Lifestyle

Dossier Secondi tempi, per l'Italia del rugby un problema che ritorna

  • Abbonati
  • Accedi
Dossier | N. 70 articoliRugby / Speciale 6 Nazioni

Secondi tempi, per l'Italia del rugby un problema che ritorna

Perdere quattro giocatori entro metà gara contro una squadra più forte e dalla panchina “mostruosa” equivale a finire in un vicolo cieco. Oggettivamente, domenica all'Olimpico non c'era modo di spuntarla contro l'Inghilterra, ma il passaggio dal 9-11 del 40' al 9-40 dell'80' è troppo brusco.

Al di là delle contingenze che hanno giocato a nostro sfavore, c'è da dire che nella storia del Sei Nazioni sono numerosi i crolli azzurri avvenuti nella seconda parte della gara, con parziali mortificanti e, più di una volta, con zero punti all'attivo. La partita peggiore di sempre sotto questo aspetto rimane Inghilterra-Italia del 2001: in svantaggio al riposo 33-23, gli uomini dell'allora ct Brad Johnstone subirono 47 punti nel secondo tempo, senza segnare, per un totale di 80-23. In casa la controprestazione più clamorosa è molto più recente, risalendo all'ultimo match del Sei Nazioni 2015: Italia-Galles 13-14 a metà tempo, 20-61 (parziale della ripresa 7-47) al fischio finale. Il 29-0 subìto domenica scorsa non sale nemmeno sul podio dei peggiori secondi tempi, perché vanno registrati il 34-0 di Galles 2008 (primo tempo 13-8, finale 47-8) e il 31-0 di Irlanda 2014 (primo tempo 17-7, finale 48-7).

Su 81 match del Sei Nazioni giocati, sono una ventina quelli che hanno fornito l'illusione di un confronto equilibrato per concludersi con divari consistenti a nostro sfavore. E in queste circostanze per oltre 10 volte gli Azzurri non sono riusciti a segnare nemmeno un punto dal 41' all'80'.

Né si possono riscontrare segni di particolari evoluzioni dal 2000 a oggi: il problema si è registrato almeno una volta nel corso di 13 tornei su 17 (considerando anche quello in corso). Nei primi anni si pensava che il gap fosse ancora in buona parte determinato da fattori fisici, ma adesso molto è stato fatto per ridurre le distanze. La mancanza di intensità negli incontri giocati a livello di club settimana dopo settimana non dovrebbe più essere un gravissimo problema, visto che quasi tutti i giocatori della Nazionale disputano il Pro12 contro le migliori selezioni di Irlanda, Scozia e Galles, per non parlare di chi gioca in Francia o in Inghilterra.

E allora? Sul fattore tattico-psicologico punta Carlo Orlandi, tallonatore dell'Italia ai tempi d'oro di Georges Coste, poi allenatore della mischia azzurra con i ct Kirwan, Berbizier, Mallett, Brunel, e ora - sempre in ambito Fir - coordinatore tecnico del rugby di alto livello giovanile. «Io penso – spiega - che un problema grosso sia quello del non sapere gestire il punteggio. Se siamo testa a testa con l'Inghilterra, non possiamo comunque pensare di valere quanto loro. Soprattutto non dobbiamo avere fretta, non si devono improvvisare giocate difficili o rischiose, a meno che la situazione del momento le renda davvero attuabili».

Il riferimento, nel caso specifico, può essere a una rimessa laterale giocata velocemente o a un calcio che si è tentato di piazzare anziché usarlo per spostare il gioco vicino alla linea di meta ospite. Ma è chiaro che Orlandi non si riferisce solo all'ultima partita. «In generale – dice – si tratta di capire quando conviene prendere tempo e quando si deve puntare innanzitutto a stare nella metà campo avversaria. Niente frenesia, non è necessario segnare quando manca, poniamo, mezzora alla fine. Neanche gli All Blacks ci provano a tutti i costi, perché sanno che la vittoria matura con i suoi tempi. D'altronde, quasi tutti i nostri successi nel Sei Nazioni sono venuti nel finale: l'importante quindi è restare in partita, cercando, questo sì, di limitare i danni quando cominciano i cambi, perché spesso quelli degli altri sono di maggiore qualità».

Insomma, concentrazione fino all'ultimo e capacità di cogliere le occasioni quando si presentano. «Se pensassimo che il problema è quello della tenuta fisica - è la conclusione - non ci spiegheremmo perché riusciamo a vincere certe partite in volata, a deciderle a nostro favore negli ultimi minuti. La verità è che la situazione di equilibrio ti aiuta con tanta energia mentale in più, e la fatica non si sente così tanto».

Intanto, oggi è arrivata la lista dei convocati per preparare l'incontro con la Scozia, in programma sempre a Roma sabato 27 febbraio. Guardando alla lista dei 31 giocatori chiamati da Jacques Brunel le due novità, relativamente al Sei Nazioni 2016, sono i recuperi di Leonardo Ghiraldini (che prende il posto di Ornel Gega, unico infortunato di domenica rimasto indisponibile) e di Luca Morisi. Anche David Odiete, che si era fatto male nel corso della gara con l'Inghilterra, è di nuovo arruolato.

Il gruppo azzurro
Piloni:
Martin Castrogiovanni (Racing 92 Paris); Dario Chistolini, Andrea Lovotti (Zebre), Lorenzo Cittadini (London Wasps); Matteo Zanusso (Benetton Treviso)
Tallonatori: Leonardo Ghiraldini (Leicester Tigers), Davide Giazzon (Benetton Treviso)
Seconde linee: Valerio Bernabò, George Fabio Biagi (Zebre); Marco Fuser (Benetton Treviso)
Terze linee: Francesco Minto, Abraham Steyn, Alessandro Zanni (Benetton Treviso); Sergio Parisse, capitano (Stade Francais Paris); Jacopo Sarto, Andries Van Schalkwik (Zebre)
Mediani di mischia: Edoardo Gori (Benetton Treviso); Guglielmo Palazzani (Zebre)
Mediani di apertura: Carlo Canna, Edoardo Padovani (Zebre)
Centri/ali/estremi: Mattia Bellini (Petrarca Padova); Giulio Bisegni, Gonzalo Garcia, Kelly Haimona, Leonardo Sarto (Zebre); Michele Campagnaro (Exeter Chiefs); Tommaso Castello (Calvisano); Luke McLean, Luca Morisi, Andrea Pratichetti (Benetton Treviso); David Odiete (Marchiol Mogliano)

© Riproduzione riservata