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Wimbledon, Serena Williams ora sogna il suo primo Grande Slam

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SESTA VITTORIA A WIMBLEDON

Wimbledon, Serena Williams ora sogna il suo primo Grande Slam

WIMBLEDON - Serena Williams fa un altro passo nella storia del tennis con la sua sesta vittoria a Wimbledon e la 21esima in un torneo del Grande Slam. Conquista il suo personale “Serena Slam” (è da oggi la detentrice di tutti e quattro i titoli dei principali tornei) e ora gliene manca solo uno, lo US Open, al Grand Slam vero e proprio, quello realizzato nello stesso anno solare. Solo tre giocatrici in passato ce l'hanno fatta: Maureen Connolly nel 1953, Margaret Court nel 1970, Steffi Graf nel 1988.

È stata una finale non bella e certamente strana, della quale l'aspetto più prevedibile è stato il punteggio: Serena ha sconfitto in due set, 6-4, 6-4, in poco meno di un'ora e mezzo, la spagnola Garbine Muguruza, testa di serie numero 20 e sulla carta a una distanza siderale dal fenomeno americano, anche se l'aveva sconfitta al secondo turno del Roland Garros lo scorso anno.

La partita è iniziata in modo surreale: Serena che fa tre doppi falli nel primo gioco e cede subito il servizio alla ventenne di origini venezuelane. Le due continuano a menarsi randellate, con la Muguruza che tiene il campo in modo imprevisto fino all'ottavo gioco. Il pubblico, che vuole la sorpresa e da sempre a Wimbledon tifa per l'underdog, la vittima sacrificale, è con lei. Poi la Williams le strappa il servizio due volte, chiude il primo set e l'inizio del secondo fa pensare che la pratica si chiuderà rapidamente. Serena va sul 5-1, ma al game dopo la spagnola le strappa il servizio a zero e ripete il successo al turno successivo di battuta della pantera nera. Sul 5-4 Serena non si scompone e fa sua la partita con un ultimo punto altrettanto surreale dell'avvio di gara. La palla di Muguruza va fuori, il giudice di linea non chiama il fallo, o per lo meno nessuno la sente, il giudice di sedia Allison Hughes, pur espertissima, aspetta che la spagnola chieda la prova del “falco”, l'occhio elettronico. Muguruza e Williams si guardano, nessuno fiata, Serena non esulta, Garbine guarda per terra, non si sa bene se la signora Hughes borbotti “game, set and match”. Comunque, è finita, un altro 6-4.

Arriva in campo il duca di Kent, presidente dell'All England Club, premiazioni, lacrime della ragazza, sorrisi a trentadue denti di Serena. Nessuno nomini il Grand Slam, la superstizione è regina. Così come Serena.

Il resto del mondo resta lontano, con 21 Slam nel suo palmarès la più giovane delle sorelle Williams (che vinse il suo primo US Open a 17 anni, nel 1999 e ora, a 33 anni, non è più così giovane) è a un passo da Steffi Graf e tre da Margaret Court, che però giocava negli anni 60 e 70 quando pochi si avventuravano in un'Australia troppo lontana. A Wimbledon quest'anno non è stato facile per lei. Per arrivare in finale ha dovuto superare tre ex numeri 1: sua sorella Venus, Victoria Azarenka in un quarto di finale scorbutico, e Maria Sharapova annichilita in semifinale. Lo soglio più arduo è stata la ragazzina inglese Heather Watson, che ha rischiato di buttarla fuori al terzo turno.

Ma Serena, quasi sempre, soprattutto negli Slam quando vuole alza il livello e la potenza. È successo così anche contro Muguruza. Le ragazzine dovranno aspettare.

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