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Ciclismo, lo slovacco Peter Sagan campione del mondo su strada

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CICLISMO

Ciclismo, lo slovacco Peter Sagan campione del mondo su strada

Visto che siamo in tempo di eclissi, anche la nazionale di ciclismo si oscura. Un buio totale. Come l'Inter ieri sera. E lo fa nel momento meno adatto, e cioè quando il mondiale di Richmond, a circa due chilometri dal traguardo, finalmente s'illumina. Siamo al penultimo strappo e qui Peter Sagan, 25 anni, un talento immenso in cerca di definitiva certificazione, trova il modo per togliersi quel fastidioso bollino di eterno secondo che, come si sa, quando ti si appiccica addosso, non te lo toglie più nessuno.

No, Sagan non è un Raymond Poulidor o un Gaetano Belloni, due corridori famosi per aver perso in carriera tanti attimi fuggenti. No, Peter Sagan, slovacco della Tinkoff Saxo, questa volta non si lascia sfuggire la grande occasione della sua vita. E così se ne va come sa fare lui quando innesta il turbo: una sgommata e via.

Per un po' Gilbert e Boisson Hage cercano di stargli dietro, ma poi, quando Sagan allunga, non ce la fanno più. E si staccano. Troppo forte lo slovacco che, per la prima volta, regala un mondiale al suo paese. Peter va, bevendosi con forza l'ultimo chilometro prima del traguardo. Il gruppo cerca di rimontarlo, ma è tutto inutile.
Secondo si piazza l'australiano Michael Matthews, uno dei favoriti. Il terzo posto al lituano Ramunas Navardauskas, giusto per ribadire che a far brillare questo mondiale americano sono state le luci dell'Est.

E così, eccoci qua, nel nostro cono d'ombra, con il 18esimo posto di Giacomo Nizzolo (primo degli italiani)a far di nuovo i conti con un altro fallimento degli azzurri. L'ottavo della serie visto che non vinciamo dal mondiale di Varese 2008. Ormai dire che facciamo cilecca è diventato perfino noioso. Bisogna riscrivere sempre lo stesso pezzo.
Questa volta, paradossalmente, non abbiamo sbagliato nulla. Fino allo strappo di Sagan, gli azzurri erano quasi tutti ben posizionati secondo il piano prestabilito da Davide Cassani, al suo secondo flop alla guida della Nazionale. Il problema è che quando il gioco si è fatto duro, i nostri eroi sono spariti nel nulla. Dissolti, non pervenuti. Nel momento topico, insomma, ce ne siamo tornati nello spogliatoio a bere un bel tè caldo. Come direbbe un medico cinico: l'operazione è riuscita, ma il paziente è morto.

Si potrebbe aggiungere che Viviani, la punta più veloce, ha sparato troppo presto la sua cartuccia. Che Ulissi non è mai stato in partita. Che Vincenzo Nibali c'era ma non c'era, nel senso che non ha fatto ne il mediano, né il goleador. È rimasto a metà, incerto fino all'ultimo sul da farsi. La verità? Che non era un mondiale adatto a lui. E che forse era meglio lasciarlo a casa. Tutte cose facili da scrivere, ma non da farsi, perché Nibali è l'unico corridore di statura di questa nazionale come ha dimostrato, se ce ne fosse stato bisogno, nelle ultime corse prima del Mondiale.

Insomma, non vinciamo più perché, da tempo, non abbiamo più corridori da classiche. E il Mondiale, come si sa, è la classica delle classiche. Una corsa di un giorno dove per vincere non basta avere uno squadrone al tuo servizio. Chi ha aiutato Sagan? Nessuno. Lo slovacco praticamente ha corso da solo. Solo che Sagan è un Campione. E i Campioni sono dei tipi strani che non amano pedalare in gruppo.

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