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Mozzarella di Bufala Dop, per lo sviluppo all’estero serve…

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audizione del direttore del consorzio saccani

Mozzarella di Bufala Dop, per lo sviluppo all’estero serve l'apporto della ricerca

Una filiera in crescita e con un sempre più significativo apporto di giovani. È l'universo della mozzarella di bufala campana Dop, come descritto dal direttore del Consorzio di tutela, Pier Maria Saccani, questo pomeriggio nel corso dell'audizione tenuta dinanzi alla Commissione parlamentare di inchiesta contro i fenomeni della contraffazione. Un'audizione nel corso della quale oltre a tracciare un bilancio della Dop la cui produzione concentrata in Campania tocca anche Lazio, Molise e Puglia si è anche a lungo discusso di tutela.

Un 2015 in crescita
La mozzarella di bufala campana Dop e nonostante la crisi ha chiuso il 2015 con una produzione in crescita dell'8,5% (a quota oltre 41mila tonnellate) e un giro d'affari all'origine che ha raggiunto i 330 milioni di euro (+6,5%) risultati che la collocano, per fatturato, al terzo posto tra i prodotti alimentari a denominazione d'origine alle spalle di colossi come il Parmigiano reggiano e il Grana padano. In aumento anche le esportazioni che oggi coprono il 31% del giro d'affari complessivo. Il principale mercato estero è la Germania (che assorbe il 27% delle spedizioni) seguita dalla Francia (25,7%), dal Regno Unito (11,5%), gli Usa (9,3%) e i Paesi Bassi (8,8%).

Aumentano vendite ed export e cresce la vigilanza
E in linea con il progressivo rafforzamento produttivo e di mercato ma soprattutto per mettersi alle definitivamente spalle fenomeni come lo scandalo diossina o l'emergenza delle mozzarelle blu, è molto aumentata in questi anni anche l'attività di vigilanza svolta dal Consorzio tanto in Italia che all'estero. Entro i confini nazionali infatti dai 362 controlli l'anno effettuati nel 2012 lo scorso anno si è passati a 454 visite ispettive (+4% rispetto al 2014 ma +25% in quattro anni). «Ho avuto modo di spiegare ai Parlamentari – ha aggiunto Saccani – che al sistema di garanzie e di controlli della Dop si aggiunge il sistema di tracciabilità del latte bufalino che è stato introdotto sul territorio nazionale da una legge del settembre 2014 e che ci consente di offrire un plus in termini di verifiche e controlli. Un ventaglio di garanzie che segna la profonda differenza tra la Mozzarella di bufala campana Dop e gli altri prodotti non a marchio».

Un'azione di tutela cresciuta anche sui mercati internazionali
Ma negli ultimi tempi in linea con il progressivo rafforzamento dell'export è molto aumentata anche la vigilanza all'estero grazie al progetto congiunto effettuato insieme ad altre tre griffe dell'alimentare made in Italy: Parmigiano reggiano, Prosciutto di Parma e Aceto balsamico di Modena. Un progetto che si è concentrato su Austria, Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo, Olanda, Regno Unito, Spagna e Svizzera ha infatti portato a circa 2.500 visite ispettive (circa 500 per ognuna delle 4 denominazioni interessate) coinvolgendo circa 10mila referenze sugli scaffali della grande distribuzione europea.

Per sviluppare le esportazioni è decisivo l'apporto della ricerca
Lo sviluppo delle esportazioni è però legato a doppio filo ai progressi nella ricerca. «Possiamo anche pensare di aprire nuovi mercati come ad esempio il Sudafrica – aggiunge il direttore del Consorzio – ma occorre avere strumenti idonei sul piano della logistica e del trasporto che garantiscano l'integrità di un prodotto deperibile in un viaggio lungo. E le risposte non possono che venire dalla ricerca. Insomma, non basta immaginare uno sbocco nuovo occorre anche avere gli strumenti tecnici per garantire la qualità degli approvvigionamenti».

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Una filiera orientata ai giovani
Ma forse il dato più interessante delle tante cifre fornite dal direttore del Consorzio riguarda la crescente attrattività che la filiera della Mozzarella di bufala campana Dop sta esercitando sui giovani. Tanto che da un'indagine effettuata dallo stesso consorzio è emerso che ben l'86% degli occupati all'interno della Dop ha meno di 50 anni. E tra questi il 33% ne ha meno di 32. «Il ricambio ha poi riguardato tutte le categorie – ha spiegato Saccani – dagli allevatori ai responsabili marketing, dai laboratori di analisi agli export manager il tutto attirando anche professionalità da fuori dell'area produttiva».

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