
L’esame del disegno di legge sulle unioni civili slitta a mercoledì prossimo, in coda al decreto milleproroghe. Così è stato deciso dalla conferenza dei capigruppo del Senato dopo il clamoroso dietrofront di ieri dei Cinque Stelle che ha rotto il passo al Pd nel portare avanti il testo. È stato il partito del premier a chiedere un rinvio per una riflessione sul testo, mentre il Carroccio insiste nelle accuse ai dem per il rinvio («se avete maggioranza come dicevate perché rinviare?»). Alla fine non è passata nell’Aula di Palazzo Madama nessuna delle richieste di modifica del calendario votato a maggioranza dalla stessa capigruppo.
A chiedere una prosecuzione senza rinvii passando subito al voto sono stati, tra gli altri, Lega e Cinque Stelle (i quali chiedevano la convocazione di sedute anche nel weekend senza pause), mentre altre proposte di modifica erano arrivate anche da Forza Italia. Delusa la relatrice del ddl, la senatrice Monica Cirinnà, che ha dichiarato di aver sbagliato a fidarsi dei Cinque Stelle, tornati dal canto loro a chiedere un dibattito parlamentare con voto palese. Quanto alle ammissibilità degli emendamenti, Grasso ha fatto sapere che si esprimerà quando dovrà farlo in base al regolamento.
Cirinnà: sbagliato fidarsi dei M5s, ma non lascio
«Lo so che ho sbagliato a fidarmi del M5S e pagherò per questo. Mi prendo la mia responsabilità politica di essermi fidata di loro. Concluderò la mia carriera politica con questo scivolone e ne prendo atto», ha spiegato amara la relatrice Monica Cirinnà conversando con i cronisti nel Transatlantico di Palazzo Madama. Poi, via twitter, ha corretto leggermente il tiro: «Se la legge sulle unioni civili diventerà una schifezza pronta a togliere firma e lasciare politica». E al Tg3 in serata ha puntualizzato ancora: «Per ora non me ne vado, non si lascia il campo di battaglia» ma «certo non lascio il mio nome - ha ribadito - su una legge porcata: se il Pd ha preso tre giorni per pensarci è è perché questa legge la vogliamo fare e la vogliamo fare bene».
Alfano: Pd riparta da maggioranza governo
«Se avessimo ricattato e minacciato, il Pd non sarebbe mai arrivato a questa decisione perché, di fronte alla crisi, i cattodem avrebbero fatto prevalere la ragion di Stato», ha detto Angelino Alfano. E secondo il leader di Ap «forse neanche il M5S avrebbe compiuto la scelta di ieri, proprio per il motivo opposto: per tentare di fare cadere l’Esecutivo. Noi abbiamo tenuto la linea giusta. Speriamo adesso che il Pd comprenda che occorre ripartire dalla maggioranza di governo». A lui ha fatto eco il ministro per gli Affari Regionali, con delega sulla famiglia, Enrico Costa (Ap-Ncd), per il quale una buona legge che resista nel tempo deve nascere non sulla polemica, ma su quegli elementi che un'ampia base parlamentare riconosce come fondamentali». Di qui l’auspicio: «Evitare le forzature» e «concentrarsi sui punti condivisi», perché «le parti divisive determinano confusione e mettono a rischio l'intero provvedimento».
Boschi: siamo ottimisti. Serracchiani: Pd non diviso, ma non basta
Ma il gruppo democratico di Palazzo Madama punterebbe ancora a portare avanti in Aula il ddl Cirinnà, senza stralcio dell’articolo 5 con la stepchild adoption: per farlo, assumerà una serie di iniziative e avrà dei contatti con gli altri partiti rappresentati al fine di rendere praticabile l’obiettivo. È quanto è emerso all’ufficio di presidenza riunito da Luigi Zanda, nel quale si sono valutate alcune ipotesi da percorrere. Non dà niente per perso allo stato delle cose il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi, che dichiara: «Siamo ottimisti, siamo sempre ottimisti» e «continuiamo a lavorare». Mentre il vicesegretario Pd Deborah Serracchiani ha assicurato: «Useremo questi giorni per capire quali sono i numeri, se portare il ddl in aula a queste condizioni. Ad oggi quello è il testo e noi insisteremo perché venga votato. Il Pd non è diviso, ci sono numeri ridotti di alcuni senatori contrari. Ma il Pd anche compatto non ha la maggioranza»
I lavori di Palazzo Madama alla ripresa
Questa mattina, in avvio di seduta, il presidente dei senatori dem auspicava la «condivisione su un metodo di lavoro che consenta un percorso ordinato, costruttivo e che ci permetta di arrivare al traguardo che ci siamo posti», ossia approvare la legge. La necessità del differimento in base al «fatto politico nuovo» avvenuto ieri, e cioè il no annunciato da M5S al cosiddetto “supercanguro”. «Abbiamo preso una settimana di tempo per discutere per bene il da farsi. Escludo che al momento ci possa essere un ritorno in commissione del testo e non prevedo stralci. Il rinvio dell’esame di qualche giorno serve solo a salvare la legge», ha spiegato il senatore dem Marcucci.
Le ipotesi sui numeri al vaglio
Secondo alcune fonti porre comunque in votazione il canguro, anche se spacchettato, così da provare ad assicurarsi almeno il via libera sui primi articoli del ddl Cirinnà (relativi alle unioni), sembrerebbe una strada poco praticabile, perché al momento i numeri sono fortemente in bilico. A rischio non è dunque solo la parte relativa alle adozioni ma anche quella sui diritti alle unioni gay. Meglio prendersi del tempo e rivedere la nuova strategia. Nel Pd, nonostante apparisse preferibile inizialmente l’opzione di andare comunque dritti alla conta, la linea si è poi ammorbidita alla luce del rischio troppo alto di un affossamento dell’intero ddl.
Romani (Fi): sì a capigruppo se per rivedere merito
«Oggi risponderei al senatore Marcucci che quando il gioco si fa complicato bisogna usare la testa». Queste le parole in Aula del capogruppo di Forza Italia Paolo Romani, successive alla richiesta di Zanda, ironizzando sul messaggio trasmesso ieri sui social dal senatore primo firmatario del supecanguro. «La richiesta di rinvio del Pd - aggiunge Romani - dimostra che il percorso scelto non era quello giusto. Ieri, infatti, abbiamo parlato al buio, non sapevamo nulla, neanche quanti emendamenti sarebbero caduti con il via libera al canguro di Marcucci. Io mi auguro che il rinvio serva a riaprire la discussione nel merito del provvedimento. E che si capisca quanti sono davvero gli emendamenti ammissibili».
Da centristi ok alla pausa. «Torniamo a numeri maggioranza»
Area popolare dice sì al rinvio del ddl e alla pausa di riflessione chiesta dal Pd. Ed è proprio agli alleati di governo che il capogruppo Renato Schifani si rivolge quando ribadisce la disponibilità del suo partito ad approvare una legge sulle unioni civili, ma «ripristinando una geometria più consona ai confini della maggioranza». Quindi, la pausa di riflessione serva «a trovare un’intesa all’interno della maggioranza».
Bagarre in Aula dopo l’intervento del M5S
Clima tesissimo in Aula al termine dell’intervento della capogruppo grillina Nunzia Catalfo. Dai banchi della maggioranza, ma anche di centrodestra, si levano le proteste contro la senatrice mentre i colleghi pentastellati rispondono a tono. Tanto che il presidente Grasso è costretto più volte a richiamare i presenti all’ordine. Nell’emiciclo si rischia anche la rissa: a venire quasi alle mani - previdenziale l’intervento dei questori - due ex colleghe di partito, la M5S Laura Bottici e la ex Alessandra Bencini.
Airola (M5s): partita aperta, perché Pd non vota?
«La partita sulle unioni civili è aperta, basta iniziare a votare chissà perché proprio il Pd non vuole? Oltre insultare me chiedetelo a loro» scrive su Twitter il senatore M5s Alberto Airola.
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