PARIGI - Poco prima delle nove e mezza di ieri sera, il direttore Gérard Biard ha proclamato “Habemus la Une”. E nella redazione provvisoria di Charlie Hebdo, all'ottavo piano della sede di Libération, è rimbombato il grido “Allahou Akbar! Allahou Akbar”, l'urlo di guerra che Charb, l'ex direttore massacrato con altre undici persone mercoledì scorso, si era abituato a usare da quando aveva iniziato a ricevere minacce di morte per la pubblicazione delle caricature di Maometto.
Ed è proprio con una vignetta del profeta, che tiene tra le mani un cartello “Je suis Charlie”, e il titolo “Tout est pardonné” (tutto è perdonato) che il disegnatore Luz - uno dei più irriverenti dell'irriverentissima compagnia di Charlie, quello che durante il commovente incontro di domenica pomeriggio con il presidente della Repubblica è scoppiato a ridere a crepapelle, contagiando tutto il gruppo dei reduci di Charlie, perché un piccione aveva fatto i suoi bisogni sul cappotto di Hollande - ha conquistato la prima pagina del numero che sarà in edicola domani, giorno abituale di uscita del settimanale satirico, con una tiratura di tre milioni di copie (rispetto alle solite 50mila). Gli introiti della vendita del primo milione andranno al giornale, da tempo in difficoltà finanziarie e ora più che mai in cerca di sostegno anche economico, visto che la rete distributiva ha deciso di lavorare gratis.
Verranno servite tutte le 27mila edicole francesi (invece delle 20mila abituali) e il giornale, in edizione standard di 16 pagine, rimarrà in vendita per due mesi.
Per l'occasione, Charlie verrà tradotto in cinque lingue (inglese, spagnolo e arabo per l'edizione digitale, cui si aggiungeranno l'italiano e il turco per quella cartacea) e distribuito in 25 Paesi (in Italia lo si potrà trovare in allegato al Fatto Quotidiano). All'estero, dove abitualmente Charlie vende 4mila copie (soprattutto in Svizzera e Belgio), andranno 300mila copie.
«Abbiamo fatto un numero come sempre – spiega Luz – senza fare le vittime. Ci siamo presi in giro e abbiamo cercato di essere il più radicali possibile, in modo che si capisca bene perché qualcuno compra il giornale, perché qualcuno non lo comprerà mai e perché Charlie esiste da così tanto tempo».
Sull'opportunità (parola che nella redazione di Charlie probabilmente non è stata mai neppure pronunciata) di pubblicare delle vignette su Maometto non c'è stato neppure l'inizio di un dibattito. «Sarebbe stupefacente non trovarle – dice l'avvocato del giornale Richard Malka – perché in ogni numero di Charlie, da ventidue anni, ci sono caricature del Papa, di Gesù, di preti, rabbini, imam e di Maometto. Come sempre ridiamo di noi stessi, della politica, della religione, è uno stato d'animo. Il giornale continuerà a denunciare, a modo suo, gli orrori delle religioni, di tutte le religioni».
Dentro, come se fosse appunto un numero normale (sia pure interamente dedicato ai tragici fatti di questi giorni), ci sono i disegni di Cabu (su una doppia pagina, con i jhiadisti che partono per la Siria paragonati agli studenti in scambio Erasmus), di Charb, di Tignous, di Honoré, di Wolinsky, recuperati nella gran massa di vignette inedite. Ci sono le rubriche dell'economista Bernard Maris e della psicanalista Elsa Cayat (sulla capacità di amarsi). Come se non fossero stati tutti trucidati, come se fossero ancora lì, nella redazione di Charlie.
Ci sono le caricature di Riss e la rubrica letteraria di Philippe Lançon, che hanno spedito il loro lavoro dal letto dell'ospedale dove sono ancora ricoverati per le ferite riportate. In particolare una caricatura di Riss ritrae un terrorista che uccide alcune persone con il mitra e la scritta è: “Disegnatore a Charlie Hebdo vuol dire 25 anni di duro lavoro, terrorista 25 secondi. Terrorista, un lavoro da fannulloni”.
Mentre è sempre Luz a chiudere il giornale, con dei terroristi che arrivano in paradiso e chiedono dove sono le 70 vergini, per sentirsi risponder che sono con la redazione di Charlie. Un'altra doppia pagina è dedicata alla manifestazione di domenica: “11 gennaio, più gente per Charlie che a messa”. Lo humour, insomma, è quello, corrosivo, di sempre.
Ma basta aprire il sito di Charlie Hebdo per capire che quello di domani non è un numero normale. Sullo sfondo nero del lutto vi si legge: «Perché la matita sarà sempre al di sopra della barbarie, perché la libertà è un diritto universale, noi, Charlie, pubblicheremo il vostro giornale del mercoledì. Charlie Hebdo, il giornale dei sopravvissuti».
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