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Di Maio (M5S): «Non siamo forza populista, vogliamo…

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Di Maio (M5S): «Non siamo forza populista, vogliamo riformare il Paese»

L’onorevole Luigi Di Maio durante il suo intervento al master in Management politico Il Sole-24 Ore-Luiss
L’onorevole Luigi Di Maio durante il suo intervento al master in Management politico Il Sole-24 Ore-Luiss

Errori nel metodo di selezione della classe politica, sperimentazioni, ma anche la consapevolezza che «essere un movimento e non un partito vuol dire non voler restare nelle istituzioni per l’eternità: il movimento ha una scadenza, che sta nella realizzazione di alcuni punti cardine del programma e dei valori». Tra i quali reddito di cittadinanza, più democrazia diretta, lotta all’autoreferenzialità delle istituzioni. Il vicepresidente della Camera e componente del direttorio del Movimento Cinque Stelle, Luigi Di Maio, intervenuto oggi al master in Management politico Il Sole-24 Ore-Luiss, ha tenuto a rimarcare la differenza tra il M5S e i partiti tradizionali. Ma ha rifiutato l’accusa di «populismo»: «Penso che oggi il nostro programma non sia populistico. E credo che se andassimo al governo riusciremmo a cambiare le cose».

Selezione candidati, «non esiste il metodo perfetto»
Rispondendo alle domande dei partecipanti al master, Di Maio ha ripercorso le tappe che hanno portato il M5S a conquistare quasi 9 milioni di voti alle politiche del 2013, dall’elemento catalizzatore rappresentato dal blog di Beppe Grillo all’ingresso massiccio in Parlamento. Il vicepresidente della Camera ha riconosciuto qualche sbaglio nel metodo di selezione della classe politica, ma ha difeso la “ricerca” portata avanti dal Movimento: «Non esiste il metodo perfetto, anche perché di mezzo c’è sempre l’animo umano. Noi proviamo, impariamo dagli errori. E manteniamo tre punti fermi: chi si candida deve farlo per al massimo un mandato, dev’essere incensurato e deve essere residente nel luogo in cui corre».

Pochi iscritti on line? «Rafforzeremo l’applicazione»
Il punto debole del metodo a Cinque Stelle è lo scarso numero di iscritti alla piattaforma on line dove si vota: in tutto sono 500mila, ma certificati soltanto 130mila. «Stiamo cercando di attrezzare meglio l’applicazione», ha osservato Di Maio. Ma il vulnus resta. Oggi la via intrapresa è spesso mista: incontri sul territorio o selezioni on line plurime con ballottaggio o entrambe. Così sono state selezionate per le amministrative a Roma Virginia Raggi e a Torino Chiara Appennino, che per Di Maio «andranno al ballottaggio: ma gli altri con 5-6 liste, noi con una lista sola». Su Milano, dove Patrizia Bedori si è ritirata dalla corsa accusando anche attivisti del Movimento di averla insultata e derisa, il deputato ha detto: «Non se l’è sentita. Ora stiamo valutando se far scorrere la graduatoria o rifare le comunarie».

«Non siamo la forza politica del “no”»
A chi gli ha fatto notare di non poter rifiutare il confronto con gli altri partiti, il vicepresidente della Camera ha replicato: «È un pregiudizio quello che ci ritiene “la forza politica del no”. Quando siamo arrivati alle Camere avevamo già nel nostro programma il reddito di cittadinanza. Abbiamo votato insieme agli altri le norme contro gli ecoreati, la delega fiscale, i giudici costituzionali e i membri del Csm». Inevitabile la discussione sulle unioni civili, dopo il dietrofront sull’emendamento “canguro” targato Pd che avrebbe consentito, se votato anche dai Cinque Stelle, di salvare l’impianto del testo, stepchild adoption compresa. «Quell’emendamento, come ha sancito il presidente del Senato Pietro Grasso, era inammissibile. Il problema era nel Pd».

«Contro il trasformismo necessari nuovi strumenti»
Di Maio ha poi difeso di nuovo la multa di 150mila euro prevista a Roma per impegnare i futuri consiglieri a non cambiare casacca e a non violare il programma. «Ci siamo appellati al danno d’immagine», ha spiegato. «Siamo la legislatura con il più alto tasso di trasformismo della storia. Io credo che ci sia bisogno di strumenti come il vincolo di mandato diretto o indiretto. L’istituzione del “recall”, il referendum su chi è stato eletto in un collegio, è già un deterrente». Infine, un passaggio su Gianroberto Casaleggio. Il Movimento è eterodiretto? «Casaleggio è un imprenditore esperto di strategie di rete che sviluppava il blog di Grillo. Oggi il sistema informatico è ancora gestito da lui, ma di certo non si sta arricchendo: basta vedere i bilanci». E se dal 2009 nulla è cambiato, «è perché si è congelata la fase organizzativa iniziale: ulteriore riprova che non siamo interessati a strutturarci in partito».

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