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Dossier Se il Sei Nazioni allo stadio ha più pubblico della Champions League

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Dossier | N. 70 articoliRugby / Speciale 6 Nazioni

Se il Sei Nazioni allo stadio ha più pubblico della Champions League

Domanda: se una decina di anni fa qualcuno avesse previsto una partita del Sei Nazioni di rugby, all'Olimpico di Roma, con più spettatori di un Roma-Real Madrid di Champions League, chi gli avrebbe creduto? Risposta: nessuno.

Eppure adesso non solo questa ipotesi si è realizzata, ma addirittura sembra quasi che appartenga alla normalità. «Finalmente uno Stadio Olimpico con un'affluenza degna della tradizione»: questa la considerazione, parola più parola meno, espressa durante la radiocronaca su Raidue del match tra gli uomini di Spalletti e i Galacticos guidati da Cristiano Ronaldo. E 55mila persone sugli spalti non sono poche; ma tre giorni prima, per Italia-Inghilterra con il pallone ovale, le presenze sono state circa 70mila.

A livello di club il rugby rimane sulle poche migliaia di spettatori quando in campo vanno le supersquadre Benetton e Zebre. Ma se c'è la maglia azzurra in ballo tutto cambia, e non certo per i risultati della Nazionale, che gioca il Sei Nazioni dal 2000 e, quando è andata molto bene (nel 2007 e nel 2013), è arrivata quarta. Sta di fatto che nei primi tempi non si riempiva nemmeno il Flaminio da 25mila spettatori, ma poi la passione aumentò - sempre ben corroborata da tantissimi fan che arrivano da tutta Italia e da numerosi sostenitori della squadra ospite di turno - e lo stadio costruito da Pierlugi Nervi (ora in penoso stato di abbandono) si vide aggiungere alcune tribune provvisorie per arrivare intorno ai 40mila posti.

La rivelazione avvenne però nel 2012, con il Flaminio chiuso per “ipotetici” restauri e il Sei Nazioni spostato all'Olimpico. Fu subito chiaro che indietro non si poteva tornare. Cinquantamila spettatori contro l'Inghilterra (sotto la neve!) e 70mila contro la Scozia, con le annate successive più meno sulla stessa lunghezza d'onda.

Com'è possibile? Sgombrata dal campo l'idea che fantomatiche menti raffinatissime orientino il pubblico e abbiano creato a tavolino il fenomeno Italrugby, ecco una verità molto più semplice: migliaia di famiglie vivono con entusiasmo e tranquillità una intera giornata di sport, arrivando molto prima del match, mescolandosi e divertendosi nel “villaggio” fuori dallo stadio, assistendo all'incontro ognuno con le proprie, diversificate competenze. E la festa continua anche dopo l'incontro. Se l'Italia perde non “fa lo stesso”, ma la giornata non è rovinata, la voglia di tornare rimane. E se poi Parisse e compagni cominciassero a ottenere risultati con una certa frequenza…

Così stanno le cose. Il Sei Nazioni a Roma, e all'Olimpico, è ormai un dato acquisito, per la soddisfazione del Coni, della Fir e di commercianti, albergatori e ristoratori capitolini.
Che poi, fuori dal Sei Nazioni, sarebbe meglio portare la Nazionale nelle altre grandi città è un discorso da fare: è sempre vivo il ricordo di San Siro esaurito per Italia-All Blacks nel 2009 (record di spettatori, oltre 80mila, e di incasso, 2,5 milioni di euro, per una partita di rugby sul suolo italiano). Da campioni del mondo i neozelandesi vennero poi in Italia nel 2012 e giocarono a Roma. A novembre torneranno e giocheranno di nuovo all'Olimpico, ma una replica alla Scala del calcio (per un giorno Scala del rugby) in una Milano in preda alla ”febbre nera” sarebbe stata più che auspicabile.

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