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Legge elettorale, è battaglia su fiducia e voto segreto

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Legge elettorale, è battaglia su fiducia e voto segreto

In casa Pd resta forte la fibrillazione in vista dell’approdo dell'Italicum in aula alla Camera lunedì prossimo. Da un lato il premier Matteo Renzi, sempre più intenzionato a porre la questione di fiducia per evitare “imboscate” su decine di votazioni a scrutinio segreto che potrebbero essere chieste. Dall’altro la minoranza dem che continua a chiedere modifiche alla legge e giudica la fiducia una grave forzatura. In attesa di una assemblea del Gruppo che discuta le dimissioni di Roberto Speranza ed elegga un nuovo capogruppo (probabilmente la prossima settimana), alcuni esponenti di Area Riformista, come Dario Ginefra e lo stesso Speranza , sono pronti non solo a votare la fiducia ma anche a dire sì al successivo voto a scrutinio segreto sulla legge. Mentre l’ex segretario Dem Pierluigi Bersani non sembra disposto a sotterrare l'ascia di guerra, ed anzi ha lanciato un appello ai cattolici a far sentire la propria voce contro Italicum e riforme costituzionali.

E se ieri il capogruppo di Forza Italia Renato Brunetta ha annunciato la richiesta del voto segreto sulla pregiudiziale di costituzionalità, oggi è stato Beppe Grillo a rilanciare la necessità un intervento del Presidente della Repubblica, nella sua veste di garante della Costituzione, contro l’ipotesi fiducia sull’Italicum. Il leader Ncd Angelino Alfano ha dettato la linea suo partito («né voti segreti, né fiducia»). Mentre l’ex premier Enrico Letta ha ribadito le sue perplessità, di metodo più che di merito, sull’Italicum («Ho dubbi su una legge approvata a maggioranza risicata»), il ministro Boschi ha assicurato: «Sinceramente non ci sono profili di incostituzionalità dell’Italicum, pur rispettando idee diverse».

Grillo: oltre limiti Costituzione intervenga Colle
Ad alzare i toni dello scontro in vista dell’approdo in Aula dell’Italicum è il M5S. «La vicenda della legge elettorale sta andando oltre ogni limite costituzionale, intervenga Mattarella» ha scritto oggi Beppe Grillo in un tweet in cui rimanda a un post pubblicato sul suo blog in cui viene riportato un intervento firmato da Aldo Giannuli dal titolo: «Di fascismo ne è bastato uno solo». Un intervento duro, con sottotitolo “Siamo ai limiti del colpo di Stato, intervenga Mattarella”, nel quale il professore stigmatizza con forza il probabile ricorso alla fiducia. E attacca: «La situazione è di una gravità senza precedenti e si impone un intervento del presidente della Repubblica, nella sua veste di garante della Costituzione». Altrimenti si fa strada l’ipotesi Aventino. Se l'Italicum dovesse essere approvato con la fiducia «senza trovare alcun argine istituzionale», alle opposizioni - scrive Giannuli - non resterebbe che «meditare sull'opportunità di un Aventino generalizzato, abbandonando tanto i lavori di commissione quanto quelli di aula, sino a quando il Capo dello Stato, constatata la situazione, non sciolga le Camere».

Italicum, Boschi: non ha profili incostituzionalità
La ministra delle Riforme ha respinto le accuse al mittente. «Sinceramente non ci sono profili di incostituzionalità, pur rispettando idee diverse». Così Boschi ha replicato a quanti nelle ultime ore avanzano dubbi sulla costituzionalità dell'Italicum parlando a margine di un'iniziativa a Loro Ciuffenna, in provincia di Arezzo.

Alfano: con voto palese governo non chieda fiducia
Il leader Ncd Angelino Alfano, ha frenato sull’ipotesi fiducia, ma ha chiesto a opposizioni e dissidenti Dem un confronto senza l’arma del voto segreto. «Il Governo non chieda la fiducia sull'Italicum se ci sarà il voto palese, se tutti ci metteranno la faccia» ha dichiarato il ministro dell’Interno, aggiungendo che «non esistono leggi elettorali perfette ma l'Italicum dà a chi vince la possibilità di governare e a chi non vince quella di andare in Parlamento».

Letta: ho dubbi su maggioranza risicata
Intanto l’ex premier Enrico Letta, dopo l’attacco sferrato al premier su Radio 24 («Il racconto di Renzi del Paese è metadone») è tornato a ribadire le sue perplessità di metodo di metodo più che di merito sull’Italicum: «Esprimere dubbi sull'opportunità di approvare riforme a maggioranza risicata, con la contrarietà di tutte le opposizioni, esterne e addirittura anche interne, è, a mio avviso, una semplice questione di buon senso». Così l’esponente Dem, che ha annunciato le sue dimissioni a settembre da deputato per andare a dirigere la scuola di affari internazionali dell'università di Parigi, ha risposto su facebook ai rilievi dei costituzionalisti Barbera, Ceccanti e Clementi alla sua posizione su Italicum.

La lettera dei costituzionalisti
I tre costituzionalisti avevano sottolineato in una missiva all’ex premier che l'Italicum prevede le stesse cose («premio di maggioranza al 40%, ballottaggio fra le due prime liste, liste bloccate corte in alternativa però a possibili voti di preferenza») che vennero proposte dal Comitato dei Saggi voluto dallo stesso Enrico Letta. «Ma esprimere dubbi - ha sostenuto l'ex vicesegretario Pd nella sua replica - sull'opportunità di approvare riforme elettorali e costituzionali a maggioranza risicata, con la contrarietà di tutte le opposizioni, esterne e addirittura anche interne, è una semplice questione di buon senso». Per Ceccanti-Barbera-Clementi il dissenso di una parte delle opposizioni all'Italicum non dipende però da ragioni di merito, bensì è una reazione all'elezione di Mattarella al Quirinale. E su questa base «non sembra ragionevole il riconoscere un potere di veto, un inaccettabile ostruzionismo per rinviare riforme indifferibili nel loro contenuto. Perché, ai nostri occhi, le riforme e il Paese vengono prima. E di ciò, appunto, pagherebbe il prezzo solo il Paese».

Martedì lo showdown in Aula
Al di là delle diffidenze reciproche, è chiaro che il voto che comincerà lunedi sulla riforma elettorale incrocia le manovre dell'opposizione e quelle della minoranza del Pd sulla tenuta della leadership di Matteo Renzi. Tecnicamente sarebbe possibile mettere la fiducia già sulle pregiudiziali di costituzionalità, ma l'intenzione del governo è quella di accettare la sfida: un voto negativo su questo punto equivarrebbe comunque a un voto di sfiducia, e aprirebbe la strada alle dimissioni di Renzi. Dunque il percorso che si profila è questo: un voto palese sulla sospensiva, poi due voti a scrutinio segreto sulle pregiudiziali, poi tre fiducie sui tre articoli che sono stati modificati dalla Camera rispetto al testo licenziato dal Senato (uno è rimasto uguale per cui non sarà sottoposto al voto) e infine il voto segreto finale. Un percorso pericoloso per il governo, ma non quanto sarebbero i circa 80 voti a scrutinio segreto possibili senza la fiducia.

Minoranza Pd divisa
Quale atteggiamento in Aula prenderà la minoranza del Pd? Per ora è divisa tra chi si conformerà alle decisioni della maggioranza (lo stesso capogruppo Roberto Speranza) e chi invece si comporterà secondo coscienza (probabilmente lo stesso Bersani e sicuramente Alfredo D'Attorre, che ha già annunciato al sua uscita dall'Aula in caso di fiducia). Anche per questo l'ufficio di presidenza ha rimandato a lunedì la decisione sull'assemblea del gruppo che dovrà decidere sulle dimissioni di Speranza (sarà mercoledì, dopo il voto sulle pregiudiziali): qualche giorno in più per dare alla minoranza dialogante il tempo per decidere come comportarsi.

D’Alema: governo pensi a governare
Massimo D'Alema invece ha rilanciato le critiche a Renzi sull’Italicum: il «governo dovrebbe preoccuparsi di governare e non della legge elettorale che non gli compete». In occasione di un incontro elettorale a Padova, l'ex premier ha spiegato «Credo che il Parlamento abbia diritto di approvare la legge elettorale liberamente votando e mi pare che il testo sostenuto dal governo sia meritevole di miglioramenti. D'altro canto- ha detto - questi miglioramenti sono stati proposti e onestamente credo che il governo dovrebbe preoccuparsi di governare e non della legge elettorale che non gli compete».


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