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Renzi apre alla minoranza: sulla riforma della scuola altri 15 giorni per…

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Renzi apre alla minoranza: sulla riforma della scuola altri 15 giorni per il confronto

  • –con un post da Econopoly

«Sulla scuola abbiamo un problema grande come una casa. Non siamo riusciti a coinvolgere quel mondo» nella riforma che abbiamo proposto «pur essendo partiti a settembre 2014 con una campagna di ascolto. E me ne assumo le responsabilità». Lo ha detto il leader Pd Matteo Renzi, nel corso dei lavori della direzione Pd. Il premier ha perciò escluso forzature: «Non ho problemi sui numeri, posso fare la riforma della scuola anche domattina, anche spaccando il Pd - ha detto - ma lo riterrei un errore politico, stessa cosa sulle riforme costituzionali». Di qui l’annuncio di un surplus di discussione, alla ricerca di un nuovo punto di equilibrio: «Prendiamoci altri 15 giorni, discutiamo anche in ogni circolo del Pd. Per me nessun problema».

Renzi: riforma scuola non è ammortizzatore sociale
«La riforma della scuola la facciamo per i ragazzi e non per assumere 200mila persone, per i ragazzi e non come ammortizzatore» ha ammonito però Renzi, affrontando il nodo delle assunzioni della Buona Scuola, escludendo ancora l’ipotesi di un decreto per stralciare la questione delle assunzioni dei precari.

«Sulle riforme pronti a riflessione purché si chiuda»
Se sulla scuola Renzi è per un supplemento di riflessione, sulle riforme costituzionali bisogna correre. «Sulle riforme istituzionali non possiamo perdere nemmeno un giorno - ha detto il premier - sono l'elemento chiave della legislatura. O si sta con chi la vuole o con il comitato del no che al momento vede impegnati Salvini, Grillo e Berlusconi». Anche in questo caso, però, Renzi non ha chiuso la porta al dialogo con la minoranza: «Noi sulla riforma siamo pronti ad una riflessione purché si chiuda», ha detto Renzi. E ha aggiunto: «Noi siamo pronti a una discussione nel merito» della riforma costituzionale «purché si faccia senza utilizzarlo come una scusa per non mandare avanti le riforme».

«Vado avanti fino a 2018, chi vuole fermarmi mi sfiduci»
Renzi ha lanciato però una sfida alla minoranza del Pd: «Chi vuole fermarmi può togliermi la fiducia in Parlamento e in direzione Pd, ma fintanto che questo non succede noi saremo in prima linea tutti i santi giorni che restano da qui al 2018 per il governo e da qui al dicembre 2017 per il Pd, rappresententando l'Italia a testa alta».

«Codice condotta interno va approvato»
Il premier ha perciò chiesto alla minoranza del partito di rispettare le regole interne. «Chi ha votato contro la fiducia non mi può fare la ramanzina il giorno dopo», ha detto. E ha aggiunto sul metodo: «Questo partito discute, ma non si può discutere sempre. Non è che su tutti i temi ognuno fa come gli pare affronta tutto come una questione di coscienza». Detto questo, Renzi ha escluso forzature. «Non ho problemi sui numeri, posso fare la riforma della scuola anche domattina, anche spaccando il Pd ma lo riterrei un errore politico, stessa cosa sulle riforme». Ma ha concluso: «Se vogliamo discutere tra di noi facciamolo ma occorre avere un codice di condotta interno, che va approvato, senza diktat». Poi l’affondo finale: «Chi vuole oggi può bloccare questo percorso: tolga la fiducia in Parlamento. Ma fintanto che questo non avverrà noi saremo a testa alta a rappresentare l'Italia, un paese coraggioso, curioso e capace di guardare al futuro».

«Suonati molti campanelli d'allarme»
Renzi ha rivendicato il buon esito delle regionali. «Ci sono 17 Regioni in cui governiamo su 20, ed è difficile spiegare che abbiamo perso le Regionali, anche ai colleghi di altri Paesi. Ora tutto il Sud è nelle nostre mani», ha detto il segretario, che sul dibattito sul calo dei consensi alle Regionali rispetto all'anno scorso, ha incalzato: «Su cosa facciamo il conto, sui risultati delle europee o delle amministrative? Chiunque abbia onestà intellettuale sa che nel voto sul partito non si possono mischiare le mele con le pere». Poi però Renzi ha ammesso: «Sono suonati molti campanelli di allarme», anche con riferimento all’astensionismo in crescita.

«Lega gioca carta della paura»
A livello nazionale, per Renzi «c'è uno scenario suggestivo con tre opposizioni»: destra, sinistra di Landini e M5s. «La destra è ancora viva, guidata da un leghismo di ritorno che non ha casa in Ue ma ne ha molta tra italiani e sferra l'attacco più insidioso su di noi sul tema dell'immigrazione», ha attaccato Renzi, aggiungendo che la Lega «non è credibile» in campo economico e quindi «gioca la carta della paura» sugli immigrati.

«Landini destinato a sconfitta, è demagogia pura»
Nessuna apertura di credito per la Coalizione sociale sociale di Landini «destinata ad essere sconfitta non solo dai numeri ma anche dalla logica». Maurizio Landini «fa più comparsate in tv di quante sono le persone che scioperano a Pomiglione. È demagogia pura» ha attaccato Renzi.

«Reddito cittadinanza del M5s è assistenzialismo, misura sbagliata»
Il segretario è poi tornato a criticare il reddito di cittadinanza proposto dal M5s, definito «una misura sbagliata, che dà un messaggio diseducativo», perché basato «sull’assistenzialismo».

Contestazioni fuori la sede del Nazareno
Un piccolo gruppo di insegnanti contrari alla riforma della scuola, che ha presidiato l'ingresso della sede del Partito Democratico di largo del Nazareno, ha contestato tutti i nomi noti del partito che hanno varcato il portone. Gli unici cori di incitamento li ha ricevuti il deputato della minoranza Stefano Fassina. «Esci dal partito, esci dal partito» lo hanno incitano i dimostranti. «Il problema non è quello che faccio io ma dare una risposta a loro», è stata la replica del deputato dem. Il premier-segretario è entrato da un ingresso secondario dribblando così i manifestanti.

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