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Sentenza Thyssen, i quattro italiani condannati si sono consegnati

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dopo la cassazione

Sentenza Thyssen, i quattro italiani condannati si sono consegnati

Si sono consegnati alle Forze dell'ordine quattro dei sei dirigenti Thyssenkrupp condannati in via definitiva per il rogo nello stabilimento di Torino in cui persero la vita sette operai nel dicembre del 2007. Per l'ex ad del Gruppo, invece, Harald Espenhahn, e per Gerald Priegnitz, cittadini tedeschi, la Procura Generale di Torino emanerà un mandato di cattura europeo. Cosimo Cafueri, responsabile della sicurezza ai tempi dell'incidente, condannato in via definitiva a 6 anni e 8 mesi, in mattinata si è presentato della Stazione dei Carabinieri di Castiglione Torinese dopo che ieri sera la Corte di Cassazione ha reso definitiva la sua condanna.

Anche gli altri tre imputati italiani condannati in via definitiva si sono consegnati spontaneamente alle forze dell'ordine: Raffaele Salerno (7 anni e 2 mesi, ex direttore dello stabilimento di Torino) in una Commissariato di Rivoli, Daniele Moroni (all'epoca dei fatti responsabile dello stabilimento di terni e degli investimenti della Thyssen, 7 anni e 6 mesi) e Marco Pucci (6 anni e 10 mesi, ha subito lasciato l’incarico di direttore centrale dell’Ilva con responsabilità sulle partecipate) si sono presentati alla Questura di Terni.

La sentenza della Cassazione è arrivata nella serata di ieri, a otto anni e mezzo dall'incidente: i giudici hanno confermato le condanne per omicidio colposo plurimo e incendio colposo dell'appello bis, celebrato a Torino un anno fa. La pena più alta è di 9 anni e 8 mesi inflitta a Espenhahn.

«Le normative e gli accordi esistenti tra Italia e Germania non prevedono l'estradizione per i cittadini tedeschi condannati da un tribunale italiano», spiega il legale dell'ex ad Ezio Audisio. «Harald Espenhahn e Gerald Priegnitz - aggiunge - dunque sconteranno la loro pena in Germania e visto che il paese prevede una condanna massima fino a cinque anni per il reato di omicidio colposo, è prevedibile che il periodo da trascorrere agli arresti sia inferiore rispetto a quanto previsto dalla sentenza italiana».

Rispetto della sentenza e cordoglio per le vittime: questi i due messaggi diffusi dalla Thyssenkrupp a poche ore dalla decisione della Cassazione. «I tribunali italiani – si legge in una nota del Gruppo - hanno dovuto affrontare il difficile compito di valutare penalmente il tragico incidente di Torino e le sue terribili conseguenze per i nostri collaboratori e i loro familiari. Esprimiamo nuovamente il nostro cordoglio alle vittime e alle loro famiglie. Thyssenkrupp è profondamente addolorata che in uno dei suoi stabilimenti si sia verificato un incidente così tragico. Faremo il possibile affinché tale disgrazia non accada mai più».

La decisione dei giudici è arrivata dopo un pomeriggio di rabbia e tensione da parte dei familiari delle vittime scatenato dalla richiesta avanzata dalla procura generale della cassazione: annullare le sentenze per il rogo e rinviare a processo gli imputati per il ricalcolo delle pene rispetto ai reati contestati. Una ipotesi che i giudici hanno invece scartato, scegliendo di confermare il giudizio maturato nel secondo appello. I parenti dei sette ragazzi morti nell'incendio hanno accolto tra le lacrime, al grido “Giustizia è fatta”, la decisione dei giudici e hanno indossato, subito dopo la lettura del dispositivo, le magliette con le immagini dei loro cari. «È una vittoria, una vittoria per noi e per tutte le vittime morte sul lavoro. Ora - dicono - possiamo andare dai nostri ragazzi al cimitero e dire che finalmente c'è stata giustizia e ci sono pene severe, anche se il nostro dolore è per sempre».

Ha ricordato le vittime di quel rogo, questa mattina, a Torino, il sindaco Piero Fassino: «La conferma della sentenza in cassazione sulla Thyssen ha finalmente fatto giustizia», ha commentato a margine del tour nazionale della sicurezza Anmil di Bruno Galvani, che con la sua carrozzina motorizzata sta girando l'Italia per sensibilizzare sui temi della sicurezza del lavoro. «Il dramma accaduto a Torino nel 2007 ci ricorda che sono ancora troppe le vittime sul lavoro – aggiunge Fassino -. Il lavoro da compiere per rendere sicuro e dignitoso il lavoro è ancora molto».

Due gradi di giudizio, due processi di appello e due passaggi in cassazione, la vicenda giudiziaria della Thyssenkrupp che si è chiusa ieri è molto complessa. La sentenza del maggio scorso era arrivata dopo il primo intervento della Cassazione. I giudici della Suprema Corte, dopo la prima condanna in appello, avevano rimandato a Torino gli atti e avevano chiesto di rimodulare le pene per i reati considerati. Contro questa sentenza i legali degli imputati hanno fatto nuovamente ricorso in Cassazione e da qui la decisione di ieri.

Nei due gradi di processo celebrati a Torino, gli inquirenti hanno ricostruito minuziosamente i minuti dell'incidente, la sequenza di eventi che provocarono le fiamme e poi il «flash fire», la nuvola di fuoco generata dalle particelle di olio presenti nell'aria dopo lo scoppio di un flessibile. Un'ondata di fuoco che non lasciò scampo a Giuseppe Demasi, Angelo Laurino, Roberto Scola, Rosario Rodinò, Rocco Marzo, Bruno Santino e Antonio Schiavone. Al centro delle inchieste, prima, e delle sentenze, dopo, ci sono state le gravi carenze in tema di sicurezza nello stabilimento di Torino, polo che il Gruppo dell'acciaio aveva deciso di chiudere da lì a qualche mese.

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