Italia

Via D’Amelio, Crocetta assente evoca pressioni dei poteri forti.…

  • Abbonati
  • Accedi
dopo lo scandalo intercettazioni

Via D’Amelio, Crocetta assente evoca pressioni dei poteri forti. Il figlio di Borsellino: per Lucia un calvario

Domani saranno passati esattamente 23 anni dall’uccisione del giudice Paolo Borsellino e di cinque agenti della sua scorta a Via D’Amelio. E oggi e domani, grande assente Rosario Crocetta, vanno in scena le iniziative in memoria delle vittime della strage, in una Palermo infuocata dalle rivelazioni dell’Espresso, secondo cui esisterebbe un’intercettazione tra il governatore della Sicilia, che si è autosospeso dall’incarico, e il chirurgo plastico Matteo Tutino in cui quest’ultimo si dice convinto che Lucia Borsellino, figlia del giudice ed ex assessore regionale alla Sanità, «vada fatta fuori come suo padre».

Manfredi Borsellino: «Mia sorella consapevole di ostilità»
Alla commemorazione organizzata nel primo pomeriggio al Palazzo di Giustizia dall’Associazione nazionale magistrati tanti volti delle istituzioni: il capo dello Stato Sergio Mattarella, i ministri Angelino Alfano e Andrea Orlando, il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, il pg Roberto Scarpinato, il presidente della Corte d’appello di Palermo Gioacchino Natoli, il presidente dell’Anm Rodolfo Sabelli e il capo della polizia Alessandro Pansa. Presente a sorpresa anche il figlio del giudice ucciso, Manfredi, che ha parlato della sorella Lucia, assente: «Da oltre un anno mia sorella Lucia era consapevole del clima di ostilità e delle offese subite solo per adempiere il suo dovere, in corsi e ricorsi drammatici che ricordano la storia di mio padre».

«Calvario simile a quello vissuto da mio padre»
Parole durissime, quelle usate da Manfredi: «Non credevo che la figlia più grande di mio padre, quella con cui mio padre dialogava anche solo con lo sguardo, dopo 23 anni dalla morte del padre dovesse vivere un calvario simile a quello del padre, nella stessa terra che elevato mio padre suo malgrado a eroe». E ancora: «Lucia si è trovata a operare alla guida di uno dei rami più delicati della Regione, mia sorella Lucia ha portato la croce e tante persone possono venire a testimoniarlo, fino al 30 giugno di quest’anno». Quando si è dimessa, con sofferenza: «Lucia è rimasta assessore fino al 30 giugno perché ama a dismisura il suo lavoro e voleva davvero una sanità libera e felice», ha detto Manfredi tra le lacrime. «È rimasta per amore di giustizia, poi non ce l’ha fatta più non so con quale forza ha tollerato».

Sulle sue dimissioni «silenzio sordo delle istituzioni»
Poi l’accusa: «La lettera di dimissioni con cui mia sorella Lucia ha lasciato l’assessorato - ha denunciato il figlio del giudice Borsellino - ha prodotto il silenzio sordo delle istituzioni, soprattutto regionali. Ma quella lettera dice tutto e andrebbe riletta». Rivolgendosi a Mattarella, Manfredi ha concluso: «Presidente, oggi sono qui per lei, perché lei è tra quelli che non solo ha il nostro vissuto, ma è stato punto di riferimento per mio padre e la mia famiglia». E il capo dello Stato si è alzato e lo ha abbracciato.

La replica di Crocetta
«Poteri forti volevano far saltare Lucia Borsellino sul caso della piccola Nicole, per poi far saltare me». Così il governatore della Sicilia, Rosario Crocetta, ha rivelato all'Ansa il tentativo «di ambienti politici siciliani» di far entrare nella commissione ministeriale su Nicole l'ex manager di Villa Sofia, Giacomo Sampieri.

«Se qualcuno mi chiede di espiare una colpa che non ho, lo farò; se qualcuno vuole che io insozzi la mia vita per quella colpa, lo farò; se qualcuno vuole la mia vita per riparare a quella colpa che non ho, io la darò. Tutto accetterò tranne che morire come un pezzo di merda in un letto», ha detto Crocetta, che - dopo il duro intervento di Manfredi Borsellino, che ha contestato «il silenzio sordo delle istituzioni, soprattutto regionali», e la solitudine e il calvario della sorella, costretta «da un anno» a portare la «croce» delle ostilità e delle offese» - ha aggiunto: «So benissimo che cosa significa gestire un mondo come quello della sanità siciliana. Per questo ho chiamato Lucia alla guida dell'assessorato. Con lei ho condiviso il calvario e la sofferenza che derivano dallo scontrarsi con certi interessi. E non l'ho mai lasciata sola».

Alfano: «Io credo al procuratore di Palermo»
Alfano ha prima inaugurato la nuova sede del commissariato di polizia “Porta Nuova” in corso Calatafimi. «Io credo a Lo Voi», ha detto. Francesco Lo Voi è il procuratore di Palermo, che ieri ha ribadito la smentita ufficiale della procura (l’intercettazione «non è agli atti di alcun procedimento di questo ufficio e neanche tra quelle registrate dal Nas») e che oggi ha promesso: «La famiglia Borsellino merita delle risposte e le avrà». «Se l’intercettazione non è vera come dice Lo Voi, chi ha fabbricato la bufala si deve dimettere», ha aggiunto il ministro. Alla commemorazione Alfano ha ricordato che «la vita e la morte di Paolo Borsellino sono un pezzo fondamentale della storia del nostro Paese. L’appuntamento di oggi è importante anche per ciò che ha detto Manfredi Borsellino, ma ragioni di prudenza istituzionale mi trattengono dalle troppe parole di consenso che avrei da dire».

«Se ci sono altri magistrati che sanno, parlino»
Il settimanale ha confermato tutto, sostenendo che le intercettazioni fanno parte «dei fascicoli segretati di uno dei tre filoni di indagine in corso sull’ospedale Villa Sofia di Palermo», in cui Tutino lavora. Alfano si è rivolto alle altre procure: «Se ci sono altri magistrati che sono in possesso dell’intercettazione tra Crocetta e Tutino, la cui esistenza è stata smentita dalla Procura di Palermo, che lo dicano. L’incertezza crea un clima insopportabile. Se quelle Procure non le tirano fuori in modo trasparente allora si tratta di uffici che non fanno il gioco dello Stato».

«Straordinaria antimafia delle leggi»
Il prima e il dopo Via D’Amelio, ha osservato Alfano, non è stato solo di parole: «C’è stata una straordinaria antimafia delle leggi: cattura dei latitanti, carcere duro, aggressione dei patrimoni culturali e adesso la grande sfida della restituzione alla società dei beni confiscati. Inoltre, con le misure contenute nel decreto sulla pubblica amministrazione stiamo rafforzando gli strumenti di vigilanza, dando maggiori poteri ai prefetti. Nelle misure c’è una particolare attenzione alla salvaguardia della produttività delle imprese confiscate. Questo perché non si dica che la mafia dava lavoro e poi lo Stato lo ha tolto».

Il ministro Orlando: «Non tollerate collusioni e zone d’ombra»
Il ministro della Giustizia Orlando è stato netto: «Borsellino ci lascia un senso rigoroso delle istituzioni, argine robusto contro la violenza e ancor più la cultura mafiosa. Non ci sono collusioni o zone grigie che possano essere tollerate». E a suo avviso la lezione più preziosa arrivata dall’attività di magistrato di Borsellino è una:«Mai noi stessi possiamo e dobbiamo dubitare dello Stato». Una fiducia che è «l’argine più alto e più robusto contro la violenza mafiosa e ancor più contro la cultura mafiosa».

Legnini (Csm): la mafia ha cambiato pelle
«La mafia - ha sottolineato il vicepresidente Csm Legnini - dopo gli straordinari successi dello Stato nell’azione di contrasto alimentate da un lavoro eccezionale e intelligente della magistratura e delle forze dell’ordine, ha cambiato pelle ma non per questo è meno pericolosa». «La filosofia delle stragi sembra aver lasciato il passo a tattiche di silenziosa contaminazione del tessuto economico, civile e sociale del Paese».

© Riproduzione riservata