E' il gran finale. L'ultimo capitolo delle classiche del Nord. Con la Liegi-Bastogne-Liegi, detta anche la “Doyenne” (decana) perchè è la più antica tra le corse di un giorno (1892), si cambia canale proiettandoci verso i Grandi Giri, primo tra tutti quello d'Italia che parte da Sanremo il 9 maggio con arrivo a Milano il 31.
Ma dell' appuntamento rosa che, come un' aspirapolvere risucchia l'attenzione del mondo ciclistico, parleremo subito dopo la Liegi che questa domenica chiude anche il trittico delle Ardenne, un ciclo di corse meno ruvide rispetto a quello delle Fiandre. Qui non c'è il pavè, con le sue improvvise trappole e le sue micidiali cadute nella polvere e nel fango. Questo è il regno delle “cotes”, salite lunghe anche diversi chilometri con pendenze che nulla hanno da invidiare ai “muri” delle altre classiche. Qui insomma si dà battaglia gente che ha confidenza con le salite e che fa le prove generali in vista dei grandi giri.
Uno di questi campioni, in cerca di un successo, è il nostro Vincenzo Nibali. Il leader dell'Astana , rinfrancato dalla decisione dell'Uci di non espellere (almeno per ora) il team kazako dall 'elite del ciclismo professionistico per le note vicende di doping, arriva ben motivato alla Liegi. Lo si è visto alla Freccia Vallone, con un paio di lampi che hanno elettrizzato la corsa.
Questa volta lo Squalo di Messina vuol lasciare un segno più profondo. Sia perchè la Liegi è nelle sue corde, sia perchè Nibali non ama galleggiare nel gruppo. La stagione entra nel vivo: e una graffiata ci sta. Certo, Vincenzo non poi non andrà al Giro d'Italia perchè deve onorare la sua maglia gialla al Tour de France, ma scrivere il suo nome nell'albo d'oro della “Decana” darebbe sostanza a una primavera per lui avara di soddisfazioni.
Poi c'è un fatto: il giovane Fabio Aru, che rappresenterà l'Astana al Giro, è ancora in infermeria per un balordo virus intestinale. Se il sardo non ce la facesse a recuperare, chissà mai che Nibali, di necessità virtù, non si cimenti nella doppietta Giro-Tour, doppietta fascinosa che però comporta dei rischi. Primo fra tutti quello di far male sia l'uno che l'altro. Chi troppo vuole, dicono le nonne, nulla stringe. Vedremo.
Tornando alla Decana, la partenza sarà da Liegi e, dopo 253 chilometri, arriverà ad Ans. Dieci le asperità da superare, di cui otto nella seconda parte della corsa. La più celebre è la Cote de Saint- Nicolas, detta anche la salita degli italiani per ragioni facilmente intuibili. Questa salita passa per un quartiere di Liegi dove, da anni, risiedono tanti nostri connazionali, emigrati negli anni Cinquanta, quando eravamo noi, i poveracci, che andavano a cercar fortuna nel mondo. Qui è sempre una festa, tra striscioni e bandiere tricolori, soprattutto quando vedono scattare in prima fila un “paesano” come Nibali.
In realtà, è meglio non suonare le fanfare. Alla Liegi infatti il grande favorito, oltre al polacco Kwiatkowski , campione iridato e fresco vincitore dell'Amstel Gold Race, è ancora lo spagnolo Valverde, anche lui reduce da una brillante vittoria mercoledi alla Freccia. Ben posizionato, nelle scommesse, è anche Joaquim Rodriguez, un altro spagnolo che in questa corsa ci mette sempre lo zampino. Insomma, siamo sempre un passo indietro. Come conferma la nostra unica vittoria al nord centrata da Luca Paolini alla Gand Wevelgem.
Bella impresa peccato che Paolini abbia già 38 anni e diversi tagliandi in carriera. Vero che in pensione ormai si va sempre più avanti, però servono dei rapidi ricambi.
Per esempio Domenico Pozzovivo, vincitore giovedì al Giro del Trentino. Il piccolo corridore lucano è, per definizione, la mina vagante del Giro d'Italia, quello che fa esplodere le corse quando in montagna la strada s'impenna. Domenico ci proverà anche nella Liegi. Speriamo con esito migliore dell'anno scorso quando fu ripreso con Paolo Caruso nel finale. Caruso fu bruciato da Gerrans proprio a un passo dalla vittoria. Purtroppo la sfiga ci vede benissimo: colpisce i più deboli.
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