Alla fine sull’Italicum prevale la linea dura: come trapelato, l’ufficio di presidenza del gruppo Pd ha deciso stasera di sostituire i dieci componenti della minoranza dem presenti in commissione Affari costituzionali della Camera. Si tratta, hanno assicurato fonti Pd, di una sostituzione “ad hoc” e non definitiva, valida solo per l'esame dell'Italicum e in linea con quanto deciso nell'assemblea dei deputati Pd. Nomi di peso, però: Pierluigi Bersani, Gianni Cuperlo, Rosy Bindi, Andrea Giorgis, Enzo Lattuca, Alfredo D’Attorre, Barbara Pollastrini, Marilena Fabbri, Roberta Agostini, Marco Meloni.
Unico “sopravvissuto” Giuseppe Lauricella che pur essendo critico verso l’Italicum ha dichiarato che seguirà le indicazioni del gruppo. Dentro resta un drappello di fedelissimi tra renziani di ferro, giovani turchi e franceschiniani. E i nomi dei deputati che subentreranno saranno resi noti domani, prima dell’inizio del voto sugli emendamenti. L’obiettivo del premier Matteo Renzi? Approvare il testo come è uscito dal Senato, senza modifiche.
L'ufficio di presidenza del gruppo Dem alla Camera, è stato spiegato al termine della riunione, non ha invece esaminato la questione relativa alle dimissioni del capogruppo Roberto Speranza né ha deciso di convocare l'assemblea dei deputati che affronti la sua eventuale sostituzione. Nel corso della riunione, gli esponenti della minoranza, pur accettando la decisione del gruppo, hanno ribadito come quello delle sostituzioni dei dieci membri della commissione non sia «un passaggio indolore».
Renzi: «La fiducia? Vedremo»
Che il capo del Governo e segretario Pd sia deciso a tirare dritto era chiaro da tempo e l’assemblea dei deputati dem di mercoledì scorso aveva suggellato la decisione. Stamattina, in un’intervista a Rtl, Renzi non ha escluso la fiducia. «Lo vedremo al momento della discussione parlamentare. Siamo a un passo, siamo all’ultimo chilometro, allo sprint finale: lo faremo sui pedali e a testa alta», ha detto il premier. Che ha escluso di nuovo modifiche e ha lanciato un monito alla minoranza Pd, che chiede ritocchi su collegi e numero di capilista bloccati: «Se i collegi della legge elettorale sono 90, 100 o 110, non è un tema decisivo per i cittadini. Lo è per gli addetti ai lavori che magari pensano alle chance di tornare in Parlamento...».
Orfini: in commissione si rappresenta il gruppo
Dura la reazione dei deputati sostituiti, con Bindi che parla di «sostituzione di massa» e Stefano che denuncia «una regressione della democrazia». Ma il presidente del Pd Matteo Orfini ha tagliato corto: «In commissione si sta per rappresentare il proprio gruppo e quindi la linea che il gruppo ha scelto di assumere. Chi non se la sente lascia la commissione e viene sostituito da qualcun altro».
Guerini: se salta il Pd salta il sistema politico italiano
«Dobbiamo avere la consapevolezza che se salta il Pd salta l'intero sistema politico italiano», ha avvertito anche il vicesegretario Pd Lorenzo Guerini, intervenendo a Pontedera. «Lo dico perché siamo un partito riformatore ma anche un’infrastruttura politica della quale il nostro Paese non può fare a meno, soprattutto in un momento dove le spinte dell’antipolitica e dei populismi sono molto forti e rischiano di mettere in crisi la società italiana».
Da domani 97 emendamenti al voto
Sono 97 gli emendamenti che a partire da domani pomeriggio (ore 14.30) saranno sottoposti al voto in commissione. Ne erano stati presentati 135 dei quali una parte è stata dichiarata inammissibile.Tredici sono quelli del Pd; circa venti quelli del M5S. Le votazioni si svolgeranno anche giovedì mattina. Il testo è atteso in Aula lunedì 27 aprile.
Opposizioni verso abbandono lavori in Commissione
Alla luce delle sostituzioni tra i deputati del Pd in commissione, il M5s si è detto pronto a disertare i lavori. «Se Renzi espellerà minoranza, ritireremo emendamenti e lasceremo commissione. Inutile partecipare a farsa con burattini che dicono sì a comando» ha scritto su twitter Danilo Toninelli, vicepresidente della commissione. Ma anche Sel e Forza Italia stanno valutando se adottare la stessa strategia dell’Aventino. Dissapori si registrano anche nella maggioranza, con Scelta Civica (che ha presentato 5 emendamenti in commissione) che sta valutando la possibilità di disertare i lavori in commissione.
Cuperlo: con fiducia a rischio legislatura
Per Gianni Cuperlo, che ha parlato di «sostituzione di massa senza precedenti», il ricorso alla fiducia sull’Italicum rappresenterebbe «uno strappo serio» che «metterebbe seriamente a rischio il proseguimento della legislatura, perché le opposizioni tutte avrebbero una reazione forte». Di qui un rinnovato appello «a che questo strappo si eviti». È stato Cesare Damiano (Area riformista) a proporre una via d’uscita: si verifichino le aperture da parte del premier sulla riforma del Senato, il Governo eviti la fiducia per non inasprire il confronto il quale deve però concludersi con l’approvazione dell'Italicum anche con il voto della minoranza.
Battaglia in Aula dal 27 aprile
In Aula i deputati della minoranza Pd sono in ogni caso pronti a dare battaglia, ripresentando i loro emendamenti. I temi sul tavolo sono chiari: chiedono un minor numero di capilista bloccati e la possibilità di apparentamento al secondo turno. La prima proposta è sostenuta anche da Sel, Lega e M5s, mentre la seconda da Fi, Sel, Lega e, nella maggioranza, da Sc e Pi. C’è da verificare se i voti delle opposizioni e della sinistra dem si congiungeranno e manderanno sotto il Governo, complice il ricorso al voto segreto. O se Renzi, per scongiurare questo rischio, deciderà il ricorso alla fiducia.
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