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Def: Pil allo 0,7%, conti in pari nel 2017

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IL DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA

Def: Pil allo 0,7%, conti in pari nel 2017

Il Pil crescerà dello 0,7% quest’anno, con la conferma del leggero rialzo rispetto alla precedente stima dello 0,6%, dell’1,3% nel 2016 e dell’1,2% nel 2017. Il deficit nominale scenderà al 2,6% del Pil nel 2015 e, rispettivamente, all’1,8% e allo 0,8% nei due anni successivi. Il pareggio strutturale di bilancio è confermato nel 2017 mentre l’azzeramento del rapporto deficit-Pil nominale con il pieno rispetto della regola del debito si avrà nel 2018. Due scadenze che, sulla carta, potrebbero anche essere anche allineate al 2018 in sede di negoziato con Bruxelles.

Questa eventualità, per il momento, non è però presa in considerazione nel nuovo quadro programmatico tracciato dal Def 2015, di cui ieri il Consiglio dei ministri ha avviato l’esame in vista del varo definitivo insieme al Pnr (programma nazionale di riforma) previsto per venerdì.Un Def che prevede il totale azzeramento delle maxi-clausole su Iva e accise. Dalle nuove «prudenti» stime si evince che la correzione strutturale che il Governo dovrà attuare nel 2016 sarà dello 0,1% del Pil anziché dello 0,5%: il margine dello 0,4% (circa 6,4 miliardi) sarà garantito dal ricorso alla nuova flessibilità Ue, di cui l’Italia si avvarrà, grazie alla clausola prevista per i Paesi che attuano le riforme.

«Non ci sono tagli e non c’è un aumento delle tasse», sottolinea Matteo Renzi intervenendo in conferenza stampa insieme al ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. «Nel 2015 abbiamo ridotto le tasse per 18 miliardi di euro, 10 dagli 80 euro e 8 dai provvedimenti sul lavoro», ribadisce il premier aggiungendo: «Questo Def non è una manovra che toglie i soldi dalle tasche degli italiani ma sta in linea con la legge di stabilità». Renzi cerca anche di rassicurare i sindaci: «Incontriamo prima di venerdì i Comuni e se serve anche le Regioni ma ribadisco che non ci sono tagli per il 2015». Il premier tiene poi a precisare gli effetti della nuova spending review: «Non ci saranno tagli alle prestazioni per i cittadini ma c’è bisogno che la macchina pubblica dimagrisca». E conferma che le maxi-clausole sull’aumento dell’Iva e delle accise per quasi 17 miliardi nel 2016, corrispondenti a «aumenti di prelievo pari all’1% del Pil», e oltre 23 miliardi nel 2017 saranno «eliminate».

Un obiettivo che sarà centrato, affermano Renzi e Padoan, per un importo pari allo allo 0,6% del Pil (circa 10 miliardi) con interventi di revisione di spesa, riordino delle tax expenditures incluso, e per una quota equivalente allo 0,4% del Pil grazie al miglioramento del quadro macro-economico: aumento del gettito e riduzione della spesa per interessi rispetto alle previsione dell’autunno scorso.Ma la strategia del Governo non convince l’opposizione. «Matteo Renzi dei miracoli, prende tutti in giro: cancella le clausole di salvaguardia, non mette nuove tasse, non fa tagli. E chi è, Mandrake?», dice Renato Brunetta (Fi). Critiche anche da Stefano Fassina (minoranza Pd): «Purtroppo, il Governo conferma la linea di finanza pubblica recessiva e iniqua in atto».

A difendere le stime del Def è il ministro Padoan che le definisce improntate alla «prudenza: se come noi pensiamo, si consolida la fiducia dei cittadini e delle imprese, allora le aspettative che abbiamo adesso potrebbero essere sbagliate per difetto, potremmo avere numeri più positivi». Il ministro dice che «è semplicemente falso» affermare che le tasse aumentano e sottolinea che il debito pubblico si attesterà nel 2015 al 132,5% del Pil, scendendo nel 2016 al 130,9%, fino al 123,4% del 2018. A contribuire alla riduzione saranno anche i proventi dalle privatizzazioni pari a 1,7-1,8 punti di Pil in 4 anni. «Ora ci stiamo concentrando su Enel e Poste, ma ci sono anche altre voci come Ferrovie ed Enav», dice il ministro che poi evidenzia che «nel 2018 la regola del debito sarà pienamente soddisfatta». Una regola che «se applicata domani varrebbe più di 2 punti di Pil» spiega Padoan. Che fa sapere che il debito pubblico si attesterà nel 2015 al 132,5% del Pil, scendendo nel 2016 al 130,9%, fino al 123,4% del 2018.

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