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Il Parlamento trasformista: in due anni uno su cinque ha cambiato casacca

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la conta dei transfughi

Il Parlamento trasformista: in due anni uno su cinque ha cambiato casacca

Il premio per il cambio di casacca più clamoroso della XVII legislatura va forse alla senatrice Fabiola Anitori: eletta con il M5S, a giugno 2013 è passata al Misto e poi, con un doppio salto carpiato, a dicembre scorso è planata in Area Popolare, la nuova formazione che unisce Ncd e Udc. Non proprio vicina agli ideali a Cinque Stelle. Ma Anitori è in ottima compagnia: è un Parlamento “mobile” e trasformista quello degli ultimi due anni. Di quelli che costringono a ricontrollare ogni volta il gruppo di appartenenza del parlamentare di turno, per non sbagliare. Di quelli in cui le maggioranze si fanno e si disfano, a seconda dei temi, degli umori e delle convenienze, non solo politiche. Di quelli che rischiano di entrare nel guinness dei primati, con quasi 200 parlamentari passati, a volte con molta disinvoltura, da un gruppo all’altro. Il 20% del totale.

Renzi pigliatutto, da Sel a Scelta civica
È il Partito democratico il principale centro gravitazionale attorno al quale ruotano, con comportamenti alterni, transfughi, fuoriusciti, traditori , pentiti e «stabilizzatori» (copyright Paolo Naccarato). È al Pd che guardano da sempre moltissimi in Scelta Civica, che ha arruolato tanti renziani rimasti a bocca asciutta nelle liste delle ultime politiche. È nel Pd che confluiscono a ottobre gli otto fuoriusciti di Sel capitanati da Gennaro Migliore che nel Misto avevano fondato la componente Led. Prima ancora, subito dopo la disfatta della Lista Tsipras alle europee di maggio, erano entrati tra i dem Ferdinando Aiello, Michele Ragosta e il tesoriere Sergio Boccadutri. Degli ex Sel (12 in tutto) resta nel Misto soltanto Claudio Fava. Dai banchi del Pd non esce nessuno, se non per la promozione all’Europarlamento (come Simona Bonafè o Alessandra Moretti) o la scalata al vertice della diplomazia europea (Federica Mogherini). Unico fuggiasco: Salvatore Margiotta, passato al Misto dopo una condanna per turbativa d’asta e corruzione. Ma certo non fa mancare il suo appoggio al Governo.

Il travaglio senza pace dei centristi
Il passaggio di sette parlamentari di Scelta Civica al Pd, annunciato ufficialmente stamane, è soltanto l’ultimo atto della tragicommedia dei centristi nati dall’avventura politica di Mario Monti. In origine, all’inizio della legislatura, alla Camera e al Senato si costituiscono gruppi unici tra i “montiani”, l’Udc e Fli: 47 deputati da una parte, venti senatori dall’altra. Ma l’alleanza con gli uomini di Pier Ferdinando Casini si sfalda presto: a novembre 2013 Scelta Civica decide di separarsi dalla componente cristiano-democratica. Al Senato in 12 (Udc) cambiano il nome in Per l’Italia. Gli otto “montiani”, compreso l’ex presidente ora senatore a vita, fondano un nuovo gruppo: Scelta Civica con Monti per l’Italia. Uno, Gianpiero Dalla Zuanna, passa presto nel Pd. Gli altri - fatta eccezione per Benedetto Della Vedova e lo stesso Mario Monti (cui a metà gennaio il gruppo Autonomie ha negato l’ingresso) - hanno deciso oggi il grande passo. Alla Camera stesso film: a fine 2013 in venti lasciano il gruppo di Sc per aderire a Per l’Italia. Due mesi dopo tornerà Giuseppe Stefano Quintarelli. Ma Scelta Civica perderà di lì a poco anche Andrea Romano (prima al Misto e ora nel Pd), Andrea Causin (passato all’Udc) e stamattina Irene Tinagli. Restano in 24.

Nei Cinque Stelle 36 abbandoni
Tra espulsioni e dimissioni, anche il M5S - alla sua prima volta in Parlamento - ha avuto una storia più che tormentata. Al Senato il gruppo iniziale contava 54 eletti: oggi sono rimasti in 36. Gli ultimi dei 18 addii (metà uomini e metà donne) il 9 gennaio: Giuseppe Vacciano e Ivana Simeoni. Tutti, tranne Anitori, sono passati al Misto. Alla Camera la pattuglia originaria di 109 eletti si è assottigliata anch’essa di 18 deputati, tutti al Misto tranne uno (Adriano Zaccagnini, che è poi entrato in Sel): oggi il gruppo conta 91 componenti. Freschi di fuoriuscita sono in dieci, che hanno lanciato nel Misto la componente Alternativa Libera. Agli ex M5S e ai più “ballerini” di Gal Renzi ammicca per far quadrare i numeri per le riforme.

Il divorzio Pdl: in 59 passati al Ncd, ma due son tornati dal Cavaliere
A voler essere precisi, però, la prima sorprendente spaccatura (con relativo cambio di casacca e di maggioranza) risale agli esordi: l’esodo dal Pdl degli (ex) berlusconiani che decisero a novembre 2013 di sostenere il Governo Letta. Nel neonato Nuovo Centrodestra guidato da Angelino Alfano - contraltare di maggioranza alla risorta Forza Italia, che resta all’opposizione - passano trenta senatori e 29 deputati: uno “schiaffo” al Cavaliere, vissuto ancora oggi come un tradimento (nonostante i tentativi di riavvicinamento, per esempio in occasione dell’elezione del presidente della Repubblica). Tra i transfughi azzurri d’eccezione come Fabrizio Cicchitto, Maurizio Sacconi, Nunzia De Girolamo. Negli ultimi tempi qualche defezione l’ha assaggiata anche Ncd: il senatore Naccarato, ritornato a Gal, il collega Antonio D’Alì, figliol prodigo rientrato in Fi come Alberto Giorgetti, e la deputata Barbara Saltamartini, che si è dimessa da portavoce del partito dopo la scelta di votare Mattarella presidente e sarebbe in procinto di saltare a bordo della nave leghista di Matteo Salvini. Ma la nascita di Area popolare il 16 dicembre scorso, ovvero l’abbraccio tra alfaniani e casiniani di cui è stato pioniere il senatore Gabriele Albertini, ha rimpolpato il gruppo, che oggi conta 36 senatori e 34 deputati. Renzi ringrazia.

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