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Questo articolo è stato pubblicato il 23 ottobre 2014 alle ore 08:16.
L'ultima modifica è del 23 ottobre 2014 alle ore 08:30.

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Per questo io sono così caldo sull'allargamento, sul fatto che si faccia presto, sulla rapidità del processo. Perché per l'Albania non c'è un'alternativa, come non c'è per l'Italia. Non c'è alternativa al suo futuro europeo, se vogliamo dare un futuro alle nuove generazioni. È un obiettivo realistico, un obiettivo che esige anche un cambiamento delle prospettive della classe dirigente: cambiamento che non tutti sono in grado di fare e che anche il mio Paese non ha fatto fino in fondo, senza riuscire a capire quale deve essere il suo ruolo, la sua specialità, le sue vocazioni in un ambito così allargato. La bellezza dell'Europa è di essere un'unione di minoranze, ma in cui i paesi non sono uguali; si armonizzano, ma non sono uguali. La fatica che deve fare l'Albania è non solo quella di adeguarsi all'acquis communautaire, alle regole comuni, ma quella di trovare un ruolo specifico, una propria vocazione, una propria unicità nell'ambito dell'Unione. Vi saranno ancora provocazioni, tensioni, che però dovranno essere tenute sotto controllo, fuori e dentro dai campi di calcio. Credo che sia estremamente importante che questo processo avvenga senza tensioni perché, tornando all'esempio della Turchia, bisogna capire che nella psicologia dei governanti europei è radicato il fatto che gli attuali stati membri non vogliono importare nuovi problemi insieme ai nuovi membri dell'Unione. Non vogliono importare tensioni ed è in quest'ottica che l'obbiettivo di un accordo tra i vari potenziali nuovi membri è anche strumentale per rendere più rapida la loro entrata nell'Unione Europea.

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