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Juve bella di Champions: i quattro motivi che trasformano la squadra. E…

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Juve bella di Champions: i quattro motivi che trasformano la squadra. E in campionato...

Mi spiace doverlo sottolineare, ma l’avevo detto. O meglio, per essere precisi, l’avevo scritto. Più volte. Il rientro di Khedira era l’elemento chiave per poter davvero iniziare a dare un giudizio sulla Juventus di quest’anno. Di certo è difficile conciliare l’immagine dimessa che i bianconeri mostrano nel campionato italiano con quella da top team che viene rimandata dalle dirette di Champions League.

Di certo è altrettanto difficile conciliare la sconfitta contro l’Udinese o il pareggio contro il Frosinone con le belle vittorie che la Vecchia Signora ha raccolto in casa del City e, ieri sera, allo Stadium contro il Siviglia: spagnoli regolati per 2-0, con gol di Morata e Zaza, e fine delle trasmissioni. Con la promozione agli ottavi ormai a un passo, visto il doppio scontro diretto in programma nelle prossime due giornate contro i deboli tedeschi del Borussia Mönchengladbach, ancora inchiodati a zero punti dopo l’1-2 incassato in casa contro il Manchester City del rientrante Aguero. Difficile crederlo, ma le cose stanno così. Per almeno quattro buoni motivi: vediamoli.

Primo: Khedira. Tutto il mercato della Juventus ruotava intorno al tedesco. Vero che oltre a Pirlo c’erano da sostituire anche Tevez e Vidal, ma per Allegri il nodo della questione era tutto lì, in mezzo al campo. Perché nella scorsa stagione il tecnico bianconero si era più volte accorto che Pirlo non reggeva più i ritmi del pressing avversario, arretrando troppo spesso alle spalle della difesa per cercare un po’ di libertà. Ma così facendo esponeva la linea difensiva agli inserimenti degli attaccanti avversari, rendendo vano qualsiasi tentativo di applicare in modo corretto la tattica del fuorigioco. Khedira era per Allegri la soluzione ideale. Piedi buoni, quasi come Pirlo; semplicità e linearità nelle giocate e, soprattutto, un fisico in grado non solo di non farsi intimorire dagli avversari, ma addirittura di ottenere l’effetto opposto. Si è visto ieri sera contro il Siviglia, anche se il tedesco non giocava una gara vera da quasi sei mesi. Il centrocampo ha improvvisamente trovato un suo equilibrio: Hernanes è tornato di colpo a giocare in modo sufficiente, Pogba si è liberato dal fardello di dover fare per forza qualcosa di importante. E senza l’obbligo di doverlo fare, lo ha fatto davvero. Quando tornerà anche Marchisio la Juventus sarà la vera Juventus. E saranno dolori per molti.

Secondo motivo: Allegri. Il tecnico bianconero è più portato per le competizioni internazionali, dove conta la partita secca, che per le lunghe e spesso noiose cavalcate tipiche del campionato italiano. Anche l’anno scorso, pur vincendo lo scudetto, la Juventus è rimasta lontana dal record di punti fatto con Antonio Conte, che al contrario dava il meglio di sé proprio nei tornei lunghi. Allegri ama lo scontro diretto con avversari di nome, preferisce preparare partite dove la vittoria si costruisce con la violenza delle mosse degli scacchi e non con l’astuzia del rimpiattino. È sempre successo, anche quando allenava il  Milan: che riusciva a figurare bene in Champions nonostante le difficoltà in campionato. A chi fosse sfuggito, ieri sera la Juventus ha letteralmente distrutto gli avversari con la bellezza di venti tiri scagliati contro la porta avversaria, sei dei quali nello specchio e due tradotti in gol. E di fronte c’era il Siviglia, non l’ultimo arrivato, che pure si è limitato a un solo tiro nello specchio della porta difesa da Buffon.

Terzo motivo: la psicologia. O per meglio dire l’atteggiamento mentale dei giocatori quando, come sottolineava qualche anno fa Galliani a proposito dei rossoneri, sentono la musichetta della Champions. Quattro scudetti vinti di fila creano una certa nausea, un po’ come sedersi per quattro volte di fila al tavolo di un ristorante e trovare sempre spaghetti al pomodoro. Alla fine cerchi un risotto. La Champions ha un fascino diverso: dopo un’indigestione di campionati la vetrina europea resta l’unico terreno di conquista davvero irrinunciabile, anche perché si tratta di un terreno sul quale storicamente la società bianconera non raccoglie in proporzione rispetto a quanto fatto all’interno dei confini italiani. La finale giocata (e persa in modo più che onorevole) lo scorso anno non ha fatto altro che rinforzare questa convinzione. Non siamo ai livelli dell’ossessione che aveva il Real Madrid nei confronti della “decima” ma poco ci manca. E quando i giocatori scendono in campo si vede.

Quarto motivo: gli avversari. Che, a differenza di quelli italiani che nove volte su dieci si chiudono a riccio sperando di non prenderle, giocano novanta minuti a viso aperto sfidando la Juventus alla pari. Proprio quello che Allegri desidera: anche perché si tratta di un terreno dove le squadre sicuramente più forti dei bianconeri, a livello europeo, si contano sulle dita di una mano. Non deve sfuggire che nelle brutte prestazioni in campionato Buffon e compagni hanno spesso dominato dal punto di vista delle azioni costruite e poi non tradotte in rete. La mancanza di concentrazione, a causa dell’atteggiamento mentale di cui sopra, ha spesso fatto la frittata. Così come ha sicuramente influito il peso delle molte assenze che hanno falcidiato la rosa nelle prime fasi di questa stagione.

Adesso, come accennato, arriva il doppio scontro con il Borussia Mönchengladbach: scontro che potrebbe (e nella logica delle cose dovrebbe) dare alla Vecchia Signora la certezza del passaggio del turno e la possibilità di tornare a concentrarsi, almeno fino a Primavera, sulle partite di Serie A.

P.S. A proposito di Serie A, nonostante la partenza terrificante continuo a credere che i bianconeri siano i favoriti per la vittoria finale. Troppo divario di qualità tra le rose disponibili, divario che si vedrà in modo chiaro quando tutti gli assenti torneranno a disposizione di Allegri. L’effetto Khedira si è già visto, basta aggiungere Marchisio e Mario Mandžukić per completare il quadro. E capire che gli spaghetti al pomodoro del campionato, sebbene colpiti da «effetto noia», potrebbero finire di nuovo tra le fauci juventine.

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