Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 11 novembre 2014 alle ore 08:23.
L'ultima modifica è del 11 novembre 2014 alle ore 08:24.

My24

L'Eurozona è ancora in una situazione molto difficile malgrado la convinzione che l'euro sia fuori pericolo. Le valutazioni recenti della Commissione europea e del Consiglio della Bce dimostrano che la crisi non è superata. Tuttavia continua la sottovalutazione dei rischi politico-sociali per l'Eurozona (con accentuazioni nazional-separatiste) e il posponimento di politiche economiche per rilanciarla.

Semi-stazionarietà. Le valutazioni autunnali della Commissione europea tagliano infatti (quasi) tutte le precedenti previsioni. Il Pil cresce nel 2014 dello 0,8%, dell'1,1% nel 2015, dell'1,7% nel 2016. Una ripresa molto lenta pari all'1,2% medio annuo che si coniuga con la crescita media annua dell'1,1% nei 17 anni 2000-2016. La disoccupazione totale è prevista scendere sotto l'11% solo nel 2016 (dopo un incremento di quasi 3 punti dal 2009 al 2013) e quella giovanile, malgrado l'assenza di previsioni ufficiali, dovrebbe rimanere intorno al 25% (dopo un incremento di quasi 4 punti nei cinque anni fino al 2013). Ufficialmente si parla di "lenta ripresa" ma in realtà si tratta di una semi-stagnazione. La dinamica dei prezzi, che sul 2014-16 è prevista dello 0,9% medio annuo, indica anche una semi-deflazione.
Una semi-stagnazione più una semi-deflazione danno una semi-stazionarietà che i responsabili delle politiche economiche dell'Eurozona non possono o non vogliono o non sanno cambiare. Per una volta, trascurando le accuse tra Stati, vediamo se si può cercare (forse illusoriamente) una convergenza accettabile anche alla Germania.
Politiche incomplete. È infatti difficile convincersi che la Germania, fresca anche delle celebrazioni dei 25 anni della sua riunificazione che non sono solo suo merito, non veda i rischi di un'Eurozona governata esclusivamente da semi-politiche: quella delle riforme strutturali richieste ai singoli Stati membri che però non viene coniugata con gli accordi contrattuali per lasciare margini di bilancio a chi le attua.

Quella dei vincoli di bilancio che nella loro evidente irrazionalità (o impossibilità per il debito sul Pil al 60%) danno luogo a trattative estenuanti tra Governi, Commissione Europea e Consiglio Europeo; quella di investimenti infrastrutturali programmati ma non finanziati.
L'unico vero potere di politica economica è la Bce che tuttavia riesce ad intervenire soprattutto per evitare il peggio. Mario Draghi, dopo il recente Consiglio, ha spiegato che se la bassa crescita del Pil e dei prezzi continua, la Bce è pronta ad ulteriori interventi, oltre a quelli già in atto (Tltro, acquisti di Abs e Covered Bond). Ciò si coniuga con la dichiarazione che il bilancio della Bce potrebbe passare dagli attuali 2 mila miliardi di euro fino ad un massimo di 3 mila miliardi.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi