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Undici metri di passione: quei rigori che fanno la storia del calcio

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Undici metri di passione: quei rigori che fanno la storia del calcio

“Nino non aver paura di tirare un calcio di rigore…”, canta Francesco De Gregori. Ma se lo sbagli, se non entra in porta, è un “disastro” che rimane nella storia. Nei destini di uomo, di un club, di una nazione. Undici metri di passione. Sfociati nell'arte, nella letteratura pallonara. Come i due penalty clamorosamente ciccati, in una sola partita, dal fantasista dell'Inter Evaristo Beccalossi.

Il doppio flop del “Becca”, dal dischetto contro lo Slovan Bratislava (era il 15 settembre '82), ispirò “Evaristo scusa se insisto”, lo spettacolo teatrale del comico di fede nerazzurra Paolo Rossi. Brividi e sarcasmo. Indimenticabili le lacrime scroscianti di Franco Baresi e lo sguardo vitreo di Roberto Baggio, dopo aver fallito i rispettivi rigori nella finale contro il Brasile, mondiali Usa '94. Era l'Italia di Arrigo Sacchi, quella del sogno americano. Andato in fumo al fotofinish, dagli undici metri. L'elenco dei fatti e fattacci dal dischetto è interminabile. Un viaggio nella memoria che lo scrittore inglese Ben Lyttleton ha ripercorso nel suo saggio “Undici metri. Arte e psicologia del calcio di rigore” (edizioni Tea). Un'opera che nasce dalla premessa che “niente nella storia del calcio ha prodotto tanta ansia, gioia e disperazione quanto i tiri da undici metri”.

Verità assoluta. La denominazione “lotteria dei rigori”, definizione più diffusa, è utilizzata soprattutto dagli inglesi. Che hanno visto la loro nazionale uscire, causa dischetto, ben 6 volte su 7 tra Campionati Europei e Mondiali. Seguiti a breve distanza dagli olandesi, con 5 sconfitte su 7. “La malattia inglese”, la chiama Ben Lyttleton. Una sindrome che porta i perdenti di turno a dire che “il penality è frutto del caso, che non è possibile allenarsi in modo da arrivare preparati ai rigori”. Scuse plausibili? Resta il fatto che anche il “divino” Diego Armando Maradona fallì cinque rigori di fila, salvo poi infilare una serie di 15 trasformazioni consecutive con la maglia del Napoli. Lo psicodramma da dischetto invece colpì (e duramente) il Milan di Carlo Ancelotti, nella folle e indimenticabile finale di Champions League, la notte del 25 maggio 2005 ad Istanbul. La partita finì ai rigori, dopo il vantaggio per 3-0 dei rossoneri a fine primo tempo. Gli inglesi riuscirono a pareggiare.

Fu l'apoteosi del disastro. Serginho, Pirlo e Shevchenko vennero stregati dal portiere Dudek. La coppa scivolò nelle mani dei Reds. Poi c'è la storia del rigore a due tocchi. Rispolverato qualche giorno fa nella Liga da Leo Messi, contro il Celta Vigo. Il pluri-pallone d'oro ha dedicato il gesto al mito olandese dell'Ajax, Johan Cruyff. Che al 23' della partita disputata contro l'Helmond Sport, il 5 dicembre 1982, si cimentò con coraggio (ed irriverenza) in quello che è passato alla storia come “rigore a due” (in inglese “tap penalty”). Invece di tirare direttamente in porta, Cruyff toccò la palla all'accorrente Jesper Olsen, che ripassò a sua volta la sfera a Cruyff, il quale insaccò definitivamente a portiere battuto. Nel 1974, ben prima degli olandesi, i fratelli Mario e Marco Piga fecero altrettanto in un Torres- Olbia di Coppa Italia, disputato a Sassari. In realtà il vero precursore del rigore a due tocchi fu il belga Rik Coppens. Correva l'anno 1957, Belgio-Islanda (4-0). “Coppens corse verso il pallone - ricorda Lyttleton - , poi, invece di calciare in porta, aprì l'interno del piede destro e mise la palla sulla corsa di “Braccio di Ferro” Piters. Ma quest'ultimo, scivolato, riuscì a toccare il pallone, che poi tornò ancora sui piedi di Coppens, il quale lo spinse in porta di piatto”.

Fu invece il praghese Antonin Panenka ad inventare la trasformazione da fermo, con colpo sotto. Da noi più nota come il “cucchiaio”. Per intenderci, molto prima di Francesco Totti (“mo je faccio er cucchiaio”), che realizzò il penality nella semifinale di Euro 2000 Italia-Olanda. Panenka inventò questa soluzione altamente raffinata quarant'anni fa (1976), nella finale degli Europei della ex Jugoslavia. Vittima del suo cucchiaio il portiere della Germania Ovest, Sepp Maier. La Cecoslovacchia vinse il titolo europeo grazie a lui. “Se non avessi segnato quel rigore - raccontò il praghese - il regime comunista mi avrebbe spedito in miniera per trent'anni”. Quella fu l'ultima nazionale ad aver battuto ai rigori la Germania . L'errore fatale ha invece quasi distrutto l'immagine di un bomber di razza (più di 250 gol) come l'argentino Martin Palermo, detto “El Loco”. In un Colombia-Argentina (3-0), Coppa America del 1999, il cannoniere stabilì il record di tre rigori falliti. Che non gli vennero mai perdonati. La trasformazione del rigore dipende sempre da molti fattori, fortuna inclusa. Crudele ma letteraria la descrizione dell'attaccante argentino Jorge Valdano, ex Real Madrid. «Il pallone riposa su una luna di calce (luna due volte piena), un fischio impartisce l'ordine e il carnefice aggredisce la sua vittima. L'ordine è quello di una fucilazione, ma il tiro ha l'inconveniente di poter finire fuori bersaglio».

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