Lifestyle

Non solo Ranieri, poker tricolore per gli allenatori italiani in Inghilterra

  • Abbonati
  • Accedi
contropiede

Non solo Ranieri, poker tricolore per gli allenatori italiani in Inghilterra

  • –di Mattia Losi

L’ultima impresa è quella che ci resterà nel cuore, perché è anche la più bella e inattesa. Stiamo ovviamente parlando di Claudio Ranieri e del suo Leicester, campione d’Inghilterra contro ogni pronostico. Una favola che potrebbe continuare, magari rinverdendo i fasti del Nottingham Forest di Brian Clough, capace di infilare, dopo il titolo nazionale, due vittorie in campo europeo sollevando la Coppa dalle grandi orecchie. Era la fine degli anni 70 e si chiamava ancora Coppa dei Campioni.

Con la vittoria di Ranieri gli allenatori italiani in Inghilterra hanno fatto poker. Perlomeno con i titoli di prima grandezza, perché come vedremo anche gli “accessori” non sono mancati...

Il primo successo, nella stagione 2009/10, è firmato da Carlo Ancelotti. Arrivato al Chelsea nel 2009 con un triennale, già alla prima gara ufficiale vince il Community Shield: Manchester United sconfitto 4-1 ai calci di rigore e primo trofeo nel carniere. Sconfitto in Champions League (eliminato dall’Inter) che Abramovic aveva indicato come vero obiettivo stagionale, Ancelotti si rifà con il campionato: classifica finale sigillata con un 8-0 rifilato al Wigan sul campo di uno Stamford Bridge in delirio. Ancelotti diventa il primo italiano a vincere la Premier League. E, per non tralasciare nulla, diventa anche il primo a fare l’accoppiata Premier-FA Cup battendo in finale di Coppa il Portsmouth (1-0).

Passano due anni e per la Premier scocca l’ora di Roberto Mancini: ache lui, come Ancelotti, era sbarcato in Inghilterra nel 2009. Anche lui, come Ancelotti, con un triennale. Ma, a differnza di Ancelotti, per vincere il campionato dovrà attendere più a lungo. Giusto il tempo per sistemare la squadra, passando dal successo in FA Cup del 2011 (1-0 a Wembley contro lo Stoke City, gol di Yaya Touré) che interrompe un digiuno da titoli che al City durava da 35 anni. L’anno dopo, il 2012, è quello buono per la Premier League: vittoria su filo di lana con il 3-2 inflitto (in rimonta) al QPR. Al campionato aggiunge un terzo trofeo, sempre nel 2012, battendo il Chelsea 3-2 nella finale di Community Shield disputata a Birmingham.

Il 2012 è un anno d’oro per gli allenatori italiani, perchè alla Premier di Mancini si aggiunge la Champions conquistata da Roberto Di Matteo: arrivato al Chelsea nel 2011 (evidentemente una destinazione spesso frequentata dagli italiani, c’è passato anche Ranieri...) come assistente di Villas Boas, diventa capo allenatore nella primavera del 2012 dopo l’esonero del «delfino» di Mourinho nell’Inter del Triplete. Il compito non è facile, perché a stretto giro di posta arrivano gli ottavi di Champions contro il Napoli. All’andata i partenopei avevano vinto 3-1, ma il Chelsea e Di Matteo fanno l’impresa: 4-1 dopo i tempi supplementari, e la corsa alla Coppa dalle grandi orecchie continua. Nei quarti elimina il Benfica, in semifinale il Barcellona di Pep Guardiola. In finale trova il Bayern Monaco, un’altra corazzata. Ed è la prima volta che un allenatore italiano arriva in finale di Champions guidando una squadra non italiana. Per la cronaca è giusto ricordare che nel frattempo il Chelsea batte il Liverpool (2-1) nella finale di FA Cup.

Di Matteo e il Chelsea, ampiamente sfavoriti, vanno a Monaco di Baviera nella tana dei tedeschi. Pari fissato sull’1-1 dopo i tempi supplementari e «lotteria» dei rigori. Chelsea campione d’Europa, Di Matteo in trionfo. Una partita entrata nella storia anche per un gustoso retroscena: alla mattina della finale Di Matteo aveva scelto dieci giocatori della formazione, non sapeva scegliere l’undicesimo. Chi mettere contro Arjen Robben e Philipp Lahm? La soluzione sarebbe arrivata solo dopo un colloquio a quattr’occhi con Ashley Cole, il suo terzino sinistro, vero leader della squadra. Di Matteo chiede: «Chi faresti giocare?». A sorpresa Cole scarta tutte le star e punta su Ryan Bertrand, una riserva di 22 anni all’esordio in Champions League. «Perché?», domanda Di Matteo. «Mi fido di lui», risponde Cole. Betrand gioca benissimo: a volte le Champions passano anche da queste strade sorprendenti e inattese.

Come abbiamo visto i trionfi degli allenatori italiani in Inghilterra non sono mai trionfi «solitari». A campionati e Champions si aggiungono Community Shield ed FA Cup , che in Inghilterra conta molto di più che da noi la Coppa Italia. Un augurio per Claudio Ranieri, che restando alla guida del piccolo Leicester potrebbe scrivere nuove pagine da leggenda. Ma, comunque vada, nella leggenda c’è già.

© Riproduzione riservata