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Italicum: all’assemblea Pd 190 sì su 310, la minoranza non…

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il capogruppo alla camera si dimette

Italicum: all’assemblea Pd 190 sì su 310, la minoranza non vota. Speranza lascia

  • –analisi di Fabrizio Forquet

Alla fine il redde rationem sull’Italicum è arrivato e la rottura nel Pd tra renziani e minoranza si è consumata. Con un primo effetto eclatante: le dimissioni del capogruppo dem alla Camera, Roberto Speranza, di Area riformista. L’assemblea del gruppo a Montecitorio ha definito i giochi. Il premier e segretario del partito, Matteo Renzi, ha chiuso a ogni ipotesi di modifica («Il Governo a questa legge elettorale è legato, nel bene e nel male») e ha chiesto il voto finale: la conta. Le minoranze hanno tenuto il punto decidendo di non partecipare alla votazione. L'assemblea del gruppo Pd ha bocciato la proposta di sospendere i lavori dopo la decisione di Speranza e la minoranza ha abbandonato l'aula. Alla fine l'assemblea del gruppo alla Camera ha approvato all'unanimità la linea del premier Matteo Renzi, ma, senza la minoranza, i sì sono stati 190 su 310.

Bersani, intervenuto in assemblea, aveva ribadito di non essere disposto a votare l’Italicum senza modifiche. «Non è un tema né di disciplina di partito né di voto di coscienza ma di responsabilità: se si sceglie di andare avanti così, io non ci sto». E sul passo indietro di Speranza: «Un partito che davanti alle dimissioni del capogruppo va avanti come se niente fosse ha un problema».

Renzi: la vita del Governo è legata alla legge elettorale
«Il Governo a questa legge elettorale è legato, nel bene e nel male», ha sottolineato nel suo intervento il segretario-premier Renzi. «Si è fatto promotore di un documento firmato dalla maggioranza convinta, in cui c’era lo scambio tra l’abbassamento delle soglie in cambio del premio alla lista, anziché alla coalizione». «Chi voterà la proposta della segreteria - ha proseguito - parte dalla consapevolezza che non esiste la legge perfetta. Chi deciderà di votare contro dovrebbe comunque riconoscere un lavoro di mediazione e di cambiamento lungo 14 mesi».

«Ballottaggio centrale: evita deriva neocentrista»
«Il ballottaggio è il punto centrale dell’Italicum», ha ribadito Renzi. «Serve a evitare una deriva neocentrista. Il Consultellum, per com’è fatto, impedisce la formazione di una maggioranza e favorisce dinamiche consociative tipiche della prima Repubblica». Dunque, ha esortato il premier, sull’Italicum «chiudiamo la discussione» in via definitiva e il gruppo confermi il voto «della Direzione del Pd». Mentre «sono possibili ulteriori modifiche alla riforma costituzionale» del Senato e del Titolo V. Il premier ha anche annunciato che il Consiglio dei ministri approverà i decreti attuativi della delega fiscale il 21 aprile e il 16 giugno.Tra i passaggi più applauditi del discorso, l’impegno sulle intercettazioni: «C’è una partita che dobbiamo chiudere, che è il tema delle intercettazioni».

Speranza si dimette: «Basta poco per ridurre i nominati»
Area Riformista, la minoranza di cui fa parte Roberto Speranza, ha ribadito fino all’ultimo le due richieste di modifiche alla riforma elettorale: addio ai capilista bloccati e apparentamento al ballottaggio. Ma il no di Renzi ha fatto precipitare la situazione. «Non sono nelle condizioni di guidare questa barca perciò con serenità rimetto il mio mandato di presidente del gruppo e non smetto di sperare che questo errore che stiamo commettendo venga risolto», ha detto Speranza annunciando le sue dimissioni da capogruppo. «Credo nel Governo e credo nel Pd e nel gruppo ma in questo momento è troppo ampia la differenza tra le scelte prese e quello che penso». Troppo «profondo il dissenso sull’Italicum». Troppo sordo il segretario che, rotto il patto del Nazareno con Forza Italia, «avrebbe dovuto ascoltare di più il partito». Speranza non ha rinunciato a lanciare un appello in extremis: «Perché non fare uno sforzo in più? Sono 100 i nominati dal partito che vince e 290 nominati dai partiti piccoli. Costringiamo quei partiti a esprimere un pezzo di eletti con le preferenze. Questo è il momento. Proviamo in queste ore, basterebbe poco».

Serracchiani (Pd): pronti a porre la fiducia
«Se le posizioni della minoranza rimarranno inamovibili non c’è alternativa alla fiducia», ha invece dichiarato la vicesegretaria del Pd, Debora Serracchiani, a Repubblica. Per Serracchiani «è arrivato il tempo delle decisioni». E su un eventuale appoggio di Forza Italia nel voto ha detto di ritenere «i numeri sufficienti. Certo mi auguro sempre che Forza Italia torni sui propri passi». «La fiducia è perfettamente legittima», ha detto il vicepresidente dem della Camera, Roberto Giachetti, a Otto e mezzo su La7. «Io personalmente sono contrario a metterla ma è ovvio che dobbiamo prima vedere come si comporterà la minoranza Pd. Sono contrario però alla scusa che, per cercare la miglior legge possibile, non si fa nulla».

Sel, Fi e Lega a Mattarella: la fiducia sarebbe un golpe
Intanto, per scongiurare la fiducia, le opposizioni di Sel, Fi e Lega si sono mobilitate scrivendo tre distinte lettere al capo dello Stato, Sergio Mattarella. La fiducia - sostengono - equivarrebbe a un golpe e a un gravissimo strappo costituzionale.

Dadone (M5S): con la minoranza Pd possiamo ribaltare l’Italicum
Una sponda alla minoranza potrebbe arrivare dal M5S. «Noi siamo aperti a migliorare la legge elettorale in commissione, soprattutto sulle preferenze e sul premio di maggioranza che mantiene viva quella distorsione tipica del Porcellum. Spero che la minoranza Pd non si autosospenda, ma porti avanti la battaglia che si è intestata, anche perché in commissione la minoranza dem avrebbe la maggioranza poiché sono 11 membri. Potremmo ribaltare l'Italicum se solo volessero», ha dichiarato la capogruppo M5S alla Camera, Fabiana Dadone.

Quagliariello (Ncd): la fiducia sarebbe un grande errore
«Io credo che la fiducia sull'Italicum sarebbe un grande errore e faremo di tutto per evitarla perché la fiducia sulle regole non si mette e non è mai stata messa. Solo De Gasperi nel '53 dopo un lungo ostruzionismo alle Camere lo fece quando il Paese era sull'orlo di una guerra civile», ha dichiarato Gaetano Quagliariello, esponente del Nuovo Centro Destra, a Omnibus (La7). «Non sto facendo una minaccia, noi non soltanto garantiamo lealtà ma faremo uno sforzo per capire che non tutti possono ottenere tutto quando si tratta di regole e su questo noi siamo i primi. Vogliamo far rispettare i patti anche a voto segreto».

Pisicchio (Gruppo misto): renderla coerente con la sentenza della Cassazione
«Dobbiamo sforzarci, tutti, di togliere l’enfasi e i toni ultimativi al dibattito sulla legge elettorale. Non è la sfida all'ok corral e non è una faccenda interna del Pd. È la regola del gioco democratico e deve essere il più possibile condivisa. Il testo arrivato dal Senato pone alcune questioni serie che devono ancora essere risolte per renderlo coerente con la sentenza della Corte», ha commentato il presidente del gruppo Misto alla Camera Pino Pisicchio.

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