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Il salasso energetico dell'Italia? Si può tagliare del 90%

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ECONOMIA VERDE

Il salasso energetico dell'Italia? Si può tagliare del 90%

ROMA - Da vittime mondiali della dipendenza energetica a faro dell'autonomia nazionale. Grazie alle rinnovabili, alle tecnologie efficienti, alle reti intelligenti capaci di scambiare elettroni autoprodotti con le grandi centrali di generazione quando meglio conviene alla comunità. Si può fare. E il risultato sarà tanto mirabolante quanto apparentemente incredibile: il percorso della decarbonizzazione dell'Italia potrebbe portarci nel 2050 ad una bolletta energetica (l‘esborso complessivo del nostro paese per comprare petrolio, gas e prodotti raffinati) che dai 45 miliardi di euro del 2014 scenderà ad appena (si fa per dire) 9 miliardi, tagliando il salasso energetico verso l'estero di ben 66 miliardi l'anno rispetto al tendenziale, sfrondando nel frattempo dell'80% le emissioni di Co2.

Il multiplo di una manovra di risanamento, e un salto verso l'economia “verde” ben oltre i vincoli degli accordi internazionali sull'ambiente, che se non rispettati ci obbligheranno a pesanti sanzioni. Un regalo epocale, se pensiamo che le più accreditate previsioni indicano per i prossimi ani una ripresa dei consumi e dunque del fabbisogno, che senza correzioni strutturali di rotta nell'impiego dell'energia porteranno il “bollettone” di metà secolo a un netto, tra import ed export, di appunto 75 miliardi di euro.

Banco di prova
Tagliare il salasso di quasi il 90% trasformandoci da super-dipendenti a super- virtuosi? Si può fare davvero. A patto, naturalmente, di mettere in atto interventi coraggiosi e decisi. Impegnatici ma alla lunga assai convenienti per il paese, la sua economia, il suo ambiente, il suo sviluppo complessivo. Ce lo dicono due protagonisti al di sopra di ogni sospetto. L'Enea, che è il nucleo istituzionale dell'analisi e della ricerca applicata ai nostri scenari energetici. E poi, insieme in un ponderoso studio comparato, la Fondazione Enrico Mattei, vicina all'Eni e dunque da ascoltare con sana e curiosa attenzione. Anche perché lo studio “Pathways to deep decarbonization in Italy - 2015” (Percorsi verso la decarbonizzazione profonda in Italia) promette di essere una linea guida per il contributo italiano alla Cop 21, la ventunesima conferenza mondale sui cambiamenti climatici che chiamerà scienziati e politici a Parigi nella prima metà di dicembre.

Gli scenari
Tant'è. Nel rapporto si esplorano convenzionalmente tre possibili scenari di riferimento per la decarbonizzazione del sistema energetico al 2050. Il primo fa perno sul maggior utilizzo di fonti rinnovabili e tecnologie di cattura e stoccaggio della CO2 (CCS). Il secondo privilegia la crescita (con adeguati incentivi sia economici che normativi) dell'efficienza energetica. Il terzo, più conservativo, sconta una limitata disponibilità di tecnologie innovative e fonti alternative. Chiaro che solo una combinazione tra gli elementi dei primi due scenari potrà rendere minimamente credibile l'obiettivo fantasmagorico tracciato nel rapporto.

Che individua cinque linee guida strategiche per un'azione combinata su due fronti: la radicale trasformazione del mix di fonti per la produzione di energia elettrica e nuove e più razionali modalità di consumo dell'energia.
La prima linea strategica riguarda appunto la decarbonizzazione della produzione di energia elettrica e cattura e stoccaggio della CO2. Il target al 2050 è un sistema di generazione elettrica alimentato al 93% da fonti rinnovabili, con un taglio del 97% delle emissioni per singolo chilowattora rispetto ai livelli del 2010. Evitando, anche grazie alle tecnologie di cattura, l'immissione in atmosfera di 25 milioni di tonnellate di CO2.

Le cifre
Il secondo fronte di intervento riguarda l'incremento dell'efficienza, che secondo gli estensori del rapporto potrebbe portare nel 2050 alla riduzione dei consumi primari tra il 28% e il 39% rispetto al 2010, con una diminuzione fra il 56% e il 62% dell'intensità energetica (il rapporto tra energia impiegata e PIL). Il terzo fronte prevede un maggior ricorso all'elettricità come vettore anche negli usi finali dell'energia (l'altissima efficienza delle più recenti pompe di calore avvalora il richiamo) , insieme alle fonti rinnovabili. Così nel settore dei trasporti, ad esempio, si potrebbero ridurre del 60% i consumi di fonti fossili, privilegiando di più il trasporto pubblico e quello marittimo e ferroviario delle merci rispetto a quello su gomma, e spingendo con decisione la diffusione dei veicoli elettrici e di quelli a bio-combustibili.

Nuove sinergie
Il quarto fronte è quello degli investimenti in ricerca, infrastrutture, formazione e informazione. Specie – consiglia il rapporto - nelle reti infrastrutturali e nelle tecnologie trasversali ai diversi settori. Ad esempio le nanotecnologie e i nuovi materiali per rendere più efficienti i processi produttivi. Ce poi, per finire, il fronte della cooperazione internazionale della ricerca e coordinamento delle politiche energetiche e ambientali. Decisivo per “ridurre il costo macroeconomico della decarbonizzazione attraverso un coordinamento delle politiche di mitigazione a livello globale e un sforzo maggiore degli investimenti pubblico-privati in innovazione, tecnologie e infrastrutture in Italia”.

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