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Il Senato discute la riforma della Rai. Valanga di emendamenti da Lega e M5S

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il ddl in aula

Il Senato discute la riforma della Rai. Valanga di emendamenti da Lega e M5S

È cominciata nell’Aula del Senato la discussione generale sul disegno di legge sulla Rai, che riforma la governance della televisione pubblica prevedendo la nuova figura dell’amministratore delegato al posto del direttore generale e un Cda di sette membri (ora sono nove) due dei quali eletti dalla Camera, due dal Senato, due di nomina governativa e uno designato dall’assemblea dei dipendenti. Domani dovrebbe cominciare domani il voto sugli oltre 1.500 emendamenti presentati, di cui 800 soltanto dalla Lega Nord (i cui senatori si sono tutti iscritti a parlare) e 635 dal Movimento Cinque Stelle. Il cammino inizia impervio, tanto che non si esclude che la votazione finale possa slittare alla prossima settimana. Ma il via libera appare scontato, nonostante i numeri risicati della maggioranza a Palazzo Madama. La legge non arriverà comunque in tempo per il rinnovo dei vertici della Tv pubblica.

I malumori nel Pd: «Mancato il coraggio di innovare»
Il risultato ottenuto dopo le modifiche in commissione scontenta molti. «Capolavoro Rai: Ddl Renzi stravolto, Ad senza poteri, 2/3 Vigilanza per Presidente, direttori testate lottizzati e pure 1500 emendamenti a Senato», ha scritto su twitter il deputato dem Michele Anzaldi, segretario della commissione di Vigilanza Rai . «Si è partiti con un trionfalistico annuncio da Palazzo Chigi con il famoso tweet “Fuori i partiti dalla Rai” e si è arrivati, nonostante l’impegno e la disponibilità all’ascolto dei relatori e del viceministro Giacomelli, a una semplice manutenzione della legge Gasparri», ha detto intervenendo in aula il senatore dem Federico Fornaro (Pd), componente della commissione di vigilanza Rai. Non si è voluto scegliere, a suo avviso, «un modello di governance che avrebbe consentito la netta separazione tra il potere di indirizzo e di controllo, in particolare del servizio pubblico, affidato a un consiglio di sorveglianza, e la gestione ordinaria dell’azienda Rai assegnata ad un consiglio di gestione (nominato dal consiglio di sorveglianza) con un amministratore delegato con pieni poteri». Fornaro, insieme con altri senatori della minoranza, ha ripresentato molti dei venti emendamenti targati Pd e non approvati in commissione.

Forza Italia: «Più poteri al Cda o votiamo contro»
Forza Italia ha ottenuto alcune modifiche in commissione Comunicazioni, a partire dal presidente “di garanzia” che ribadisce il ruolo della commissione parlamentare di vigilanza e da un maggior peso del Cda nelle nomine. Resta il nodo della delega al governo sul riordino della normativa di settore, che Maurizio Gasparri vorrebbe vedere azzerata perché lascerebbe mano libera all’esecutivo. Gli azzurri, consapevoli che sulla Rai è esclusa la fiducia, possono alzare il prezzo e per questo hanno presentato 101 emendamenti, di cui 80 a prima firma dell’ex ministro delle Comunicazioni. «Siamo orientati a un voto contrario al ddl, qualora non vengano introdotte modifiche per un più equilibrato rapporto tra consiglio di amministrazione e ad - ha spiegato Gasparri - perché il servizio pubblico non può essere subordinato al controllo governativo. Insisteremo perché rimanga la centralità del consiglio di amministrazione».

Il “no” alla riforma di Fnsi e Usigrai
Per il sindacato dei giornalisti la riforma della Rai è un’«occasione perduta». Insieme all’Usigrai, la Federazione nazionale della stampa ha lanciato un appello a una «pausa di riflessione» durante l’estate perché governo e forze parlamentari varino un testo più condiviso dagli operatori del settore. Per il segretario della Fnsi Raffaele Lorusso «la riforma andava inserita in un contesto più generale, a partire da una revisione del Sistema integrato delle comunicazioni (il discusso metodo di calcolo delle concentrazioni editoriali introdotto nell’ordinamento dalla legge Gasparri, ndr) e dal conflitto di interessi».
«Questa riforma - ha sottolineato il segretario Usigrai Vittorio Di Trapani - lascia intatto il potere dei partiti e rafforza quello del Governo, e in più, con una parolina, si mette in dubbio la funzione del servizio pubblico, descrivendo la Rai come “attuale” concessionaria. Domani, chissà».

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