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«OUTPUT GAP»

Italia e altri 7 Paesi scrivono alla Ue: rivedere l’«output gap», uno dei parametri chiave del Patto di stabilità

L'Italia, insieme ad altri sette Paesi europei, chiede, in una lettera inviata alla Commissione Europea, di rivedere il metodo di calcolo dell'output gap. Si tratta dell'indicatore sulla base del quale vengono valutate le correzioni di bilancio se i Paesi si allontanano dagli obiettivi, nonché uno dei parametri chiave del Patto di stabilità e crescita europeo che regola l'equilibrio strutturale di bilancio.

Italia: allineare output gap a 4 anni
L'Italia, insieme a Spagna, Portogallo, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Slovenia e Slovacchia, chiede in particolare alla Commissione nella lettera inviata venerdì scorso, di «eliminare la discrepanza» tra l'orizzonte temporale con cui la Ue stima l'output gap (2 anni) - sulla base del quale si calcola il saldo strutturale - e quello utilizzato di prassi dai singoli Paesi (4 anni). Si chiede anche di approfondire la questione del calcolo dell'output gap, con il suggerimento di valutare se affiancarlo ad altri indicatori.

Padoan: regole calcolo europee danneggiano l'Italia
Proprio ieri lo stesso ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan aveva sottolineato che le attuali modalità di calcolo penalizzano l'Italia. Padoan, in un'intervista a Le Figaro, aveva sottolineato che lo sforzo di aggiustamento dei conti pubblici richiesto dall'Ue all'Italia è «deformato da considerazioni statistiche» e «queste regole, imponendo all'Italia aggiustamenti dolorosi, le recano maggior danno che ad altri Paesi, e questo non mi va bene». Rispondendo ad una domanda su come si difenderà l'Italia rispetto alla possibilità che Bruxelles apra contro il Paese una procedura di infrazione per deficit eccessivo, Padoan aveva comunque assicurato che l'Italia «rispetterà lo sforzo di aggiustamento che le è richiesto», perché «non si cambiano le regole durante il gioco».

Output Gap, il parametro che divide Italia e Ue
È l’output gap, il parametro utilizzato dall'Ue per le decisioni sul livello di flessibilità da concordare ai singoli Stati e per le eventuali manovre correttive da attuare, l'ultimo elemento di confronto fra il ministro del Tesoro, Pier Carlo Padoan, e Bruxelles. Si tratta dell'indicatore «che esprime la situazione dei conti pubblici coerente con il prodotto potenziale dell'economia, al netto della componente ciclica e delle misure di bilancio una tantum». Fra queste, ad esempio, i condoni fiscali o la vendita di concessioni e immobili pubblici. In altre parole, indica la differenza fra quanto l'economia potrebbe crescere a livello potenziale e quanto invece cresce realmente ('output gap', appunto), senza tenere conto della crisi economica e di eventuali entrate o uscite eccezionali.

Da tempo Italia ed Ue sono divise proprio su questo fronte: già nell'ottobre del 2014 il Governo aveva inviato un documento a Bruxelles in cui sottolineava che le stime del Pil potenziale italiano prodotte dall'Ue sono eccessivamente negative (da +1,4% pre-crisi a -0,2% post-crisi) e non evidenzierebbero a pieno lo scarto fra Pil reale e potenziale prodotto dalla crisi. Non solo, scriveva il Governo nel testo, con una stima del Pil potenziale più realistica, ad esempio pari al +0,4% post-crisi, il saldo di bilancio strutturale sarebbe in regola con i parametri Ue già dal 2012. E non servirebbero quindi, come ribadito dal Tesoro in una nota del marzo 2015, manovre «di aggiustamento» o «restrittive», ma si potrebbe intuire «che la crisi è determinata da fattori ciclici, come una caduta della domanda, e quindi richiedere manovre anticicliche, espansive, a sostegno della domanda». Ma l'Ue ha già risposto alle riflessioni italiane: sempre a fine 2014 da Bruxelles è stato chiarito che «la metodologia per calcolare l'output gap è stata concordata da tutti gli Stati membri». Malgrado ci sia «un gruppo di lavoro che continua a valutare questa metodologia», dopo un anno e mezzo ancora non c'è nessun cambiamento all'orizzonte.

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