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Libia, Gentiloni: intervento solo con ok Parlamento, no ad…

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informativa al senato

Libia, Gentiloni: intervento solo con ok Parlamento, no ad avventurismo

(Ansa)
(Ansa)

Nessun intervento militare italiano senza l’ok del Parlamento. E no ad avventure militari in Libia «inutili e pericolose per la nostra sicurezza nazionale». Sono i passaggi più significativi dell’informativa del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni in aula al Senato, che ha negato anche il pagamento di un riscatto per i 4 operai italiani rapiti in Libia (due uccisi in un blitz e due riusciti a liberarsi e rientrati in Italia dopo sette mesi di prigionia).

Gentiloni: intervento in Libia solo con ok parlamento
«Lavoriamo per rispondere ad eventuali richieste di sicurezza del governo libico, niente di più niente di meno, nel rispetto della Costituzione e solo dopo il via libera del Parlamento» italiano, ha assicurato il ministro.

«No ad avventure inutili e pericolose»
Non solo. Gentiloni ha promesso che il governo «non si farà trascinare in avventure inutili e perfino pericolose per la nostra sicurezza nazionale». E ha rimarcato che l’esecutivo «non è sensibile al rullar di tamburi e a radiose giornate interventiste ma interverrà se e quando possibile su richiesta di un governo legittimo», aggiungendo che bisogna «combinare fermezza, prudenza e responsabilità». E ancora, in risposta a chi «snocciola numeri di soldati pronti a partire» ha aggiunto che «gli interventi militari non sono la soluzione. E ha ricordato che la Libia «è grande sei volte l'Italia e conta 200mila uomini armati tra milizie ed eserciti». Confernata la cautela insomma sull’ipotesi dei “boots on the ground”.

«Sequestro italiani non riconducibile a Isis, nessun riscatto pagato»
Quanto al sequestro dei 4 italiani rapiti in Libia «non sono mai emersi elementi di riconducibilità di formazioni di Daesh in Libia. Non è mai giunta alcuna rivendicazione». L'ipotesi più accreditata è quella di un gruppo criminale filo-islamico operante tra Mellita, Zuwara e Sabrata», ha detto il ministro degli Esteri, aggiungendo che per i quattro italiani «non è stato pagato alcun riscatto».

Pinotti a Copasir: non ci sono forze speciali italiane in Libia
In questo momento in Libia non ci sono forze speciali italiane. Lo avrebbe ribadito, secondo quanto si apprende, il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, nel corso di una audizione davanti al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica. Pinotti avrebbe inoltre confermato la linea già espressa nelle ultime ore prima dal presidente del Consiglio e poi dal ministro degli Esteri. E cioè che in questa fase non ci sono i presupposti per un intervento in Libia. Il nostro Paese, avrebbe continuato Pinotti, punta con interesse a trovare prima un accordo politico con un governo unitario e rappresentativo di tutta la Libia

Procura Tripoli: stasera il rimpatrio delle salme
Intanto il direttore dell'Ufficio inchieste presso la Procura generale di Tripoli, Sidikj Al-Sour, ha assicurato che le salme dei due italiani uccisi in Libia «sicuramente saranno rimpatriate oggi». Le salme dovrebbero arrivare stanotte a Ciampino. Ma l'arrivo in Italia dei corpi di Salvatore Failla e Fausto Piano (preannunciato per oggi pomeriggio da un portavoce del governo di Tripoli) ha già subito ritardi. E non è escluso un ulteriore slittamento.

Controversie sulla autopsia
Alla presenza di un «medico legale italiano» sarebbe stata effettuata in tarda mattinata l’autopsia sui corpi dei due operai della ditta «Bonatti» uccisi la scorsa settimana. «Non è un'autopsia superficiale, è un'autopsia completa per poter estrarre, se c'è, il proiettile dai corpi. Estrarre il proiettile è importante in quanto ha 'impronte' che determinano il tipo d'arma che ha causato il decesso», ha riferito Sidikj Al-Sour. Ma per l'avvocato Francesco Caroleo Grimaldi, legale della famiglia Failla, si è trattato solo di un esame esterno. «Appresa la notizia dell'autopsia dai Tg, la signora Failla ha chiamato l'unità di crisi della Farnesina - ha riferito il legale - e lì le hanno detto che si tratterebbe solo di un esame esterno dei cadaveri, con tac e radiografia».

Migranti, Viminale: 9.307 sbarcati da inizio anno
Nel frattempo le ultime cifre sugli sbarchi fornite dal Viminale dall'inizio dell’anno (aggiornate all’8 marzo) parlano di 9.307 migranti arrivati sulle nostre coste, contro i 9.117 dell'anno passato nello stesso periodo. Lo ha reso noto Domenico Manzione, sottosegretario all'Interno, nel corso di un'audizione davanti al Comitato Schengen. Da registrare anche «un flusso via terra», per lo più di afgani e pachistani di rientro dall'Austria: quelli rintracciati tra il primo gennaio e ieri sono stati 1.654, «un dato non comparabile perché di rilevazione recente». Nel 2015 - ha ricordato Manzione - gli sbarcati erano stati 153.842, a fronte dei circa 170mila dell'anno precedente: «a parte il leggero calo, ciò che e veramente cambiato da un anno all'altro è l'origine dei flussi. Siriani ed eritrei, che nel 2014 erano numerosissimi, nel 2015 sono fortemente diminuiti». Calo confermato nei primi mesi di quest'anno, «dal momento che siriani ed eritrei preferiscono decisamente la rotta balcanica». Attualmente, i migranti arrivano per lo più da Gambia, Senegal, Mali, Guinea, Costa d'Avorio, Marocco, Somalia, Sudan e Camerun.

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