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Papa Francesco: «Accogliere i gay senza giudicarli»

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Il primo libro da pontefice

Papa Francesco: «Accogliere i gay senza giudicarli»

Il titolo è il messaggio: «Il nome di Dio è misericordia». È in uscita martedì in 86 Paesi il primo libro firmato da Papa Francesco: una lunga intervista concessa da Bergoglio al vaticanista Andrea Tornielli, coedita da Piemme e Libreria Editrice Vaticana. Sorta di “istruzioni per l’uso” all’Anno Santo della Misericordia, il volume oppone la misericordia alle troppe «dogane pastorali» che impediscono alle persone, in particolare ai più piccoli e ai più fragili, di ottenere la grazia dei sacramenti della quale la Chiesa è custode, ma non certo padrona.

Gay: «Vanno accolti, non giudicati»
Papa Francesco affronta ancora il tema dell’accoglienza degli omosessuali. «Io - confida - preferisco che le persone omosessuali vengano a confessarsi, che restino vicine al Signore, che si possa pregare insieme. Puoi consigliare loro la preghiera, la buona volontà, indicare la strada, accompagnarle». Il pontefice ricorda le sue parole del luglio 2013 durante il volo di rientro da Rio de Janeiro: «Avevo detto: se una persona è gay, cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla?». Una parafrasi del catechismo cattolico, sostiene Bergoglio, «dove si spiega che queste persone vanno trattate con delicatezza e non si devono emarginare». E «mi piace - aggiunge - che si parli di “persone omosessuali”: prima c’è la persona, nella sua interezza e dignità. E la persona non è definita soltanto dalla sua tendenza sessuale: non dimentichiamoci che siamo tutti creature amate da Dio, destinatarie del suo infinito amore».

«La Chiesa condanna il peccato ma abbraccia il peccatore»
La missione della Chiesa, spiega Francesco in un altro passaggio, deve essere quella di condannare i peccati, ma «abbracciare il peccatore che si riconosce tale»: «Ogni uomo è un peccatore, anche i Papi. È la misericordia che ci salva. La Chiesa non è al mondo per condannare ma per permettere l’incontro con quell’amore viscerale che è la misericordia di Dio». Lo spirito da recuperare è indicato nel Vangelo: la «festa per il figlio che ritorna». Per questo, ribadisce, «è necessario uscire dalle chiese e dalle parrocchie, uscire e andare a cercare le persone là dove vivono, dove soffrono, dove sperano». Il Papa parla di una Chiesa «ospedale da campo», una «struttura mobile, di primo soccorso, di pronto intervento, per evitare che i combattenti muoiano». Una Chiesa «che riscopre le viscere materne della misericordia e va incontro ai tanti “feriti” bisognosi di ascolto, comprensione, perdono e amore».

Il distinguo: «Peccatori sì, corrotti no!»
Un lungo brano è dedicato ai corrotti, che il Papa critica severamente, anche nell’ipocrisia: «C’è chi va a messa ogni domenica, ma non si fa alcun problema nello sfruttare la sua posizione di potere pretendendo il pagamento di tangenti». «La corruzione - osserva il pontefice - fa perdere il pudore che custodisce la verità, la bontà, la bellezza. Il corrotto spesso non si accorge del suo stato, proprio come chi ha l’alito pesante e non se ne rende conto. E non è facile per il corrotto uscire da questa condizione per un rimorso interiore». La corruzione «non è un atto, ma una condizione, uno stato personale sociale nel quale uno si abitua a vivere», e l’identikit del corrotto è preciso: «È quello che s’indigna perché gli rubano il portafoglio e si lamenta per la scarsità di sicurezza che c’è nelle strade, ma poi truffa lo Stato evadendo le tasse, e magari licenzia i suoi impiegati ogni tre mesi per evitare di assumerli a tempo indeterminato oppure sfrutta il lavoro in nero. E poi si vanta pure con gli amici per queste sue furbizie. il Signore lo salva attraverso le grandi prove della vita, situazioni che non può evitare e che spaccano il guscio costruito poco a poco permettendo così alla grazia di Dio di entrare. Dobbiamo ripeterlo: peccatori sì, corrotti no!».

Alle mamme in Sistina: «Allattate qui»
Oggi Papa Francesco ha battezzato 13 bimbe e 13 bimbi nella Cappella Sistina. E si è rivolto alle mamme, a conclusione dell’omelia in cui ha sottolineato come la fede sia l’eredità più grande che un genitore possa lasciare ai propri figli: «Quando un bambino piange perché ha fame, alle mamme dico: se ha fame, dagli da mangiare qui, con tutta libertà». L’allattamento al seno o con il biberon, del resto, è sempre stato un “protagonista” nelle messe che i papi, all’inizio dell’anno, celebrano nella splendida cappella affrescata da Michelangelo per battezzare alcuni piccoli. All’Angelus il Papa è tornato sul senso del battesimo, sia dei piccoli che degli adulti, e ha assegnato come «compito a casa della settimana» la ricerca della data del proprio battesimo. Prima aveva ricordato che «essere figli di Dio comporta la responsabilità di seguire Gesù, il Servo obbediente, e riprodurre in noi stessi i suoi lineamenti: mansuetudine, umiltà, tenerezza. E questo non è facile, specialmente se intorno a noi c’è tanta intolleranza, superbia, durezza».

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