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Marino ritira le dimissioni: ora verifica

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la crisi di Roma

Marino ritira le dimissioni: ora verifica

«Vedrete, non vi deluderò» aveva detto domenica ai suoi sostenitori che manifestavano in piazza del Campidoglio invitandolo a ripensarci. E ieri il sindaco di Roma Ignazio Marino quella promessa l’ha mantenuta: dopo 17 giorni di «riflessione», sfidando fino all’ultimo il suo stesso partito, ha ritirato le sue dimissioni che, firmate il 12 ottobre scorso, sarebbero diventate effettive lunedì. Retromarcia comunicata con una nota ufficiale e con un tweet. Il primo cittadino tira dunque dritto nonostante l’incontro di mercoledì sera a casa del vicesindaco Marco Causi con il commissario romano e presidente del Pd Matteo Orfini. E sceglie di portare la crisi in consiglio comunale.

«Ritengo ci sia un luogo sacro per la democrazia che è l’aula, il Parlamento di un consiglio comunale. Io sono assolutamente pronto a confrontarmi con la mia maggioranza, a illustrare quanto fatto, le cose positive, gli errori, la visione per il futuro», sono le parole di Marino . «Sono certo che il nostro operato abbia con fatica raggiunto l’obiettivo di ripristinare legalità e trasparenza, ora verifica sulla sussistenza delle condizioni politico-amministrative per proseguire il mandato » scrive poi il sindaco nella lettera in cui ritira le dimissioni. Così il chirurgo dem ha giocato d’anticipo proprio mentre al Nazareno era già in corso un vertice tra Orfini e i consiglieri Pd in Campidoglio sulla linea da tenere: dimissioni di massa se Marino ci avesse ripensato per evitare il confronto in aula e la mozione di sfiducia. Sotto il pressing di Matteo Renzi che, al ritorno dal suo viaggio in Sud America, avrebbe voluto trovare già chiuso il dossier Roma, per aprire con novembre una pagina tutta nuova e dare il via alla gestione commissariale della città e del Giubileo. Ma dopo la notizia del dietrofront del sindaco arrivata a riunione iniziata il nodo si sposta subito sui numeri necessari per far finire la legislatura. Non basta infatti il passo indietro dei 19 consiglieri dem, tra l’altro fino all’ultimo non tutti compatti sulla scelta. Anche nei giorni scorsi, qualcuno aveva mal digerito l’ipotesi di staccare la spina a Marino grazie al supporto determinante dell’opposizione, visto che l’alleato Sel ha già detto il suo no all’ipotesi passo indietro. Per far cadere la giunta e sciogliere l’assemblea capitolina è necessario raggiungere quota 25 consiglieri dimissionari (ossia la maggioranza più uno dei 48 componenti l’assemblea di Roma Capitale).

Alla fine ricompattati i consiglieri Pd (entro oggi «saranno sul tavolo tutte le 19 lettere di dimissioni» assicurano in serata dal partito) altri sarebbero pronti a dimettersi: i due della lista Marchini (Marchini stesso e Alessandro Onorato) e un consigliere del Centro Democratico e Svetlana Celli, della lista Marino, unica a tradire il sindaco (il capogruppo della lista civica, Franco Marino aveva assicurato lealtà da parte dei componenti del suo gruppo). In forse Cosimo Dinoi del Misto e Roberto Cantiani del Pdl. Subito dopo il ripensamento di Marino sono arrivate le dimissioni di sette assessori su 12: immediate quelle del vicesindaco Causi e di quello ai trasporti Stefano Esposito, Luigina di Liegro, Marco Rossi Doria. Pronti a lasciare Alfonso Sabella, fortissimamente voluto da Marino dopo gli arresti di Mafia Capitale, Maurizio Pucci e Giovanna Marinelli. Resistono per ora i “fedelissimi”: Estella Marino, Alessandra Cattoi e Giovanni Caudo.

Marino, di nuovo in sella dalle 16,30 di ieri, in serata ha tenuto una giunta dove è stato approvata la pedonalizzazione integrale per un anno nei week end e nei festivi di via dei Fori imperiali. Pedonalizzazione il cui avvio era stato il primo atto del sindaco chirurgo dopo il suo insediamento.