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Cdp: investire sugli aeroporti, anche attraendo capitali privati.…

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report di cassa depositi e prestiti

Cdp: investire sugli aeroporti, anche attraendo capitali privati. Per il piano nazionale servono 80 miliardi

Gli aeroporti italiani hanno bisogno di investimenti, pubblici ma soprattutto privati. Non tanto per attuali deficit di capacità quanto per prepararsi al futuro (al 2030 i passeggeri potrebbero raggiungere i 170 milioni contro i 150 milioni del 2014) e per razionalizzare il sistema, che vale il 3,6% del Pil. Altrimenti «entro i prossimi 10 anni i problemi di congestione degli scali potrebbero determinare un decadimento dei livelli di servizio e ripercussioni su economia e competitività nazionale». Parola di Cassa depositi e prestiti, che dedica uno dei suoi “studi di settore” proprio al sistema aeroportuale italiano.

La mappa del sistema aeroportuale
Nel dossier c’è innanzitutto la fotografia del sistema, un unicum in Europa per «l’elevata presenza, accanto ai due hub di Roma Fiumicino e Milano Malpensa, di infrastrutture di medie dimensioni, ovvero di aeroporti che gestiscono flussi di traffico compresi tra 1 e 5 milioni di passeggeri per anno». L’Italia conta 112 scali operativi, di cui 90 aperti solo al traffico civile, 11 a uso misto e 11 dedicati solamente al traffico militare. Nel 2014 il 55,6% dei passeggeri e il 51,1% dei movimenti di aerei si concentrano nei primi cinque scali: Fiumicino, Malpensa, Linate, Bergamo e Venezia. Siamo quinti in Europa per infrastrutture e volumi di traffico. La nostra peculiarità - sottolinea Cdp in tutto il volume - è l’elevata diffusione di aeroporti di media grandezza. Che certamente deriva da fattori geografici ma «troppo spesso sembra il riflesso dell’inadeguatezza delle infrastrutture viarie e ferroviarie». E che oggi, in tempi di liberalizzazione, «può rappresentare un elemento di fragilità» perché la condotta dei gestori «è significativamente influenzata dal rapporto con le compagnie aeree e dalla capacità di attrarre nel proprio scalo passeggeri e merci».

Nel Piano aeroporti interventi da 80 miliardi
Ne deriva un sistema «frammentato e disorganico» e la competizione che si è scatenata tra gli aeroporti minori per acquisire le rotte dei vettori low cost «ha introdotto elementi di forte distorsione del mercato». Il Piano nazionale degli aeroporti, approvato a settembre 2014, cerca di mettere ordine individuando una serie di interventi «il cui ammontare è pari a circa 80 miliardi di euro»: il 48% per l’accessibilità viaria, il 41% per l’intermodalità e solo l’11% per misure infrastrutturali in senso stretto. Progetti in gran parte a carico degli enti locali, delle amministrazioni centrali, delle società concessionarie autostradali o del gestore della rete ferroviaria.

A Fiumicino la situazione più critica
Senza interventi, avverte Cdp, ne va della competitività del nostro sistema. Il caso Fiumicino lo ha dimostrato e il dossier lo riconosce: nel principale scalo italiano sono necessari «interventi su piste, piazzali e aerostazioni» per «ridurre i fenomeni di congestione e evitare ripercussioni sulla capacità commerciale».

Più capitali privati sugli scali maggiori
Il nodo è dunque quello di reperire le risorse necessarie. La ricetta di Cpd è chiara: va incoraggiato l’ingresso di capitali privati concentrandoli sugli scali maggiori e affidando al tempo stesso alla «maggioranza pubblica tutte quelle gestioni in cui lo scalo di fatto sopperisce a carenze infrastrutturali di altre modalità di trasporto». Perché “piccolo non è bello”, dal punto di vista del business, e la variabile strategica è quella dimensionale: più uno scalo è grande più aumenta il potere negoziale delle società di gestione e più si possono rafforzare i ricavi “non aviation”. Ma in ogni caso il disegno deve essere quello di aumentare la dimensione operativa dei nostri scali. Come? Agendo sui collegamenti intermodali (perché attraggano più traffico) e consolidando i gestori che potrebbero realizzare economie di scopo anche partecipando al capitale di società che operano su aeroporti non contigui.

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