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La storia di Nyers, da senza patria a mito dell'Inter

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La storia di Nyers, da senza patria a mito dell'Inter

Nyers, se preferite, Etienne, o alla fine Stefano, ma per tutti Nyers, il grande. Ala ambidestra, dal mancino potente, facilitato da polpacci larghi il doppio rispetto alla media degli altri giocatori. Nell'olimpo dei grandi della divinità di Eupalla è entrato non per le doti fisiche, ma per la tecnica sopraffina, messa in mostra e tramandata in molti scritti e rare immagini, quando il calcio si giocava solo alla domenica, nel pieno di rivolte che infiammavano ogni angolo d'Europa e non risparmiavano i campi del football.

La storia del grand Etienne ci è narrata da un simpatico lodigiano, Francesco Rovida, che dopo una laurea in economia s'è messo a lavorare nel negozio di famiglia, confessa in queste pagine la vera passione della sua vita, l'Inter. Ecco spiegato l'arcano: Nyers, con 182 presenze e ben 133 reti è il quarto marcatore della storia nerazzurra, dopo Giuseppe Meazza (243 marcature), Cevenini terzo (158) e Lorenzi (138).

Nei tempi nostri, del pallone vissuto a ciclo continuo tra cifre iperboliche, lussi smodati, miserie, imbrogli e raggiri avvilenti, leggere queste pagine di sana passione ha l'effetto d'un bagno purificatore. Perciò ne consigliamo la lettura anche a chi nutre simpatia per altri colori: è l'esempio di come si può amare un gioco, una maglia, facendo in modo che tale rimanga, con profondo rispetto per l'avversario.

Rovida ci narra la storia di Istvan partendo da una notizia apparsa sulla Gazzetta il 10 marzo del 2005: “Alle 19,30 di ieri sera è morto a Subotica, in Serbia...” con il titolo: “Addio Nyers, bomber apolide”.

In realtà Nyers divenne apolide come molti figli d'un Europa lacerata da mille conflitti, nati in territori di confine, nel suo caso una città contesa per secoli da ungheresi e slavi, con i genitori alla perenne ricerca d'una terra sicura e d'un lavoro per sopperire all'estrema povertà.

Prima l'Ungheria, poi la Francia, ma fu l'Italia a incoronare questo giovanotto dal carattere esuberante, sino a consegnarlo alla storia del pallone come “a nagy Istvan”, il grande Stefano.

Tante le squadre che incrociarono il suo inquieto talento, pochi gli allenatori che seppero riconoscerlo. Chi davvero ne intuì la grandezza è un signore argentino, anche lui apolide par suo, figlio di mezzo mondo, che nell'immediato dopoguerra era una sorta di scopritore di talenti della pelota. Un signore che poi i tifosi nerazzurri eleggeranno a simbolo di grandezza: proprio Helenio Herrera, il mitico HH, non ancora nelle vesti di trainer, mago della grande Inter degli Anni Sessanta.

È tempo di lasciare a Rovida il racconto di questo eroe del calcio del dopoguerra, degli scudetti conquistati con la maglia nerazzurra, della sue magie,delle sue bizze, come quando lasciò il campo indispettito da un'offesa del compagno di squadra, manco a dirlo “veleno” Lorenzi; o quando, dopo una serie di ubriacanti dribbling, accompagnò la palla sulla riga di porta senza segnare, sbeffeggiando chi sugli spalti lo aveva irriso e non lo riteneva degno della maglia.

È un racconto come piace a chi ama davvero il calcio: senza fronzoli, fatti e poi fatti, ma anche il gusto della suspense, partita dopo partita. Come in ogni romanzo d'avventura che si rispetti, pure in questo caso c'è la miseria, poi la ricchezza, poi la fama e infine di nuovo la miseria e il ritorno alla terra d'origine. La vita vera del grand Etienne.

Francesco Rovida
Istvàn Nyers
Le grand Etienne
Urbone Publishing, 12 euro

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