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Caso Regeni, inoltrata la nuova rogatoria all’Egitto

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Caso Regeni, inoltrata la nuova rogatoria all’Egitto

È stata inoltrata oggi dalla procura di Roma, per via diplomatica, la rogatoria internazionale per chiedere all'Egitto la consegna di atti relativi all'inchiesta sulla morte di Giulio Regeni. L'atto, inviato al ministero della Giustizia per essere poi veicolato attraverso la Farnesina, nonché al consolato italiano del Cairo, finirà al vaglio del procuratore generale della repubblica araba d'Egitto Ahmed Nabil Sadeq.

La nuova rogatoria segue al fallimento del summit dell'8 e 9 aprile scorso a Roma tra i magistrati romani e quelli egiziani. La Procura di Roma però, nonostante il nulla di fatto, fece subito sapere che «non si lascerà nulla di intentato per fare luce sull'omicidio di Giulio Regeni». E il governo italiano, dopo il richiamo a Roma per consultazioni dell’ambasciatore al Cairo Maurizio Massari, continua il pressing sul governo egiziano per far emergere la verità sull’omicidio del giovane ricercatore italiano scomparso il 25 gennaio al Cairo, nel giorno dell’anniversario dei moti di piazza Tahir che portarono alla caduta di Mubarack, e ritrovato cadavere il 3 febbraio lungo l’autostrada Cairo-Alessandria con evidenti segni di torture.

Nuova rogatoria per tabulati-celle-testimonianze
La rogatoria della Procura di Roma, predisposta dal pm Sergio Colaiocco, contiene tre distinte richieste relative a testimonianze, i tabulati telefonici di 13 cittadini egiziani e la consegna dei dati di alcune celle telefoniche. Riguardo la consegna delle dichiarazioni testimoniali si tratta di soggetti sentiti in merito alla scomparsa del ricercatore universitario, il 25 gennaio scorso, ed il ritrovamento del cadavere il 3 febbraio successivo lungo la strada che collega Il Cairo ad Alessandria. Tra queste dichiarazioni anche quelle dei parenti dei componenti la presunta banda criminale uccisi in un conflitto a fuoco con la polizia egiziana. I tabulati telefonici di cui è stata sollecitata la consegna sono riferibili a 13 cittadini egiziani, tra i quali i cinque appartenenti alla banda criminale indicata in un primo momento dal Cairo come la responsabile dell'omicidio di Regeni. L'ultima richiesta è relativa alla consegna dei dati raccolti dalle celle telefoniche nella zona in cui scomparve Giulio ed il luogo in cui fu trovato privo di vita.

Al Sisi difende servizi egiziani: non hanno ucciso Regeni
Ieri il presidente Abdel Fattah Al Sisi ha rivendicato piena «trasparenza» da parte egiziana e ha invitato gli inquirenti italiani a tornare al Cairo per indagare ancora sulla morte del giovane ricercatore friulano, negando in maniera esplicita che siano stati i servizi segreti egiziani ad uccidere Giulio Regeni e parlando di «menzogne» fatte circolare da «gente malvagia».

Pressing dell'Italia pronta a nuove misure
L’Italia, che non crede alla versione ufficiale dell’Egitto, dal canto si appresta a intraprendere nuove iniziative di pressione nei confronti dell'Egitto per far luce sul caso Regeni. Il primo passo è stato l'incontro tra il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni e l'ambasciatore al Cairo Maurizio Massari, in cui c'è stata una «prima valutazione» delle nuove misure da adottare. La diplomazia italiana ha incassato il sostegno di un partner europeo di peso, la Gran Bretagna, che ha chiesto formalmente un'indagine «trasparente» all'Egitto.

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