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Questo articolo è stato pubblicato il 29 settembre 2014 alle ore 21:50.
L'ultima modifica è del 07 ottobre 2014 alle ore 14:52.

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L’articolo 18 va «superato», lasciando però il reintegro per i licenziamenti illegittimi di carattere «discriminatorio e disciplinare». E ancora un miliardo di «spazio di patto» per gli investimenti dei Comuni, 2 miliardi di taglio del costo del lavoro, Tfr inserito dal primo gennaio 2015 nelle buste paghe a condizione che ci sia un protocollo tra Abi, Confindustria e governo (oltre a 1,5 milardi per i nuovi ammortizzatori sociali) nella legge di Stabilità. Sono queste le novità annunciate da Matteo Renzi nella direzione Pd convocata per discutere di Jobs act, con un’offerta di mediazione lanciata alle minoranza Pd (Guarda tutte le posizione all’interno del partito). L'ordine del giorno messo ai voti della direzione del Pd (letto da Filippo Taddei) prevede, tra l’altro, una «disciplina per i licenziamenti economici che sostituisca l'incertezza del procedimento giudiziario con l'indennizzo monetario, abolendo la possibilità di reintegro». I sì sono stati 130 sì, 11 gli astenuti, 20 i no. La minoranza Pd si è divisa. Il capogruppo Roberto Speranza ha annunciato il voto di astensione di una parte di Area riformista. Hanno votato contro dalemiani, civatiani e una parte dei bersaniani. A favore di Renzi i “Giovani turchi”.

Salta tentativo mediazione, rottura nel Pd
Non è riuscita la mediazione tentata dal vicesegretario Lorenzo Guerini con alcuni esponenti della minoranza Pd (tra i quali Roberto Speranza, Guglielmo Epifani e Cesare Damiano) per arrivare ad un documento comune. Dopo ore di discussione sui casi in cui prevedere la reintegra, la trattativa è saltata e la minoranza a questo punto va verso la rottura. In direzione Pd Bersani ha picchiato duro («per chi si dice di sinistra la difesa dell’articolo 18 è una questione di principio»). E ancora più di lui non ha fatto sconti Massimo D’Alema («La pura eliminazione del reintegro non è da paese civile»).

Renzi: alla fine si voti tutti uniti in Parlamento
Sul lavoro Renzi ha rilanciato: «Costruiamo un nuovo Welfare, votiamo una posizione chiara sulla riforma del lavoro, le mediazioni vanno bene, ma non si fanno a tutti i costi i compromessi». E ancora: «Non siamo un club di filosofi ma un partito politico che decide, discute e si divide ma all'esterno è tutto insieme. Questa è per me la ditta». Un concetto ribadito in sede di replica: «Alla fine si vota allo stesso modo in Parlamento, questa per me è la stella polare». Nel suo discorso il premier-segretario ha attaccato:«Riformare il diritto del lavoro è sacrosanto. E a chi mi dice che eliminando l'articolo 18 togliamo un diritto costituzionale, rispondo che il diritto costituzionale non sta nell'articolo 18, ma nell'avere almeno un lavoro». Poi ha aggiunto: «Lasciando ai giudici» le decisioni sul licenziamento «aumentiamo il contenzioso e non difendiamo i lavoratori».

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