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Scandalo a Roma, funerale con la musica del «Padrino» per il…

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chiesa e malavita

Scandalo a Roma, funerale con la musica del «Padrino» per il boss Casamonica

Una carrozza d'epoca trainata da sei cavalli, un corteo di 12 Suv e limousine, un elicottero che sorvola la zona e lascia cadere petali rossi. Come sottofondo sonoro il motivo della colonna sonora di The Godfather («Il Padrino») di Francis Ford Coppola eseguito da una banda musicale. Parrocchia San Giovanni Bosco, quartiere di Cinecittà: non siamo su uno dei molti set cinematografici ospitati da Roma ad agosto ma a un funerale. La folla è qui per dare gli estremi onori a Vittorio Casamonica, 65 anni, maggiorente dell'omonimo, noto e temuto clan romano composto da famiglie sinti, originario dall'Abruzzo e attivo nella Capitale a partire dagli anni '70 con una specializzazione prima su racket e usura, poi nel commercio della droga che porta l'organizzazione a contatti e alleanze con la 'ndrangheta e la Banda della Magliana (Vittorio Casamonica ne fu per un periodo l'addetto per il recupero credito). Le esequie si concludono con lo stesso sfarzo con cui erano iniziate: la bara viene caricata su una Rolls-Royce mentre la banda riprende a suonare un altro motivo evocativo, quello del capolavoro di Stanley Kubrick «2001 Odissea nello spazio».

I siti web cominciano a diffondere le immagini dell'“evento” (la notizia finisce anche sul New York Times) che va in scena proprio il giorno successivo alla fissazione della prima udienza del maxi-processo su Mafia Capitale (vicenda nella quale il nome dei Casamonica compare più volte). La quiete agostana si dissolve in un attimo e la polemica decolla all'istante. «Roma trasformata in un set del padrino è uno sfregio», attacca per primo il commissario romano del Pd Matteo Orfini. Quanto accaduto «è una offesa a Roma e dimostra che la mafia a Roma esiste», dichiara subito dopo il vicesindaco Marco Causi. Per Rosy Bindi (Pd), presidente della commissione Antimafia, «è allarmante che il funerale di un esponente del clan Casamonica, coinvolto in numerose inchieste sulla criminalità romana e su Mafia Capitale, si sia trasformato in una ostentazione di potere mafioso».

Le scene hollywoodiane creano imbarazzo nel Vicariato di Roma che sottolinea però come il diritto canonico non obbligava il parroco a rifiutare la celebrazione. E le gigantografie con le foto del boss ritratto con le vesti del Papa e le scritte “Hai conquistato Roma, ora conquista il paradiso”? «Quello che è accaduto fuori dalla chiesa non è di competenza del parroco e, a sua insaputa, durante la celebrazione, sono stati affissi manifesti». Spiegazioni che non servono ad arginare una marea ormai inarrestabile. Anche perché si scopre che la Don Bosco è la stessa chiesa che nel 2006 negò i funerali a Piergiorgio Welby, il malato di Sla in fase terminale eretto a simbolo dell'eutanasia che chiese ai sanitari di staccare la spina. Non solo: in quella stessa parrocchia nel '90 fu celebrato il rito funebre di un altro boss, questa volta della Banda della Magliana: Renato De Pedis.

È sera quando il sindaco di Roma Ignazio Marino interviene - via social network, non è in città - per informare di aver «chiamato il Prefetto perché siano accertati i fatti con il dovuto rigore». «È intollerabile che i funerali siano strumenti dei vivi per inviare messaggi mafiosi» aggiunge il primo cittadino. In serata l'intervento del ministro dell'Interno Angelino Alfano (Sel annuncia un'interrogazione) che chiede al prefetto di Roma Franco Gabrielli una relazione sulla vicenda. Della quale, aveva ammesso poco prima lo stesso Gabrielli, «la Prefettura non aveva alcuna contezza». All'oscuro anche la Questura («Nessuna notizia relativa allo svolgimento dell'evento era stata comunicata») che ha avviato accertamenti con l'Enac sul sorvolo e il lancio di petali da parte dell'elicottero.

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