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Unioni civili, nuovo testo Pd. Ma centristi attaccano: modifiche…

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scontro nella maggioranza in senato

Unioni civili, nuovo testo Pd. Ma centristi attaccano: modifiche non concordate

Resta teso il clima nella maggioranza sulle unioni civili, su cui si profila un nuovo scontro. Ieri sera, in Senato, il Pd ha fatto sapere di aver depositato un nuovo testo rispetto al precedente elaborato dalla relatrice Monica Cirinnà, ma i centristi di Area popolare continuano a respingerlo. «Il nuovo ddl Cirinnà - sostiene Maurizio Sacconi - riproduce sostanzialmente l'originaria impostazione del riconoscimento della genitorialità omosessuale e dell'omologazione tra unioni civili e matrimoni, anche se riduce l'esatta sovrapposizione tra i due istituti». Il testo, quindi, non convince i cattolici di Ap perché mantiene una delle norme più invise ai centristi che permetterebbe l'adozione dei figli del partner, la cosiddetta “stepchild adoption”.

Cirinnà: depositato nuovo ddl unioni civili, in aula dopo riforme
Il nuovo testo del ddl sulle unioni civili andrà in aula dopo le riforme costituzionali. Lo ha fatto sapere la relatrice Monica Cirinnà del Pd, spiegando: «Ho presentato ieri un nuovo disegno di legge che ripropone il testo base adottato dalla Commissione giustizia nello scorso marzo e recepisce alcune modifiche suggerite dalle audizioni dei costituzionalisti e dal lavoro di elaborazione degli ultimi mesi». Cirinnà ha chiarito cosa prevede il nuovo testo: «Nell'ordinamento giuridico italiano ci sarà il riconoscimento pieno delle coppie composte da persone dello stesso sesso, questo avverrà attraverso un nuovo istituto giuridico di diritto pubblico, denominato Unione civile». Nessun passo indietro sul riconoscimento dei diritti sociali. Stepchild adoption (estensione della responsabilità genitoriale sul figlio del partner) e reversibilità della pensione restano previsti, così com'erano.

Le modifiche apportate
Cosa cambia, quindi? «Non più un registro ad hoc per le unioni civili, le coppie saranno iscritte, più correttamente, nell'archivio dello stato civile; soppressi alcuni rimandi agli articoli del codice civile che regolano il matrimonio: i diritti e i doveri delle coppie unite civilmente sono elencati negli articoli 3 e 4 che si riferiscono alla vita familiare e agli obblighi di mutua assistenza e di contribuzione ai bisogni comuni e ai diritti sociali derivanti dalla condizione di coppia, sono previsti i diritti successori dei coniugi. Le leggi, gli atti aventi forza di legge, i regolamenti e i contratti collettivi, ove si riferiscono al matrimonio e ai coniugi si applicheranno anche alle parti dell'unione civile». La differenza sostanziale rispetto al vecchio testo Pd è comunque la soppressione dei riferimento al matrimonio, nel nuovo articolato si userebbe infatti l'espressione «formazioni sociali».

Sacconi: nuovo ddl errore, modifiche non concordate
«Le modifiche apportate - dichiara Maurizio Sacconi, presidente della Commissione lavoro del Senato - non sono state oggetto di alcun negoziato con Ncd. Rimane il macigno divisivo della genitorialità e della legittimazione dell'utero in affitto che noi chiediamo anzi di perseguire come reato universale». «In queste condizioni l'iscrizione nel calendario dell'Aula senza relatore è inaccettabile - conclude - perché la Commissione rimane il luogo dell'approfondimento e del confronto altrimenti negati. Sarebbe poi un errore politico introdurre tensioni nella maggioranza in una fase dedicata alla riforma costituzionale e alla manovra economica».

Unioni civili, Lupi: dal Pd una inaccettabile forzatura
Attacca anche Maurizio Lupi, presidente dei deputati di Area popolare, che in una nota dichiara: «La nuova versione del ddl Cirinnà sulle unioni civili è una inaccettabile forzatura di cui non comprendo il senso. Il Partito democratico, avallandola, sta sprecando un'occasione, non quella di ottenere una legge purchessia con maggioranze spurie, ma di fare insieme una buona legge. Introdurre tensioni nella maggioranza continuando ad alzare asticelle divisive non è un buon servizio né al governo né al Paese».



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