«Non ho favorito mio marito». In una lettera al Corriere della Sera, il giorno dopo le sue dimissioni Federica Guidi racconta la sua verità e rivendica le sue scelte da ministro. «Caro direttore - dice - sento l'esigenza di scrivere per chiarire alcuni punti e per sottolineare alcuni dati, che nella polemica politica sono stati strumentalizzati e deformati». Secondo l’ex ministro dello Sviluppo «la polemica nasce da una telefonata a colui che considero a tutti gli effetti mio marito, nella quale lo informavo di un provvedimento parlamentare di portata nazionale. In particolare, gli davo una notizia nota. Insomma, nessuno ha rivelato segreti di Stato. Qualcuno ha gridato allo scandalo, al ministro che favorisce il marito. Non è vero. Io rivendico l'importanza di quella norma per il Paese».
Guidi vuole entrare «nel merito» chiarendo anche che «nella telefonata lo informavo di un emendamento che avrebbe consentito di accelerare i processi autorizzativi di molte opere strategiche, tra cui il cosiddetto progetto Tempa Rossa di Taranto, bloccato da anni. La società di mio marito, invece, operava come subappaltatrice in Basilicata per un lavoro che nulla aveva a che vedere con lo sviluppo del progetto di Taranto e risaliva ad epoca precedente a quella in cui sono stata nominata ministro».
Aggiunge Guidi: «rivendico l'importanza di quella norma per il Paese». Aggiungendo: «come sappiamo, uno dei problemi dell'Italia è la costante necessità di acquistare dall'estero le risorse energetiche di cui abbiamo bisogno, in questo contesto una serie di grandi imprese hanno deciso di investire miliardi di euro per estrarre petrolio e gas naturale in Italia e di farlo, peraltro, al Sud. È un settore che il governo ritiene strategico e che comporta la creazione di posti di lavoro e di un indotto importante». Insomma aggiunge «non era necessario un mio speciale interessamento per mandare avanti una norma così importante. E comunque, dopo che è stata approvata, non abbiamo attivato i poteri sostitutivi che la legge ci conferiva». Tuttavia, Guidi sottolinea anche come la sua, relativamente alle dimissioni, sia stata anche «una scelta umana, che mi costa, ma che ritengo doverosa per i miei principi che hanno ispirato sempre la mia vita».
Indagato capo Stato maggiore Marina
Secondo quanto riferito dalla stampa anche il capo di Stato maggiore della Marina, l'ammiraglio Giuseppe De Giorgi sarebbe indagato per traffico illecito di rifiuti nell'inchiesta di Potenza che ha portato alle dimissioni dell'ex ministro dello Sviluppo Federica Guidi.
A settembre scorso scrive il quotidiano La Repubblica «sarebbe stato notificato un avviso di proroga delle indagini al capo di stato maggiore della Marina, indagato insieme al compagno dell'ex ministro Guidi per associazione a delinquere finalizzata al traffico di influenze per una storia riguardante l'Autorità portuale di Augusta. De Giorgi, in scadenza di mandato, è l'ideatore di Mare nostrum e il suo nome è circolato negli ultimi mesi per una candidatura al vertice della Protezione civile. Parlando di accuse che vanno «dall'associazione a delinquere all'abuso d'ufficio».Nel registro degli indagati dell'inchiesta di Potenza sull'impianto di Tempa Rossa sarebbe stato iscritto anche un dirigente della Ragioneria della Stato, Valter Pastena.
I pm sentiranno Boschi e Guidi
Nell'ambito dell'inchiesta sul petrolio in Basilicata, i pm di Potenza ascolteranno il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Maria Elena Boschi, e il ministro dimissionario dello Sviluppo economico, Federica Guidi. Secondo quanto si è appreso nel capoluogo lucano, i magistrati si recheranno a Roma per ascoltare Boschi e Guidi.
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