia tedesca, secondo le indicazioni dei sondaggi fra le imprese, e solleva nuove discussioni sulla possibilità che il governo possa ricorrere a un'azione di stimolo fiscale, finora sempre respinta.
E si discute se la debolezza della maggiore economia dell'Eurozona possa indurre la Banca centrale europea ad acquisti di titoli di Stato.
L'indice Ifo, uno dei più seguiti indicatori dell'andamento dell'economia tedesca, ha segnato a settembre il quinto calo mensile consecutivo, scendendo da 106,3 a 104,7, oltre le aspettative dei mercati finanziari. È il più basso livello da un anno e mezzo a questa parte e il calo è esteso a tutti i settori. L'indice viene elaborato dal centro studi bavarese Ifo sulla base di un sondaggio fra circa 7mila imprese.
«L'economia tedesca - ha detto il presidente dell'Ifo, Hans-Werner Sinn - non marcia più senza scosse». L'Ifo nota che la crescita riceverà una spinta pressoché nulla dalle esportazioni, tradizionale punto di forza della Germania. Fra i fattori di debolezza frequentemente citati, ci sono le ripercussioni della crisi ucraina con le sanzioni alla Russia, le difficoltà degli altri due più grandi mercati dell'area euro, Francia e Italia, e il rallentamento della Cina.

Il consenso sulle previsioni di crescita per quest'anno è attorno a 1,5% (contro una stima ufficiale del Governo dell'1,8%), ma anche questo potrebbe essere a rischio, a parere di Joerg Kraemer, capo economista di Commerzbank. Secondo Jonathan Loynes, di Capital Economics, il livello attuale dell'Ifo è coerente una crescita dell'1%, mentre a primavera era al 3. Le aspettative delle imprese sono particolarmente negative: per la prima volta dal gennaio 2013 il numero dei pessimisti supera quello degli ottimisti. Il dato dell'Ifo conferma l'indice Pmi pubblicato martedì, anch'esso dopo un sondaggio fra le imprese, che si è nettamente indebolito e, per quanto riguarda il settore manifatturiero, è appena al di sopra della soglia che divide espansione da contrazione.
Nel suo bollettino mensile, pubblicato questa settimana, la Bundesbank ha rilevato che alcuni dei dati positivi, come la produzione industriale di luglio, sono dovuti a fattori una tantum. La banca centrale ritiene tuttavia che si siano dissolti i timori di una brusca fine della ripresa. Il mercato del lavoro, inoltre, resta positivo, osserva la Bundesbank.
«Ci sono preoccupazioni per la crescita alla fine del terzo trimestre e rischi per il quarto», sostiene in una nota Thomas Harjes, di Barclays Capital. È troppo presto tuttavia per dire che anche il 2015 andrà male, secondo Andreas Rees, di Unicredit, che vede un quarto trimestre a crescita zero: l'anno prossimo, secondo l'economista della sede di Francoforte della banca italiana, la ripresa sarà aiutata dalla svalutazione dell'euro e dall'espansione degli Stati Uniti.

La scarsa performance dell'economia tedesca, che nel secondo trimestre aveva accusato una contrazione dello 0,2%, sta già rinfocolando le discussioni sulle possibili misure di politica economica. Il governo finora ha respinto ogni sollecitazione a un'azione di stimolo di bilancio con maggiori investimenti pubblici e un taglio al cuneo fiscale, chiesta tra l'altro da uno dei suoi componenti, il sottosegretario al Lavoro, Joerg Asmussen, in una lettera aperta firmata insieme al suo ex collega nel comitato esecutivo della Bce, Benoit Coeuré.
Il rallentamento della Germania potrebbe costituire inoltre una buona argomentazione per quella parte del consiglio della Bce che vuole altri interventi, come l'acquisto di titoli pubblici (Qe), sostiene Kraemer, di Commerzbank, secondo cui le previsioni dell'Eurotower di una crescita dell'1,6% nel 2015 sono troppo ottimiste.

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