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il rientro delle salme nella notte

Libia, Calcagno: i rapitori non parlavano italiano. L’autopsia dei due tecnici uccisi esclude l’ipotesi esecuzione

Nessuno dei sequestratori dei tecnici italiani rapiti in Libia parlava italiano: lo ha detto uno dei due scampati alla morte, Filippo Calcagno in un’ intervista a Radio Anch'io. Ma ha spiegato che nelle registrazioni non dovevano dire cose diverse da quelle suggerite loro, «perché c’era qualcuno che capiva, perché loro dovevano farlo sentire a qualcuno» ha aggiunto. Quanto alla presunta trattativa, ha detto che l'impressione che ci fosse l'avevano avuta.

L’autopsia al policlinico Gemelli
Intanto nella notte il C-130 dell'Aeronautica militare con a bordo le salme di Salvatore Failla e Fausto Piano è atterrato all'aeroporto militare di Ciampino a mezzanotte e 40 minuti. Ad accoglierle, i familiari dei due tecnici della Bonatti, uccisi in Libia dopo un sequestro durato quasi otto mesi, accompagnati in aeroporto dopo la lunga attesa da lunedì in un albergo della Capitale. In giornata al Policlinico Gemelli l'esame autoptico disposto dalla Procura di Roma. Dai primi accertamenti pare che Salvatore Failla sia morto per colpi che hanno raggiunto lo sterno e la zona lombare. Queste, secondo i consulenti di parte, i medici legali Luisa Regimenti e Orazio Cascio, sarebbero le cause del decesso. I due esperti nominati dalla famiglia Failla hanno aggiunto che dalla autopsia eseguita oggi sono emersi sei fori d'entrata provocati da arma da fuoco, nessuno di questi alla testa, mentre i colpi arrivati a sterno e zona lombare hanno provocato la rottura dei grossi vasi e fegato. Per periti di parte impossibile stabilire l'arma usata.

Esclusa l’ipotesi di una esecuzione
Sempre in base all’autopsia Fausto Piano, l’altro tecnico ucciso in Libia, è invece morto per diversi colpi che lo hanno raggiunto nella parte superiore del corpo. Anche per Piano dunque, così come per Failla, nessun colpo alla testa, segno che non si è trattato di un'esecuzione. L'esame autoptico ha messo in luce che i due tecnici italiani sono stati raggiunti da una pluralità di colpi d'arma da fuoco, soprattutto al torace. L'esame inoltre ha accertato la presenza di schegge in varie parti del corpo che appaiono molto utili per poter identificare sia il calibro dei proiettili sparati durante il conflitto a fuoco cche ha ucciso Failla e Piano e anche il tipo di arma che avevano i partecipanti al conflitto. La dinamica della sparatoria che ha determinato l'uccisione dei due ostaggi è identica per entrambe le vittime e come si è già detto i due ex ostaggi non presentano colpi alla nuca. Si smentisce così che ci sia stata una vera e propria esecuzione.

Legale Failla,autopsia a Tripoli una macelleria
«Le nostre perplessità sull'autopsia eseguita in Libia si sono rivelate fondate. Il prelievo di parte di tessuti corporei ha reso impossibile l'identificazione dell'arma usata, la distanza e le traiettorie. Non è stata un'autopsia (quella in Libia, ndr) è stata una macelleria» ha commentato l'avvocato Francesco Caroleo Grimaldi.

Le accuse di Erica Failla: non ci hanno aiutato a salvarlo

«Mio padre era una persona buona. Non ci hanno aiutato a riportarlo a casa» ha accusato ieri Erica, la figlia di 23 anni di Salvatore Failla. «Ci hanno detto di stare zitti, di non fare scalpore. Ci hanno detto di non rispondere alle domande dei rapitori. Dov'è lo Stato? Abbiamo fatto quello che ci hanno detto, ma non è servito a nulla» ha detto ieri in conferenza stampa nello studio dell’avvocato Francesco Caroleo Grimaldi , la moglie del tecnico ucciso in circostanze ancora da chiarire. Le due donne hanno raccontato tutti i dubbi sulla gestione del caso. La moglie di Failla aveva poi precisato: «uno dei sequestratori mi chiamò e parlò in italiano».

La donna ha aggiunto di avere ricevuto una telefonata dal marito il 13 ottobre scorso in cui si chiedeva aiuto: «Ciao sono Salvo, i miei compagni li hanno portati via, io sono rimasto da solo e ho bisogno di cure mediche, ho bisogno di aiuto. Parla con giornali e tv, vedi di muovere tutto quello che puoi muovere». Da quel giorno, ha spiegato nel corso della conferenza stampa, «mi è stato detto di non prendere più il telefono, farlo squillare e non rispondere e informare chi dovevo informare comunque. Mentre nell'ultima telefonata di due mesi fa forse, io ho risposto perché avevo la tentazione di rispondere, magari mi passavano mio marito, ma mi hanno staccato il telefono».

«Non voglio funerali di Stato per mio marito», ha poi chiarito Rosalba Failla esprimendo tutta la sua rabbia per l'andamento del caso e, da ultimo, per l'esecuzione dell'autopsia avvenuta in Libia.

Ieri infatti da Tripoli avevano comunicato che si era conclusa l'autopsia sui corpi dei due uomini compiuta da un team di due medici libici e da un esperto forense italiano. Lo aveva detto ad «Agenzia Nova» Jamal Zubia, addetto stampa delle autorità libiche che fanno capo al governo di Tripoli, non riconosciuto dalla comunità internazionale.

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