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domenica la classica di primavera

Ciclismo, torna la Milano-Sanremo: ora è una gara per fondisti e velocisti

Siamo pronti. Questa domenica si corre la 106esima Milano-Sanremo, la corsa più fascinosa che ci sia. Una volta la si aspettava come una bella ragazza perché annunciava, insieme alla primavera, la riapertura della stagione ciclistica.

Era un simbolo. Un giorno di festa, con le bici lucide e scintillanti come gli strumenti dell'orchestra alla prima della Scala. Ma erano altri tempi, schegge di memoria di un'altra èra geologica. Dire che fosse più bella, non si può. Forse era solo più romantica: con quel viaggio tra la coda dell'inverno (le nebbie della pianura e l'ultima neve del Turchino) e la corsa verso la Riviera con l'abito delle nuove fioriture in festa.

Adesso è un altro film. Molto più professionale. Chi arriva alla Sanremo ha già migliaia di chilometri alle spalle. E vuole imporsi perché questo è una prova prestigiosa. Fa curriculum, insomma.

Per vincerla bisogna avere le gambe buone (è lunga 293 km) ma anche tanta testa. Depennata la salita delle Manie, che serviva a sparigliare la corsa, si decide tutto sull'ultima salita del Poggio e la discesa verso il traguardo di via Roma (da quest'anno).
Qui saltano le marcature. Qui si vince o si perde. Qui si fa la Sanremo o si torna a casa. Ormai è materia per fondisti-velocisti. Gente che dopo aver pedalato uno sproposito, riesce a conservare la forza per il guizzo vincente. Atleti con un fisicaccio, come il norvegese Kristoff, vincitore dell'ultima edizione. O lo svizzero Fabian Cancellara, reduce da una strepitosa vittoria nell'ultima cronometro della recente Tirreno Adriatico.
Insomma, l'avete capito. Con questi gigantoni pronti a suonarsele di santa ragione, per gli italiani non è aria. Non a caso la nostra ultima vittoria risale al 2006 con Filippo Pozzato, un gran talento attento a look e alle basette, che su quel successo ha poi campato quasi un decennio. Il problema, per i nostri, non è solo la Sanremo. È che non vincono più le classiche. Ci mancano nuovi campioni pronti a dar battaglia come facevano i Bettini e i Tafi, senza scomodare i Bugno e gli Argentin. Ma qui il discorso ci porterebbe troppo lontano. E ringraziamo il cielo che abbiamo un gioiellino come Vincenzo Nibali che, pur essendo più da grandi giri, una graffiata prova a darla anche a questi appuntamenti.
Bene, andiamo allora ai favoriti. Detto di Kristoff, sconosciuto un anno fa, ma ormai protagonista affermato (17 successi con due tappe al Tour), e di Cancellara, (vincitore nel 2008 e sempre sul podio nelle ultime 4 edizioni), non si può lasciar fuori dalla pole lo slovacco Peter Sagan, che lunedì alla Tirreno Adriatico ha chiuso un lungo digiuno imponendosi nella tappa di Porto San Elpidio.

Che dire di questo Sagan? Che sia un talento non si discute, bisogna vedere se tutto questo talento riesce a incanalarlo in qualche vittoria di prestigio. L'unica corsa importante che finora brilla nel suo palmarès è una Gand Wevelgem, che non è proprio la regina delle classiche. Insomma gli manca qualcosa. Fa trenta ma non trentuno. Come quando si fece beffare nel 2013 da Ciolek, che insomma non è proprio Eddy Merkcx.
Gli altri big da tener d'occhio sono il tedesco John Degenkolb, che arriva come un treno dalla Parigi-Nizza, l'australiano Matthews e il polacco Kwiatkowski, campione iridato nel 2014. Speriamo che non vinca solo per non scrivere tutte queste consonanti.

Di possibili candidati alla vittoria, ce ne sono tanti altri perché la Sanremo, come avete capito, è una corsa molto aperta, anche se per vincerla non basta l'azzardo. Bisogna che, oltre alla fortuna, giri bene anche la gamba. A questo proposito mettiamo per ultimo il baronetto dello sprint, quel Mark Cavendish, che dopo aver vinto nel 2009, a Sanremo è sempre andato in bianco. Quest'anno, per un raffreddore rimediato in Sud Africa, è tra i non pervenuti. Però è un campione, e i campioni è meglio non darli per morti.
In chiave tricolore, oltre al lamentoso Pozzato (“...mi è mancato qualcosa nel finale”), ricordiamo Davide Cimolai, anche lui della Lampre. Nato a Pordenone 25 anni fa, Cimolai è un mago della pista. Quest'anno ha vinto alla una tappa alla Parigi-Nizza. Chissà che non inventi qualche numero anche alla Sanremo.

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