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Per la Juventus è l'ora della verità. Ma contro il Real…

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CONTROPIEDE

Per la Juventus è l'ora della verità. Ma contro il Real è giusto coltivare qualche speranza

Le chiacchiere stanno a zero. Questa sera la Juventus è chiamata a giocare non una partita, ma “La Partita”, quella capace di legittimare un'intera stagione. Di far prendere ai bianconeri, al bivio tra una Champions basata finora soprattutto sul sorteggio favorevole e una giocata da grande tra i grandi, la seconda strada. Quella capace di scrivere pagine importanti anche per un club titolato come la Vecchia Signora, fresca vincitrice del quarto scudetto consecutivo.

Tra i possibili avversari il Real Madrid è a mio avviso il meglio che potesse capitare: anche in questo caso il sorteggio è stato amico, per quanto si possa dire amico a questo punto della massima competizione per club. Perché il Real è l'unica avversaria, a differenza di Barcellona e Bayern Monaco, che mostra spesso e volentieri grossi limiti in difesa quando viene attaccata in velocità. Una difesa non da Carletto Ancelotti, verrebbe da dire, ma non è colpa sua se gli hanno comperato il brasiliano Marcelo Vieira da Silva Júnior (detto Marcelo e noto soprattutto come sosia di Ficarra del duo Ficarra e Picone) che ha come fiore all'occhiello quello di aver proposto imprese comiche anche superiori a quelle della coppia siciliana giostrando insieme a David Luiz con la maglia della Selecao all'ultimo mondiale.

Scherzi a parte, il Real almeno sulla carta ha qualche limite nel reparto arretrato, anche se compensa ampiamente con i fenomeni dell'attacco, a partire da Cristiano Ronaldo per proseguire con Bale e Rodriguez, che fanno venire i brividi al solo pensiero di doverli far curare al fallosissimo Chiellini. Eppure ci sono almeno tre buoni motivi per coltivare la speranza, senza illudersi e senza deludersi se alla fine dovessero prevalere i blancos, molto più attrezzati degli uomini di Allegri per passare il turno e sollevare la Coppa dalle grandi orecchie per l'undicesima volta.

Il primo è come detto una certa fragilità difensiva del Real quando viene messo sotto pressione: segnare a Ronaldo e compagni non è impossibile. Nella Liga,a fronte di un attacco stellare (105 gol in 35 partite) hanno finora incassato 32 reti contro le sole 19 del Barcellona. Anche nell'ultima partita, vinta contro il Siviglia, i tre gol all'attivo sono stati quasi compensati dai due presi. E la difesa spagnola soffre soprattutto quando si trova di fronte attaccanti veloci e capaci di aggredire gli spazi, proprio come Tevez e Morata, anche se al momento Allegri sembra intenzionato a giocarsi all'inizio la carta Llorente in coppia con l'Apache.

Secondo motivo, la differenza di impegno fisico e mentale da qui alla fine della stagione: il Real è ancora in lotta per la Liga, e anzi deve recuperare due punti al Barcellona vincendo sempre e sperando in un passo falso dei catalani. La Juventus ha la testa libera, perché dopo la vittoria in Campionato la finale di Coppa Italia diventa quasi un accessorio rispetto alla prosecuzione del cammino in Champions. Il terzo motivo è la cabala, o per meglio dire la storia: che non va in campo, ma misteriosamente nel calcio, e in generale nello sport, spesso conta più di quanto si possa immaginare. E la Juventus, contro il Real Madrid, ha la strana abitudine di fare bella figura. Soprattutto quando gioca in casa. Da qui un bilancio di cinque vittorie, un pareggio e una sola sconfitta che risale al 1962, quando il Real era il Grande Real e il gol della vittoria dei blancos fu messo a segno dall'immenso Alfredo Di Stefano. Troppo forte quel Real, che avrebbe ceduto le armi solo di fronte a un'altra Grande del calcio mondiale, l'Inter del Mago Helenio Herrera.

Per contro la Juventus ha anche almeno tre nodi da sciogliere, che potrebbero spostare l'ago della bilancia a favore degli ospiti. Il primo, quasi per una legge del contrappasso, è la difesa non impeccabile. Contano poco i numeri ottenuti in un campionato scadente come quello italiano, piuttosto è meglio ricordarsi l'affanno eccessivo di Chiellini e compagni quando si trovano aggrediti da attaccanti veloci: Rodriguez, Bale e Ronaldo sono purtroppo per la Vecchia Signora il prototipo della velocità pura.
Secondo nodo, Andrea Pirlo. Potrebbe essere l'arma vincente, soprattutto se qualche ingenuità del Madrid gli regalasse la possibilità di battere le sue micidiali punizioni dal limite, ma potrebbe anche essere il vero limite dei bianconeri, l'uomo in meno. Quando viene attaccato, per naturali limiti fisici legati all'età non più verdissima, arretra il raggio d'azione fin dietro alla linea difensiva, concedendo la superiorità numerica al centrocampo avversario. Non solo: se non riesce a coprirsi con la linea formata da Bonucci e Chiellini, finisce spesso per perdere il pallone. Un conto è farlo contro le avversarie italiane, o contro le squadre tutto sommato modeste incontrate finora in Champions, tutta un'altra storia potrebbe essere di fronte al Real Madrid. Proprio dalla prestazione di Pirlo, a mio avviso, dipenderà in gran parte l'esito della gara di questa sera.

Terzo e ultimo nodo quello della disabitudine a giocare gare come questa: il campionato italiano, l'ho scritto più volte e lo ripeto in modo convinto, non è allenante per la Champions. Ritmi troppo blandi, atteggiamento remissivo e rinunciatario di molte squadre quando incontrano i bianconeri, scarsa abitudine a lottare su ogni pallone, anche quelli ormai “battezzati” non raggiungibili. Che in Champions spesso si trasformano in gol pesanti. Tre motivi per sperare e tre per disperare. O meglio quattro, se si considera che sulla carta il Real Madrid è di un altro pianeta. Eppure la Juventus di quest'anno, che ha costruito l'intera stagione non sui singoli ma sulla compattezza della squadra, merita di essere seguita con rispetto e senza rinunciare alla speranza. Perdesse e fosse eliminata sarebbe nella logica della cose. Ma nel calcio, spesso, la logica resta ai bordi del campo.

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