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L’amarezza di Monica Cirinnà: lascio la politica se la legge…

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dopo il rinvio del ddl

L’amarezza di Monica Cirinnà: lascio la politica se la legge diventerà una schifezza

È il giorno dell’amarezza, per Monica Cirinnà. La senatrice del Pd autrice del disegno di legge sulle unioni civili, rinviato alla prossima settimana dopo il dietrofront del M5S che in Senato ha rifiutato di votare il “canguro” impedendo di fatto di spazzare via gli emendamenti-trappola della Lega e procedere con l’esame del testo, si lascia andare allo sconforto e in Transatlantico a Palazzo Madama dice: «Ho sbagliato e pagherò. Il mio errore è stato fidarmi dei Cinque Stelle. Chiudo con questo scivolone la mia carriera politica». Poi, via twitter, corregge leggermente il tiro: «Se la legge sulle unioni civili diventerà una schifezza pronta a togliere firma e lasciare politica».

Vent’anni da pasionaria al Comune di Roma
«Vorrei che fosse chiara la genesi del ddl», spiega. «Lo abbiamo scritto in tre, nella stanza di Tonini, con Lumia. Questa versione (depositata a ottobre e scelta come testo base per approdare direttamente in Aula bypassando la commissione Giustizia, dove il provvedimento era impantanato a causa dei veti incrociati dei leghisti e dei centristi di Alfano, ndr) rappresentava l’accordo raggiunto nel Pd sulla materia. Era nel totale rispetto del programma di Governo». Ha lottato come una leonessa, Cirinnà. Chi la ricorda nei vent’anni trascorsi da consigliera comunale a Roma (prima con Rutelli sindaco, poi con Veltroni) non può dimenticare le sue battaglie per i diritti degli animali e per le donne. Arrivata a Palazzo Madama nel 2013 dopo le parlamentarie volute da Pier Luigi Bersani, ha abbracciato da subito la causa dei diritti delle persone Lgbt e delle Famiglie Arcobaleno, che adesso attaccano i Cinque Stelle. Con la stessa tenacia e la stessa veemenza.

Ai Cinque Stelle «non parlerò più»
Logico che adesso stenti a tenere a freno la delusione, al termine di un’estenuante trattativa per far andare in porto le unioni civili, frenate e franate anche per l’intransigenza dei 30 cattodem sulla stepchild adoption. Ammette l’errore «di fiducia nel Movimento Cinque Stelle», su cui la maggioranza contava per trovare i numeri confidando nel sostegno esplicito assicurato dai grillini al ddl, confermato dal fatto che il M5S non ha presentato alcun emendamento. E si offende: «Io sono come la moglie della Casa degli spiriti, il libro della Allende. Ricordate quando disse “Non parlerò mai più con mio marito”? Ecco io ho un brutto carattere, se qualcuno mi fa un torto non gli parlo più».

La replica di Airola: «Spiace che si senta tradita da noi»
Monica come Clara, dunque, la moglie di Esteban Trueba del romanzo di Isabel Allende, che si chiude in un mutismo volontario dopo che il marito la colpisce al volto. Si sente così, la senatrice dem: colpita al volto. E non leniscono la ferita le parole di Alberto Airola, quello che ieri a Palazzo Madama ha fatto piovere la doccia gelata annunciando in Aula il “no” del Movimento al canguro: «Mi spiace che la Cirinnà si senta tradita da noi, ma noi continuiamo a sostenere il suo ddl con i nostri voti». È il Pd il nemico. «A loro - afferma Airola - piace vincere facile. Ma la democrazia non è questo».

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