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Questo articolo è stato pubblicato il 16 novembre 2014 alle ore 09:30.
L'ultima modifica è del 16 novembre 2014 alle ore 09:50.

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Il G-20 in Australia prende atto del peggioramento economico mondiale con l'Eurozona (Uem) tra le geo-aree preoccupanti com'è emerso anche da dichiarazioni della vigilia. Secondo il ministro del Tesoro Usa, se l'Eurozona non rilancia la crescita sprecherà una decade. È una osservazione corretta, anche se non vanno dimenticate le responsabilità degli Usa che hanno causato la crisi salvo poi superarla in poco più di un anno e crescere adesso a tassi tra il 2 e il 3 per cento con disoccupazione sotto il 7%. Pur nelle differenze strutturali tra l'America e l'Eurozona, che ha anche punti di forza assenti in Usa, è indubbio che l'Europa nella crisi non ha fatto le scelte giuste.

Il G-20 e la geo-economia. Per questo bisogna che la Uem cambi le sue politiche economiche tenendo conto anche della nuova situazione internazionale. Infatti la spinta che era venuta negli anni passati dalle economie emergenti e dalle loro politiche espansive si sta rapidamente attenuando e questo avrà conseguenze sulla domanda estera per l'Europa. Peserà anche il deprezzamento di molte valute emergenti e la debolezza dei prezzi delle materie prime non compensato dall'apprezzamento del dollaro rispetto all'euro. La situazione della Russia con le sanzioni e le contro-sanzioni economiche e finanziarie avrà anche crescenti ripercussioni sull'Eurozona e in particolare sulla Germania e l'Italia. È dubbio inoltre che l'Europa abbia svolto in questo caso un ruolo autonomo e di costruttiva soluzione della crisi. Per tutto ciò la Uem (e l'Italia) non può sperare che la sua ripresa venga dalla domanda estera. Quindi bisogna che l'Eurozona investa in se stessa puntando sulla spesa infrastrutturale. Il che dipende più dalla Germania che dalla Bce.

La Uem e la Germania. Le recenti valutazioni dicono che la Uem sta peggiorando in termini di aspettative delle famiglie e delle imprese, di crescita, di dinamica dei prezzi, di occupazione. I dati del terzo trimestre indicano una modesta crescita dello 0,2% del Pil sul trimestre precedente e dello 0,8% sul trimestre corrispondente dell'anno prima. Questo è il dato "migliore" su cui si chiuderà il 2014 che risulta scoraggiante rispetto al 2,2% degli Usa e che nel 2015 dovrebbero andare a un tasso di crescita sopra il 3% ovvero di circa tre volte quello previsto per la Uem. La tendenza deflazionistica della Uem rimane confermata e quella della disoccupazione aggravata per l'aumento della componente di lungo periodo.
In questo contesto se la Germania rallenta molto, da un lato si può temere un contraccolpo di breve periodo sulla Uem ma dall'altro si può sperare in un cambiamento della posizione tedesca verso politiche euro-espansive. La semi-stazionarietà tedesca nel terzo trimestre sul secondo (+0,1%) prefigura una crescita annuale poco superiore all'1% con un taglio sui dati di inizio anno quando si pensava ad una crescita superiore al 2%.

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