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Tra Mayweather e Pacquiao in palio l’unico mondiale degno di questo nome

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Tra Mayweather e Pacquiao in palio l’unico mondiale degno di questo nome

Da qualche tempo a questa parte nel triste panorama del pugilato contemporaneo ci sono in circolazione due soli pugili degni di figurare nelle classifiche all time del loro sport: Floyd Mayweather e Manny Pacquiao. In teoria ce ne sarebbe un terzo, il peso massimo Wladimir Klitschko: del quale non si riescono però a comprendere i veri limiti, e quindi il valore reale, perchè batte uno dopo l’altro avversari di infimo livello. Quello che passa il convento, insomma: ma resta la sensazione che Klitschko, messo su un ring contro gente come Alì, Foreman e Frazier, sarebbe finito gambe all’aria dopo essere stato picchiato come un tamburo.

Diverso è il discorso con Mayweather e Pacquiao, che si incontreranno il prossimo 2 maggio per il titolo mondiale dei pesi welter e che sono riusciti nel corso della loro carriera a dissipare tutti i possibili dubbi fino a conquistarsi un posto tra i più grandi di sempre: non hanno avuto avversari leggendari (tanto per chiarire in questa categoria ci sono stati tipetti come Sugar Ray Robinson, Sugar Ray Leonard, Roberto Duran, Emile Griffith ed Henry Armstrong) ma ne hanno avuto di molto buoni e li hanno battuti tutti, uno dopo l’altro.

Più Mayweather che Pacquiao, per la verità, visto che il fuoriclasse americano è tutt’ora imbattuto (record 47-0) mentre il campione filippino, che tra un match e l’altro si è dato anche alla politica, ha perso cinque incontri su 64, due dei quali per ko anche se uno nel match di esordio al professionismo. Comunque non ha mai dato la sensazione di avere una mascella a prova di granito, considerato che nelle categorie di peso dai welter in giù la potenza espressa non è certo paragonabile a quella dei medi o dei massimi.

Mayweather non ha un gran pugno, pur avendo vinto 26 incontri per ko, ma danza sul ring schivando tutto lo schivabile e anche qualcosa di più, per poi colpire con velocità incredibile l’avversario di turno. La sua abilità difensiva è senza dubbio al livello dei più grandi del passato: non ha nulla da invidiare, tanto per fare un esempio, a quella di Ray Sugar Leonard, che proprio con un atteggiamento simile a quello di Mayweather costrinse «mani di pietra» Roberto Duran a pronunciare il famoso «no mas». Basta, stufo di prenderle senza riuscire ad azzeccare un solo pugno.

In carriera l’americano è stato campione del mondo in cinque categorie diverse (superpiuma, leggeri, superleggeri, welter e superwelter) e si è preso anche il lusso di tornare sul ring, dopo due anni di stop tra i 2007 e il 2009, come se il tempo non fosse mai trascorso. Forse è l’unico caso di rientro sul ring senza far rimpiangere il sè stesso visto qualche anno prima.

Manny Pacquiao sulla carta ha fatto anche qualcosa in più, vincendo il titolo in otto categorie diverse: mosca, supergallo, piuma, superpiuma, leggeri, superleggeri, welter e superwelter. Facilitato in questo, ma vale anche per il suo avversario, dall’eccessiva proliferazione di sigle e di categorie di peso. Una volta c’erano sette categorie e una sola sigla: il campione del mondo era uno, e tutti gli altri stavano zitti. Adesso di campioni c’è nè più di uno per categoria, cosa perlomeno incongruente, e per passare da un peso all’altro bastano scostamenti di poco conto. Altro segno del declino di questo sport.

Ma torniamo a Pacquiao, una vera e propria leggenda nelle Filippine. Anche lui, come Mayweather, ha sconfitto De La Hoya e Cotto: va detto per la precisione che De La Hoya, l’anno prima, era passato sotto le amorevoli cure dell’americano che avevano lasciato segni evidenti su un campione ormai a fine carriera. Pugile di sostanza, meno fantasioso e tecnico del suo rivale per il titolo, il filippino è dotato di un pugno pesante sul quale ha costruito buona parte delle sue fortune.

Il ring di Las Vegas metterà di fronte i due migliori pugili del momento per una sfida che arriva forse troppo tardi, visto che i tentativi di organizzarla nel passato sono andati regolarmente falliti. Mayweather ha 38 anni, Pacquiao 37: non proprio due ragazzini, e anche questo è un segno del deserto pugilistico che li circonda.

Si dice che la potenza sia l’ultima qualità che abbandona un pugile, ed è vero: non è un caso che il quarantacinquenne George Foreman sia riuscito a diventare campione del mondo con un solo pugno, mettendo ko il più giovane Michael Moorer che lo stava battendo ai punti. Questa caratteristica va senza dubbio a vantaggio di Pacquiao, che continua a essere dotato di un gran pugno nonostante gli anni che avanzano.

Floyd Mayweather basa la sua boxe sulla velocità, che invece è la prima qualità ad abbandonare un pugile: cosa che finora non gli è successa e che gli ha permesso di irridere tutti gli sfidanti che gli sono capitati davanti. Proprio a partire da questa velocità, e dalla capacità di colpire a ripetizione anche se non fortissimo, sono arrivate le sue vittorie per ko.

Pronostico? Se Mayweather ha conservato intatta la sua velocità il match è deciso: troppo più completo e tecnico di Pacquiao, che potrebbe anche non capire del tutto la boxe da enciclopedia dell’americano. Se invece l’incontro si giocherà sulla potenza l’ago della bilancia si sposterà a favore del filippino, che ha tutto da guadagnare da un incontro statico o almeno non troppo tecnico. Dovessi puntare un centesimo, lo metterei su Mayweather.

Resta il fatto che, dopo questo incontro, al pugilato mondiale non resterà altro che possa reggere il confronto. Solo una rivincita, che magari è già stata messa in agenda vista la montagna di soldi che sta muovendo il match di Las Vegas: una borsa da 200 milioni di dollari (il 60% al vincitore), biglietti venduti online in soli due minuti con prezzi fino a diecimila dollari e bagarini che festeggiano proponendoli fino a 25mila dollari. Senza contare i fiumi di denaro che arriveranno dalle tv e dalla raccolta pubblicitaria, oltre che dal merchandising e da quant’altro la mente umana possa immaginare.

Insomma, per cifre di questo genere il match del secolo non solo si può fare, ma anche rifare. Magari programmando la bella.

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