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Renzi: a settembre masterplan per il rilancio del Sud, rottamare il…

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Renzi: a settembre masterplan per il rilancio del Sud, rottamare il piagnisteo

Non ha lanciato piani Marshall, Matteo Renzi, né fornito numeri sulle risorse disponibili (quegli 80-100 miliardi di fondi Ue vecchi e nuovi, che comunque il governo conta di riuscire a sbloccare). Alla direzione straordinaria del Pd sul Mezzogiorno, convocata dopo le polemiche innescate dal rapporto della Svimez che ha lanciato l’allarme sul rischio di «sottosviluppo permanente» del Meridione, ha piuttosto invitato a cambiare atteggiamento: bisogna «rottamare il piagnisteo», raccontare «i Sud che funzionano» e dire una volta per tutte che ora un responsabile c’è ed è il Pd, che governa in tutte le Regioni. Un avvertimento alle minoranze, a chi immagina di poter «strumentalizzare la questione a fini interni». In platea anche i big del partito e i governatori del Sud, da Vincenzo De Luca a Rosario Crocetta.

Renzi: «Un masterplan dal Pd entro settembre»
«Sono il primo ad avere consapevolezza del fatto che nessuno di noi oggi potrà trarre delle conclusioni - ha esordito Renzi - perché questa tappa deve costituire il primo appuntamento di una serie: io credo che si debba oggi iniziare una discussione e vi propongo un secondo momento di seminario durante la Festa nazionale dell’Unità (il 5 o il 6 settembre). Proporrei poi che nei dieci giorni successivi, intorno al 15-16 settembre, il Pd uscisse con un masterplan per il Sud frutto di questa discussione lunga un mese».

«Alt alla retorica del Sud abbandonato»
Non arriverà alcun annuncio a effetto, ha chiarito Renzi. «Il rapporto Svimez ha dato dati particolarmente negativi, che vanno dal 2000 al 2013», certo. «Segnala una serie di problemi oggettivi e indubitabili, che vanno affrontati in una prospettiva storica molto ampia. E c’è un tema culturale che sarebbe affascinante da affrontare». Ma stop alla retorica del Sud abbandonato, perché «è autoassolutoria per la classe dirigente del Mezzogiorno», elemento che concorre alla crisi del Sud. «Con la stessa franchezza bisogna dire che nel quindicennio appena trascorso anche noi come centrosinistra siamo rimasti affascinati dal tema della questione settentrionale, perché avevamo da inseguire la Lega al Nord». Due questioni per delimitare il campo da gioco.

«L’Italia è ripartita, il Mezzogiorno no»
Ma la priorità, ha detto Renzi, è la lettura di ciò che accade oggi. Che passa da tre elementi. «Primo punto: l’Italia è ripartita, il Mezzogiorno no. Il Nord ha numeri di crescita veri, reali, concreti. Riscontriamo una inversione di tendenza attesa fin troppo, e chi lo nega non aiuta il Paese». Anche a Sud «si vedono i primi dati positivi, ma del tutto insufficienti». Dunque «non è più il Sud ad aver bisogno dell’Italia, è l’Italia ad avere bisogno del Sud». Ma attenzione: «Non esiste il Sud, esistono i Sud. Nel racconto che noi proponiamo all’esterno i Sud che funzionano sono quasi sempre ignorati, sono occultati».

«Non piegare la questione a fini correntizi»
Il secondo punto, per il premier, «non è la mancanza dei soldi, ma della politica: finché non saremo in grado di affermare la priorità sulla capacità della politica di avere da Roma una visione e sul territorio una leadership che non sia inseguire il consenso, la discussione è chiusa. È un problema politico, quello del Mezzogiorno». Al Pd, che governa tutte le regioni del Mezzogiorno e molti Comuni, Renzi ha chiesto «la responsabilità di prendere per mano il Sud». «È ora di finirla di dire di chi è la colpa, ora è del Pd. Non c’è bisogno di trovare un colpevole ma un responsabile, che è il Pd: l’hashtag di oggi è #zerochiacchiere». Poi l’affondo alle minoranze: «Non bisogna commettere l’errore storico di marcare le differenze tra sé e il resto del partito. Se qui dentro qualcuno immagina di utilizzare il Pd per strumentalizzare la discussione sul Sud a fini interni commette un errore clamoroso, perché la principale opportunità che abbiamo non si piega a fini correntizi: c’è un unico responsabile e si chiama Pd».

«Piagnisteo elemento anti-crescita»
Terzo punto: «Non andremo da nessuna parte se dopo aver elencato le tantissime cose fatte, le cose da fare e le strategie pronte non porremo al centro di tutti i problemi la madre di tutti i problemi: l’investimento nel capitale umano e sull’infanzia negata, con la lotta alla povertà minorile, l'istruzione, la cultura. Ed è il capitale umano il punto chiave per il futuro dell’Italia e del Mezzogiorno». «Quando dico che occorre rottamare il piagnisteo - ha attaccato il premier - non intendo dire che non bisogna denunciare ciò che non va, ma una volta che lo hai fatto ti pagano per risolverlo, il problema. È un elemento anti-crescita per definizione: se abbiamo un racconto di noi stessi basato sulla pigrizia intellettuale di chi non riconosce cosa stiamo facendo non saremo mai credibili».

Da Pompei a Gela, il Sud che funziona
Il segretario premier ha allora citato il Sud che funziona: il Mezzogiorno di Pompei, «dove stiamo lottando contro approccio culturale devastante di una parte minoritaria di alcune sigle sindacali», quello di Olbia «dove si sbloccano 1,7 miliardi di investimenti», quello delle scuole, quello di Eni a Gela, quello di Termini Imerese («partita complicata, siamo pronti a intervenire con i contratti di sviluppo»), quello di Taranto («Tenere aperta l’Ilva, fatto del tutto sottovalutato, è una battaglia quotidiana. Immagino che non ci sarà per sempre un intervento pubblico: prima o poi dovremo restituire questa azienda ai privati»). E ha criticato le resistenze alle opere come il Tap e «la rappresentazione macchiettistica dello Sblocca-Italia»: «L’idea che nell’Adriatico si intervenga nella parte croata e balcanica e da noi non si possa fare non la trivellazione, ma la ricerca e l’esplorazione, per me è inconcepibile». «Fondamentale» è poi portare l’Alta Velocità a Bari e in Calabria: «Non si può fermare a Salerno, non si può fermare a Eboli». E ancora: «Voglio andare con Vincenzo De Luca nella terra dei fuochi dove in tre anni - lui dice due pensando alle elezioni - andremo a togliere le ecoballe. Naturalmente De Luca mi ha chiesto soldi: vediamoci a metà settembre, prima della legge di stabilità».

«Disincagliare ciò che va disincagliato»
Insomma, per Renzi «c’è tanto spazio per intervenire». Manca «l’assunzione di responsabilità da parte nostra». E il Pd ha bisogno di concretezza: «La più grande infrastruttura che verrà sarà la banda larga, per cui ieri il Cipe ha staccato i primi 2,2 miliardi: grazie alla competenza e alla qualità di Enel abbatteremo i costi. Ieri abbiamo stanziato 1,3 miliardi sul dissesto. Dobbiamo disincagliare ciò che va disincagliato». Unico accenno a quei circa 100 miliardi di fondi strutturali europei che potrebbero essere spesi nei prossimi anni, tra i quali i 12,3 non spesi del programma 2007-2013. Ma secondo Renzi non basta: «Non voglio più sentire da un autorevole capo del governo estero, a cui proponevo un bilaterale a Palermo, che a Palermo si spara per la strada: è un racconto frutto di stereotipi, che grida vendetta». Poi la conclusione, il fil rouge dell’intero intervento: «Il responsabile è il Pd. Se falliamo sarà colpa nostra. Se vinciamo, vince l’Italia».

«Lotta alla mafia non è solo tema del Sud»
Nella replica Renzi ha risposto così a chi gli ha contestato di citare poco la lotta alla mafia: «Non possiamo far passare il messaggio che il tema della legalità sia solo quando si cita il Mezzogiorno. Si svilirebbe tutto il ragionamento fatto sul Sud». Ha accolto la richiesta di Roberto Speranza di un gruppo di lavoro dedicato: «Disponibilità totale». E a fine direzione si è mostrato soddisfatto, anche perché ha incassato la disponibilità a collaborare di governatori come De Luca e Michele Emiliano (Puglia), certo non renziani Doc. Il concetto è ribadito compattando il partito: «Il Sud ha tutto per poter ripartire». Ora c’è un mese di tempo per passare dalle parole ai fatti, e sfornare il masterplan prima della legge di stabilità.

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