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L’Italia riapre il dossier pensioni, da Boeri prime proposte sulla flessibilità in uscita

Si riaccendono i motori sul dossier della previdenza, con una serie di proposte che l’8 luglio saranno formalizzate dal presidente dell’Inps Tito Boeri, con l’occhio rivolto alla prossima legge di Stabilità. Boeri ne ha discusso ieri al ministero dell’Economia nel corso di un incontro con il ministro Pier Carlo Padoan e con il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti. Ricognizione preliminare, che Boeri ha illustrato anche al presidente del Consiglio, Matteo Renzi, con una serie di ipotesi tecniche sul tappeto relativamente al tema della flessibilità in uscita.

La tesi di Boeri è che una maggiore flessibilità dei criteri di pensionamento vada inserita in un disegno complessivo, che l’Inps presenterà a breve al Governo e al Parlamento nella logica che il “costo” della flessibilità in uscita debba essere compensato all’interno dello stesso sistema previdenziale. Uscite anticipate e al tempo stesso penalizzazioni sui trattamenti, come lo stesso Boeri ha anticipato nel corso della sua recente audizione in Commissione Lavoro della Camera: «La flessibilità - ha spiegato - deve avere un impatto neutro dal punto di vista attuariale, perché solo così la maggiore spesa sarà sostenibile anche rispetto ai vincoli che derivano dalla politica di bilancio monitorata dall’Unione europea e che consentono dei margini in situazioni economiche avverse».

Il tema delle pensioni, con riferimento alla copertura individuata dal governo (2,2 miliardi) per far fronte agli effetti della sentenza della Consulta sul blocco della perequazione per il 2012 e 2013 relativamente ai trattamenti superiori a tre volte il minimo Inps, è stato affrontato ieri dal Consiglio dei ministri che in serata ha approvato l’assestamento di bilancio per l’anno in corso e il Rendiconto generale dell'amministrazione dello Stato per l’esercizio finanziario 2014. Due atti dovuti, previsti dalle attuali norme di contabilità pubblica, su cui dovrà come di consueto esprimersi il Parlamento.

Con l’assestamento si affronta anche la questione relativa agli effetti della bocciatura da parte di Bruxelles dell’estensione del «reverse charge» alla grande distribuzione, una partita da 720 milioni. La clausola di salvaguardia inserita in legge di Stabilità, che prevedeva l’aumento delle accise a partire da oggi, è stata spostata temporalmente al 1° ottobre, in attesa che la fonte di copertura individuata in prima battuta dal Governo (il ricorso agli incassi attesi dalla «voluntary disclosure») divenisse effettivamente operativa. Da qui la necessità di prevedere con l’assestamento di bilancio una posta compensativa momentanea. Per questo, parte delle delle maggiori entrate per utili della Banca d’Italia e dividendi da società pubbliche sono stati «allocati in un apposito fondo da utilizzare per indifferibili esigenze».

In cdm c’è stata anche una lunga discusione sui fondi ai ministeri. Secondo quanto raccontano fonti ministeriali, in apertura di riunione alcuni ministri hanno realizzato con qualche sorpresa che lo stanziamento per i loro dicasteri previsto dalle bozze sul tavolo del Cdm non era quello concordato nelle riunioni preparatorie. Renzi avrebbe comunque mediato e trovato una soluzione.

Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan ha preso parte alla riunione del Consiglio dei ministri dopo aver partecipato alla teleconferenza dell’Eurogruppo, a poche ore dalla scadenza del programma di aiuti per la Grecia, che pone da oggi Atene in una sorta di default tecnico. Trattative convulse dell’ultim’ora, con l’occhio puntato ormai all’esito del referendum di domenica in Grecia.

Si registra l’impennata di 53 punti base dei rendimenti del Btp decennale, ma senza cedere ad allarmismi. La volatilità dei mercati era nel conto, nella consapevolezza che il debito resta sostenibile, anche per effetto della “duration” (la vita media dei titoli di Stato) attestata sui 6,3 anni. Massima vigilanza sull’andamento dello spread, ieri a quota 162 punti base, il doppio del limite più basso raggiunto in marzo.

Si cominceranno a fare i conti nelle prossime settimane. Un minor risparmio rispetto ai 4,8 miliardi indicati nel Def di aprile avrebbe effetti diretti sul deficit. Al momento la previsione per l’anno in corso resta ferma al 2,6% del Pil. A settembre, con la Nota di aggiornamento, si ricalibreranno le stime.

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