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Berlusconi: voteremo contro il nuovo Senato. A Palazzo Chigi un…

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il rebus riforme

Berlusconi: voteremo contro il nuovo Senato. A Palazzo Chigi un segretario di partito non eletto

«Martedì votando contro la riforma costituzionale diremo no all’arroganza e alla prepotenza di un Pd che non è Stato capace di cambiare il Paese». Lo ha affermato Silvio Berlusconi in collegamento telefonico con la kermesse in corso a Bari per il lancio ufficiale della campagna elettorale di Francesco Schittulli. Incassando il placet di Matteo Salvini, segretario della Lega: «Martedì ci sono in Parlamento le riforme di Renzi: se Fi vota contro, come normale, poi ragioniamo fra opposizioni». Fibrillazioni anche in casa Pd, con il premier Renzi e la ministra Boschi che blindano tanto il ddl costituzionale quanto la legge elettorale e la minoranza che continua a invocare modifiche.

Berlusconi: «Renzi segretario di partito non eletto»
«Oggi a Palazzo Chigi abbiamo un Governo presieduto da un segretario di partito non eletto dai cittadini, che ha promesso tanto e realizzato poco», ha detto Berlusconi. «Avevamo davvero creduto che si potesse trovare un accordo con senso di responsabilità per mettere fine a un ventennio di guerra civile strisciante per poter fare delle riforme importanti ma purtroppo non è andata così. Ma oggi possiamo dire a testa alta che non siamo stati noi a tradire». Poi un nuovo appello all’unità del centrodestra: «Oggi si apre una nuova fase in cui tutti i partiti politici alternativi alla sinistra devono per forza tornare uniti; dentro questo centrodestra nessuno può pensare di vincere da solo, neppure chi oggi vede crescere i propri sondaggi».

Fitto: «Berlusconi non si chiuda in un bunker»
Assente alla convention barese l’eurodeputato pugliese Raffaele Fitto. Che da Palermo, dove ha riunito i suoi “Ricostruttori” torna ad avvertire il Cavaliere: «Berlusconi ha davanti a sé due strade da poter percorrere. La prima è quella di rinchiudersi all’interno di un bunker con alcuni collaboratori e chiudersi rispetto all'esperienza di questi ultimi 20 anni, non guardando avanti. E la seconda è quella in cui non rivendichiamo nulla, se non il criterio, le regole, che consentano all’interno del partito non di nominare ma di eleggere le persone».

Boldrini: «Spero in emiciclo bello pieno»
Comincia dunque all’insegna delle tensioni la settimana in cui si riaprono in Parlamento i giochi delle riforme. L’assemblea della Camera riprenderà domani l’esame del ddl costituzionale per arrivare martedì al voto finale, “sospeso” a metà febbraio dopo la seduta fiume voluta dal Pd per concludere (senza le opposizioni, che hanno lasciato l’Aula) le tempestose votazioni sugli emendamenti. La presidente Laura Boldrini, su SkyTg24, spera in un epilogo diverso dalla volta scorsa: «Le opposizioni fuori dall’Aula sono state un brutto momento, per me è stato pesante vederli uscire e mi auguro ci sia un ripensamento per tutti». Da parte sua, aggiunge Boldrini, «ho dato tempi aggiuntivi per incoraggiare un ripensamento. Insomma: mi auguro un emiciclo bello pieno».

Gli ostacoli al ddl costituzionale
I nodi sono molti, come sa bene il presidente del Consiglio Matteo Renzi. L’esito del voto di martedì sul disegno di legge che segna l’addio al Senato elettivo, sostituendolo con una Camera di cento componenti tra 95 rappresentanti di Regioni e Comuni e 5 senatori di nomina presidenziale, dovrebbe essere scontato. Il “no” di Forza Italia, ribadito ieri dal capogruppo Renato Brunetta e oggi da Berlusconi, e le ritrosie della minoranza Pd non dovrebbero compromettere i numeri del “sì”. Anche se cresce il numero dei deputati dem tentati dal non voto. Stefano Fassina lo ha già scritto su twitter: «Basta nominati in Parlamento. Non voto la riforma del Senato». Il testo deve comunque tornare in terza lettura a Palazzo Madama, dove i numeri della maggioranza sono diversi. Sempre Boschi ha detto di sperare che la terza sia la lettura definitiva, che permetterebbe cioè al ddl di procedere, dopo tre mesi, a un altro doppio passaggio Camera-Senato che confermi il provvedimento, secondo l’iter previsto dalla Costituzione per ogni modifica della Carta. E al Senato, dopo la rottura del Patto del Nazareno, gli equilibri potrebbero essere molto diversi rispetto a quelli che ad agosto hanno permesso il primo via libera al testo.

Boschi e Serracchiani: l’Italicum non cambia
Intanto in commissione Affari costituzionali, sempre a Montecitorio, giace un altro dossier caldissimo: la legge elettorale, su cui è tornata ieri, per blindarla, la ministra Maria Elena Boschi: «Il testo dell’Italicum approvato dal Senato funziona, è efficace, e raccoglie molte proposte di modifica sia del Pd che di altri partiti, anche di opposizione. L’obiettivo principale adesso è un ok definitivo dalla Camera il prima possibile, prima dell’estate». Ma la minoranza dem continua a invocare modifiche. Non è un caso che in questi giorni i vertici del Pd, Renzi in testa, stiano ricordando in ogni occasione che la versione dell’Italicum licenziata dal Senato è quella giusta. Il segretario del Pd se l’è presa con Pier Luigi Bersani («incomprensibile la sua battaglia sui dettagli della legge elettorale», ha detto all’Espresso), reo di aver chiesto di «ragionare sui possibili correttivi». Ieri l’endorsement di Boschi al ddl uscito da Palazzo Madama e lo stop a ogni modifica da parte della vicesegretaria dem Debora Serracchiani: «Abbiamo affrontato il tema delle riforme con grande determinazione e continueremo a portarle avanti. Questo riguarda l’Italicum che non potrà subire modifiche e riguarda evidentemente anche la riforma del Senato e del Titolo V. Su questo ci siamo impegnati con il Paese e non possiamo assolutamente tornare indietro».

Minoranza dem in trincea
Sono in molti tra i democratici a non condividere la linea. Di migliorie possibili aveva parlato anche la presidente della commissione Affari costituzionali del Senato, Anna Finocchiaro, a cominciare dall’abbassamento della quota di “nominati” che entrerebbe alla Camera (l’unica a esprimere la fiducia all’Esecutivo, secondo l’Italicum). Il senatore Miguel Gotor è tornato a ripetere che «la riforma del Senato e la legge elettorale vanno viste nel loro equilibrio di insieme: se non cambia la riforma del Senato, non sarà possibile votare l’Italicum con i capolista bloccati e con le preferenze usate da tutti i partiti, ma valide soltanto per quello che vincerà il premio di maggioranza. La democrazia non può ridursi a un gioco di società affidato a 3-4 “grandi nominatori” che non si curano del voto diretto dei cittadini e del loro diritto di scelta». «Se Renzi manterrà invece la rigidità rispetto a ogni modifica, il rischio è che la legge elettorale non ci sia né entro l’estate né dopo», ha ribadito il deputato Alfredo D’Attorre, che domattina, come molti altri parlamentari della minoranza, non parteciperà alla riunione mattutina con Renzi. «La strada della blindatura e di sostituire i voti di un pezzo di Pd con Verdini è avventuristica».

Zanetti (Sc): «Azzardato dire che non si cambierà una virgola»
Ma pure il sottosegretario all’Economia, Enrico Zanetti, segretario di Scelta civica, si smarca da Boschi e Serracchiani. «Dire che l’Italicum sarà approvato senza cambiare una virgola - twitta - mi pare azzardato. Per noi, ad esempio, cambierà pure qualche punto e virgola».

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