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Draghi: per l’Eurozona rischio shock esterni

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Draghi: per l’Eurozona rischio shock esterni

Il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, mette sull’avviso su un 2016 difficile in cui «si pongono interrogativi riguardo alla direzione in cui andrà l’Europa e alla sua capacità di tenuta a fronte di nuovi shock». Ma la Bce, «anche davanti a forze disinflazionistiche su scala mondiale, non si piega a un livello di inflazione eccessivamente basso», ha scritto Draghi nella prefazione al rapporto annuale della banca presentato ieri. Il dato preliminare dell’inflazione nel mese di marzo è stato negativo, a -0,1%, contro un obiettivo di stare sotto, ma vicino al 2%.

«Far funzionare l’unione monetaria alla lunga non è un lusso, è una necessità perché l’Europa prosperi», ha detto poi Draghi in un intervento al Consiglio di Stato del Portogallo, convocato dal nuovo presidente della Repubblica, Marcelo Rebelo de Sousa. Il presidente della Bce ha puntato il dito sul fatto che l’unione monetaria resta una «costruzione incompleta», il che continua a lasciarla in una condizione di fragilità e a esporre gli Stati membri alla vulnerabilità agli shock.

Ancora una volta, il presidente della Bce ha ricordato che la ripresa procede, anche se moderata, ma senza che questo possa consentire di riposare sugli allori. E ha evidenziato il problema della disoccupazione giovanile e del rischio di una «generazione perduta».

Per Draghi, la Bce non ha esitato ad agire a sostegno della ripresa, ma questa ha bisogno di un’azione decisa da parte di tutti gli attori della politica economica europea. «La Bce non può creare da sola le condizioni per una ripresa sostenibile», ha detto a Lisbona. E ha ripetuto il suo richiamo ai Governi sulla politica fiscale e le riforme strutturali. Il banchiere centrale riconosce che in molti Paesi lo spazio nel bilancio pubblico per sostenere la crescita è limitato e che bisogna evitare di allargare le maglie della politica fiscale al punto in cui perdono credibilità. Ma ritiene che in tutti i Paesi ci sia la possibilità di aumentare gli sforzi per rendere la composizione della struttura delle imposte e della spesa pubblica favorevoli alla crescita, e indirizzare la spesa verso investimenti, ricerca e istruzione. E senza l’intervento dei Governi e dei Parlamenti per migliorare la competitività dell’economia, ha affermato, l’eurozona non sarà in grado di alzare il potenziale di crescita e ridurre la disoccupazione strutturale. Draghi parla in particolare di riforme che facilitino l’attività d’impresa e migliorino la produttività. In un richiamo al Portogallo, dove l’attuale Governo ha tentato una parziale marcia indietro rispetto ai progressi del precedente, ha sollecitato ulteriori misure fiscali e sconsigliato di disfare le riforme già compiute.

Anche nel riassunto degli eventi e delle decisioni prese lo scorso anno, contenuto nel rapporto annuale, Draghi ha messo l’accento sul fatto che la Bce ha contribuito non solo con la politica monetaria, ma anche con la sua azione nel caso Grecia, «contrastando i rischi per l’integrità dell’area dell’euro». Anche questo episodio, secondo il presidente della Bce, «ha posto in evidenza la fragilità dell’area e ha ribadito l’esigenza di completare la nostra unione monetaria».

Nel presentare il rapporto a Bruxelles, il vicepresidente della Bce, Vitor Constancio, ha sottolineato che un’area che richiede particolare attenzione è il settore finanziario con quattro possibili elementi critici: un ulteriore aumento del premio al rischio, un declino dei prezzi delle attività finanziarie che causi perdite di capitale nel contesto dello stress sui mercati emergenti e dei bassi prezzi delle materie prime; la debole redditività delle compagnie di assicurazione e delle banche, per alcune di queste ultime aggravata dai crediti deteriorati ereditati dalla crisi; le preoccupazioni sulla sostenibilità del debito pubblico e delle imprese; il potenziale di stress nel settore dei fondi d’investimento e nel sistema bancario ombra in generale. Constancio ha anche ripetuto l’appello perché l’unione bancaria venga completata con lo schema europeo di assicurazione dei depositi, proposto dalla Commissione e osteggiato dalla Germania. Su questo aspetto Berlino fa fatica a cambiare posizione perché un’assicurazione unica comporterebbe una condivisione dei rischi e i tempi non sarebbero ancora maturi per questo “salto di qualità”.

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