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Addio capitano, mio capitano, il mondo dei runners ti piange

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Addio capitano, mio capitano, il mondo dei runners ti piange

Basilica Santa Maria di Lourdes, Milano, ore 11: funerali di Fabrizio Cosi, capitano e fondatore dell'associazione no profit Podisti da Marte. Un mare di gente, dentro e fuori dalla chiesa, non so contarli, e poi che importa? La folla è puntolata di maglie gialle, le maglie marziane, ce ne sono tante, tantissime. Come pure molte sono le facce tirate da allenamenti e commozione. Scarpe da corsa ai piedi. Silenzio statico nella chiesa prima che il prete inizi la funzione. “I cristiani sono come i podisti, corrono verso una meta: quella del bene”. E Fabrizio di bene ne aveva fatto tanto, partendo da una scelta coraggiosa di vita: lasciare il suo lavoro di importante professionista dell'Economia (SDA in Bocconi) per dedicarsi completamente alla sua associazione, Podisti da Marte, appunto. D'altronde è sua la frase-verità: “Non sappiamo quando moriremo, ma possiamo scegliere come vivere”, e lui aveva scelto. La sua idea era sì di fondare un'associazione con scopo di charity, ma anche di diffondere una nuova filosofia sul running, soprattutto nel Milanese: il podista non è solo un rompipalle che la domenica intralcia il traffico con le sue inopportune gare di corsa in città, ma è un “alieno” gentile che corre anche solo per divertirsi. Per questo Fabrizio organizzava ritrovi in pieno centro per corsette di pochi km donando fiori e sorrisi ai passanti stupiti. Sul gambo un bigliettino con indicazioni per poter donare, ogni volta per una causa diversa.

Questa era una delle mille cose che Fabrizio faceva, inutile elencarle qui. Ma torniamo in chiesa. Sul pulpito a parlar di lui si alternano l'assessore allo sport Chiara Bisconti, il fratello maggiore, il nipotino di 13 anni, che dedica allo “zio speciale” una tenerissima poesia, per chiudere la moglie Claudia (“Grazie per avermi scelta, grazie per la felicità”). L'assessore lo ricorda in modo divertente e commosso: “Fabrizio si presenta per la prima volta nel mio ufficio per parlarmi di un progetto di sport; lo ricevo, come mi capita di fare con tanti altri. Solo che lui fa una cosa che nessuno aveva mai fatto prima e che nessuno ha mai fatto dopo: prende la sedia, aggira la scrivania e si siede accanto a me. Occhi grandi e fiumi di parole”. Sorrisi tra il pubblico, la tensione si allenta; è vero, chi lo conosceva sa che Fabrizio era proprio così. “La città una grande palestra, per lui non c'erano limiti che non potessero essere abbattuti. Prendo un impegno: terrò viva la sua visione di sport”. Con voce rotta conclude che a Fabrizio verrà conferita l'alta onorificenza dell'Ambrogino d'oro. Applausi. Un grazie alla persona che rendeva gli altri uomini migliori. Finisce la messa, siamo fuori, ammutoliti, facce conosciute, facce dallo sport, cenni di saluto tra di noi. Non riusciamo ad andarcene, a salutare lui per sempre. Lancio di palloncini gialli verso un cielo dal sole freddo di fine ottobre. Ciao capitano.

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