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Questo articolo è stato pubblicato il 29 settembre 2014 alle ore 21:50.
L'ultima modifica è del 07 ottobre 2014 alle ore 14:52.

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In legge stabilità 2 miliardi riduzione costo lavoro
Renzi ha annunciato che nella legge di stabilità ci saranno «almeno due miliardi di euro di riduzione del costo del lavoro» e un miliardo di «spazio di patto» per gli investimenti dei Comuni . Lo ha fatto, ribadendo che resterà il bonus degli 80 euro e ci sarà un miliardo e mezzo «per i nuovi ammortizzatori sociali». Il governo inoltre lavora perché «il Tfr possa essere inserito dal primo gennaio 2015 nelle buste paga, attraverso un protocollo tra Abi, Confindustria e governo per consentire un ulteriore scatto del potere di acquisto».

Pronto a confronto con sindacati su tre punti
Il premier si è anche detto pronto a riaprire la Sala Verde a palazzo Chigi la «prossima settimana» per incontrare Cgil, Cisl e Uil. E ha assicurato di essere pronto a «sfidare» i sindacati su tre punti: «una legge sulla rappresentazione sindacale, la contrattazione di secondo livello e il salario minimo».

Reintegro solo per licenziamenti discriminatorie e disciplinari
Renzi ha annunciato che il reintegro rimarrà per i «licenziamenti discriminatori» e per quelli «disciplinari», spiegando però che «senza un intervento sul mercato del lavoro e sull'articolo 18 non si va da nessuna parte». Ecco perché è necessario «che l'attuale reintegro vada superato, dandogli una giustificazione da sinistra, certo lasciandolo per il discriminatorio e per il disciplinare». Renzi si è detto disposto a discutere di «cosa significa discriminatorio e disciplinare», ma ha aggiunto che «se vogliamo dare tutela ai lavoratori», ci riusciamo «costruendo una rete più estesa di ammortizzatori sociali». E ha aggiunto: «per me questa riforma è di sinistra se la sinistra serve a difendere i lavoratori e non i totem»

Cuperlo: togliere reintegro è incostituzionale
Gianni Cuperlo (sinistra Dem) ha riconosciuto le aperture di Renzi sulla reintegra in caso di licenziamento disciplinare (oltre che discriminatorio) ma ha attaccato: «Togliere l'obbligo di reintegro per manifesta infondatezza del motivo economico non risolve il problema, anzi rischia di indebolire la forza contrattuale di quei lavoratori. Quella norma ha avuto effetto di deterrenza, se la togli indebolisci il lavoratore che avrà più difficoltò a dimostrare la discriminazione. E togliere a un giudice la possibilità di intervenire non produrrebbe un beneficio nella nostra economia», ma una lesione costituzionale».

D’Alema: scarsissimi effetti governo, meno slogan
Duro invece Massimo D’Alema: «L’impianto di governo è destinato a produrre scarsissimi effetti». E ancora: servono «meno slogan, meno spot». Quanto all’articolo 18, «la norma è stata riformata due anni fa dalla legge Fornero e in un paese bene ordinato cambiare norme ogni due anni non è cosa saggia». Non solo. Per D'Alema «la pura eliminazione del reintegro sarebbe l'applicazione in Italia del modello spagnolo che il premier ha escluso, perchè è l'unico paese in cui non è previsto, perfino in Gb il magistrato può imporre il reintegro non si capisce perchè noi dovremmo restare al di fuori del consorzio civile».

Bersani: no al metodo Boffo e articolo 18 non è simbolo
Anche l'ex segretario Pd Pierluigi Bersani ha difeso l'articolo 18. Lo ha fatto indicando il modello tedesco: «La Germania ce l'ha l'articolo 18 e ha preso quattro punti in più di Pil
Dobbiamo partire da lì e ricostruire una base produttiva».

Ci sono sono «politiche pubbliche da far ripartire», ha aggiunto Bersani, «si deve riqualificare la spesa pubblica, reinquadrarla. Non procedere per tagli qui e là. Infedeltà fiscale: siamo al primo posto, le vedono anche in Europa le tabelle. Dobbiamo darci, poi, strumenti per l'azione industriale. Abbiamo il coraggio di guardare dentro questa cosa e darci qualche riforma? O quando pensiamo alle rendite, pensiamo al disgraziato che lavora in fabbrica? », ha detto Bersani, che ha aggiunto: «Attenzione a dire che l'art.18 è simbolico, non vale niente. Per 8 milioni di persone conta qualcosa nel rapporto di forza e per chi si dice di sinistra è una questione di principio: dice che non è tutto monetizzabile».

L’ex segretario ha accusato Renzi di delegittimare la minoranza. «Noi sull'orlo del baratro non ci andiamo per l'articolo 18. Ci andiamo per il metodo Boffo, perché se uno dice la sua, deve poterla dire senza che gli venga tolta la dignità».

Minoranza Pd tratta ancora con Renzi prima di direzione
In teoria la direzione Pd avrebbe dovuto cominciare alle 17, ma è iniziata con un'ora di ritardo per via della trattativa in corso fino all’ultimo minuto tra Renzi (che stamattina ha incontrato il capo dello Stato e ieri a “Che Tempo che fa” ha annunciato il superamento dell’articolo 18 e la cancellazione dei contratti precari) e le minoranza Pd. Una mediazione tentata fino alle fine della direzione (i lavori si sono conclusi dopo le 22) ma alla fine saltata.

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